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Rimozione apparecchi gioco a Trento, CdS conferma ordinanza del Comune

01 febbraio 2024 - 17:46

Il Consiglio di Stato boccia l'appello del titolare di un bar di Trento e conferma la rimozione di un apparecchio da gioco per la violazione delle norme provinciali. Non provato l'effetto espulsivo.

Scritto da Fm
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Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale prospettate in relazione al cosiddetto 'distanziometro', in ragione della finalità di dette limitazioni a tutelare soggetti 'ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale'”.

 

Questa è solo una delle motivazioni con cui il Consiglio di Stato respinge l'appello del titolare di un bar contro la sentenza del 2023 del Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, con cui è stato respinto il ricorso dal medesimo proposto per l’annullamento dell’ordinanza di rimozione di un apparecchio da gioco adottata dal Comune di Trento in applicazione della legge provinciale 22 luglio 2015, n° 13, per la vicinanza dell'attività ad una scuola dell'infanzia.

 

Con ordinanza del giugno 2023, il Collegio ha accolto l’istanza cautelare proposta dall’appellante, sospendendo l’esecutività della sentenza impugnata.

Ma ora ecco che reputa l’appello infondato e quindi da respingere.

Per i giudici di Palazzo Spada, “non può essere condivisa la tesi dell’appellante circa il contrasto della legge provinciale 22 luglio 2015, n. 13 con l’articolo 41 Costituzione, né, tanto meno, possono esserlo i dubbi dal medesimo prospettati a proposito della stessa funzionalità del distanziometro rispetto al raggiungimento dell’obiettivo del contrasto alla ludopatia, dubbi che, invero, si collocano in insanabile contrasto con la consolidata giurisprudenza appena richiamata e che, in ogni caso, non evidenziano alcun concreto profilo di oggettiva irragionevolezza nell’esercizio della discrezionalità del legislatore. Neppure possono essere condivisi i rilievi dell’appellante circa l’operato del verificatore nominato dal Trga di Trento, Prof. Vitillo, a proposito dell’accertamento della 'sostanziale preclusione', ossia del c.d. 'effetto espulsivo' per le imprese del settore della raccolta del gioco legale, ivi compresa l’appellante, derivante dall’applicazione del criterio della distanza di trecento metri dai siti sensibili individuati nell’art 5, comma 1, della legge provinciale 22 luglio 2015, n. 13”.

 

Nella sentenza poi si legge: “La giurisprudenza di questo Consiglio  ha già escluso la sussistenza dell’effetto espulsivo a fronte di una distanza minima da rispettare di cinquecento metri e in presenza di una superficie utile per installare gli apparecchi per il gioco lecito pari, in percentuale, a circa l’1 percento del territorio comunale, laddove, nel caso di specie, la stessa parte ricorrente ha riconosciuto che la normativa provinciale non preclude la permanenza degli apparecchi da gioco di cui trattasi 'su una porzione, seppur residuale, del territorio del Comune di Trento (3,8 percento)', quindi decisamente superiore all’1 percento già considerato di per sé sufficiente dalla giurisprudenza amministrativa. Peraltro, va ancora rilevato che, secondo l’accertamento del verificatore Prof. Vitillo, tale superficie sarebbe notevolmente superiore, pari all’11,2 percento del territorio urbanizzato”.

Inoltre, evidenzia il Consiglio di Stato, “l’appellante, come già rilevato dal Trga, 'neppure ha offerto un principio di prova per dimostrare l’impossibilità di delocalizzare la propria attività a causa dell’inadeguatezza dell’offerta di immobili sul mercato nell’ambito delle aree potenzialmente insediabili del territorio del Comune di Trento'”.

 

Poi, “sono di per sé irrilevanti, ai fini della prova dell’effetto espulsivo, le ulteriori considerazioni dell’appellante circa la necessità di estendere la valutazione oltre il territorio del Comune di Trento, circa la diminuzione quantitativa degli esercizi per il gioco lecito che si è registrata nell’ambito del predetto Comune e circa il possibile effetto espulsivo che potrebbe derivare dall’adozione di una distanza maggiore di trecento metri, in applicazione della facoltà concessa ai Comuni dall’art. 5, comma 2, della legge provinciale 22 luglio 2015, n. 13”. 

 

Quindi, non sussistono “i presupposti per rinviare la questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 267 del Tfue, trattandosi di misure derogatorie in materia di libera circolazione delle merci e di prestazione dei servizi che, risultando 'giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica', sono ammesse dagli articoli 36, 49, 52 e 56 del Tfue. La giurisprudenza della Corte di giustizia consente agli Stati membri di adottare restrizioni al gioco d’azzardo lecito che risultino giustificate da ragioni imperative di interesse generale, quali la tutela dei consumatori e la prevenzione della frode e dell'incitamento dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco”.

Infine, deve essere respinto anche il terzo motivo di appello, “concernente la contestazione dell’impiego del 'criterio del raggio in linea retta ed in linea d’aria' in luogo del 'percorso pedonale più breve' deve essere anch’esso respinto. L’appellante neppure prospetta che il criterio del 'percorso pedonale più breve' avrebbe comportato un esito per lui diverso, ancora di più in considerazione della circostanza che l’esercizio dell’appellante si trova ad una distanza, calcolata secondo il criterio del tragitto pedonale, di poco superiore a 150 metri”.

 

Il testo integrale della sentenza è in allegato.

 

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