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Tassa 500 milioni, Tar Lazio sospende giudizio in attesa del Consiglio di Stato

29 dicembre 2022 - 15:46

Il Tar Lazio sospende il giudizio sui ricorsi relativi alla tassa dei 500 milioni imposta nel 2015 dalla legge di Stabilità ai concessionari di gioco in attesa dell'esito di quello pendente al Consiglio di Stato.

Scritto da Fm
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È opportuno, in considerazione della parziale identità del petitum immediato e del legame procedimentale che avvince gli atti impugnati nell’odierno giudizio e quelli gravati nel giudizio di appello, nonché della conseguente portata processuale derivante dall’esito del giudizio di appello sull’attuale contenzioso, sospendere il presente giudizio, ai sensi dell’art. 337, comma 2, Cpa, in attesa della definizione di quello pendente innanzi al Consiglio di Stato sulla questione pregiudiziale della legittimità del decreto dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli prot. 4076 del 15 gennaio 2015”.

 

Così i giudici del Tar Lazio, che dopo il Consiglio di Stato e dopo la Corte di giustizia europea, si pronuncia in merito alla “ tassa dei 500 milioni” imposta nel 2015 dalla legge di Stabilità ai concessionari degli apparecchi da gioco con vincita in denaro e in particolare sulla richiesta di annullamento, avanzata da alcuni operatori, del decreto dell’Adm avente ad oggetto la ripartizione del versamento dell’importo previsto e delle note del concessionario aventi ad oggetto la quantificazione della quota di prelievo dovuta e la modifica unilaterale dei contratti stipulati per la gestione della raccolta delle giocate.

Per il Collegio, “è onere delle parti richiedere, ai sensi e per gli effetti dell’art. 80, comma 1, Cpa, la fissazione dell’udienza per la prosecuzione del giudizio entro il termine di legge applicabile nella fattispecie, stabilendone la decorrenza dalla data di pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato che definisce, in rito o nel merito, il giudizio, anziché dalla 'comunicazione dell'atto che fa venir meno la causa della sospensione' in quanto tale ultimo meccanismo, rimesso alla volontà delle parti, 'non è compatibile con il principio di ragionevole durata del processo essendo suscettibile di provocare una quiescenza sine die del processo' (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 15 ottobre 2014, n. 28); trova comunque applicazione la disciplina del comma 3-bis dell’art. 80 Cpa secondo cui 'in tutti i casi di sospensione e interruzione del giudizio il presidente può disporre istruttoria per accertare la persistenza delle ragioni che le hanno determinate e l’udienza è fissata d’ufficio trascorsi tre mesi dalla cessazione di tali ragioni”.

 

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