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Corte costituzionale: 'Niente reddito di cittadinanza per chi perde al gioco'

29 marzo 2024 - 17:31

Per la Corte costituzionale sono infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli articoli che sanzionano penalmente l’omessa dichiarazione delle vincite lorde al fine di accedere al Rdc o di mantenerlo.

Scritto da Fm
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“Il reddito di cittadinanza risulta strutturato in modo da non poter venire in aiuto alle persone che, in forza delle vincite lorde da gioco conseguite nel periodo precedente alla richiesta, superino le soglie reddituali di accesso, anche se, a causa delle perdite subite, sono rimaste comunque povere. Da ciò consegue, non irragionevolmente, la pena prevista dall’indubbiato art. 7, comma 1 del Dl. n. 4 del 2019, di chi, ai fini dell’ammissione al beneficio, non dichiari le vincite lorde ottenute rilevanti per la determinazione dell’Isee.”

 

A richiamare il principio contenuto nel decreto legge “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni” - la reclusione da due a sei anni per chi “utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute” - è la Corte costituzionale nella sentenza con cui si pronuncia in merito al  giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 11, e 7, commi 1 e 2 del Dl sollevato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Foggia sulla richiesta di rinvio a giudizio di un uomo al quale sono contestati sia il delitto di cui al comma 1 del citato art. 7, per avere omesso di dichiarare vincite conseguite al gioco nei due anni precedenti la presentazione della domanda volta a ottenere il reddito di cittadinanza, sia il delitto di cui al comma 2 della stessa previsione, per avere omesso di comunicare, come prescritto dal parimenti censurato art. 3, comma 11, gli importi delle vincite da gioco online conseguite nel 2019, anno in cui egli ha percepito il beneficio del Rdc”.

Per la cronaca il pubblico ministero ha contestato all’imputato la percezione indebita del reddito di cittadinanza, dopo aver presentato nel marzo del 2019, “la relativa domanda utilizzando una dichiarazione sostitutiva unica nella quale ometteva di dichiarare, quali informazioni dovute, le vincite al gioco conseguite negli anni 2017 e 2018, rispettivamente pari a circa 44.000,00 euro e circa 69.000,00 euro” e, nel gennaio del 2020, “le informazioni dovute e rilevanti ai sensi dell’art. 3, comma 11, dello stesso decreto-legge, ossia le variazioni del reddito e del patrimonio derivanti dalle vincite al gioco on line conseguite nell’anno 2019, pari a circa 160.000,00 euro”.

 

Entrambe le fattispecie incriminatrici, ricorda la sentenza, secondo Il Gup “violerebbero il principio di tassatività, prevedendo la punizione per l’omessa dichiarazione e comunicazione di 'informazioni dovute', ma 'senza fare alcun riferimento [a] cosa debba essere ricompreso' in tale locuzione. Inoltre, la disposizione di cui all’art. 7, comma 2, del Dl. n. 4 del 2019, come convertito, si porrebbe in contrasto con il suddetto principio anche perché, pur richiamando il precedente art. 3, comma 11, 'in alcun modo indic[herebbe] le modalità con cui comunicare' le vincite”.

Così non è per la Corte costituzionale, che chiosa: “Certo, si potrebbe obiettare che, paradossalmente, chi ha subito solo perdite può accedere al Rdc, mentre tale possibilità risulta preclusa a chi ha avuto la 'sfortuna' di ottenere anche una consistente vincita tra molte perdite.

A ben vedere non è così, perché le giocate presuppongono comunque l’esistenza di una ricchezza, derivante da un patrimonio o da un reddito, utilizzata per il gioco e la cui dissipazione diventa irrilevante ai fini dell’accesso al Rdc.

In definitiva, quindi, non è configurabile la violazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, secondo comma, Cost., evocato dal rimettente, in quanto non è irragionevole che il legislatore abbia escluso che sia compito della Repubblica quello di assegnare il Rdc a chi, poco prima, si è rovinato con il gioco”.

 

Inoltre, “si deve escludere la violazione dell’art. 3, secondo comma, Cost. prospettata dal rimettente in relazione all’art. 7, comma 2, del Dl n. 4 del 2019, come convertito, con riguardo a persone che sono già titolari del Rdc e che utilizzano, pur senza ottenere alcuna vincita netta, il relativo beneficio economico nei suddetti giochi. Il principio di eguaglianza sostanziale, alla cui attuazione il Rdc è peraltro riconducibile, non può certo essere invocato a sostegno di una questione di legittimità costituzionale nell’interesse di chi ha travolto le regole fondamentali dell’istituto, alterandone così la natura.

L’omessa comunicazione della variazione reddituale derivante dalla vincita lorda potrebbe invero riguardare, in ipotesi, persone che utilizzano per il gioco risorse diverse da quelle percepite con il Rdc: anche in questo caso, tuttavia, non può ravvisarsi una violazione dell’art. 3, secondo comma, Cost. per le stesse ragioni attinenti alla titolarità delle vincite e alla indeducibilità delle perdite, che dimostrano una dissipazione di risorse di cui non irragionevolmente il sistema del Rdc non si fa carico”.

 

La sentenza poi precisa che “la giocata on line assume il carattere di una qualunque spesa, in questo caso voluttuaria, che la persona ha effettuato con un reddito di cui ha la disponibilità, coincidente con l’accreditamento delle vincite sul suo conto gioco; non si può, quindi, pretendere che la solidarietà pubblica si faccia carico di una spesa di tal genere”. Poiché devono essere dichiarate le vincite al gioco, senza che sia possibile considerare le relative perdite, la situazione di povertà "in cui la persona si sia venuta a trovare nonostante le vincite è, insomma, comunque quella di chi, avendo una disponibilità economica, l’ha dissipata giocando”. A ragionare altrimenti, del resto, non solo si rischierebbe "di alimentare la ludopatia in chi ancora ne soffre, ma anche di creare, in ogni caso, una rete di salvataggio che si risolverebbe in un deresponsabilizzante incentivo al gioco d’azzardo, i cui rischi risulterebbero comunque coperti dal beneficio statale del Rdc”.

La sentenza ha anche escluso la violazione del principio di determinatezza della legge penale di cui all’art. 25 Cost., perché, nonostante un complesso insieme di rimandi, dalla normativa è possibile evincere l’obbligo di dichiarare e comunicare le vincite lorde; del resto, sul piano pratico, a fronte della suddetta complessità, “va considerata anche la possibilità, riconosciuta dall’art. 5, comma 1, del suddetto decreto, di presentare le richieste del Rdc presso i centri di assistenza fiscale”.

 

Il testo integrale della sentenza è disponibile in allegato.

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