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Ctd, Cassazione: 'Imposta unica scommesse ricade anche sui bookmaker esteri'

18 ottobre 2022 - 13:02

La Cassazione rigetta ricorso di un bookmaker estero contro avviso di accertamento sul pagamento dell'imposta unica sulle scommesse per il 2009, quale obbligato in solido a seguito di controlli su due centri trasmissione dati.

Scritto da Fm
 Foto © Sergio D’Afflitto / Wikipedia

Foto © Sergio D’Afflitto / Wikipedia

"Il presupposto dell'imposizione non è stato, dunque, correlato alla giocata in sé, ma alla prestazione di un servizio, che è, appunto, il servizio di gioco e, in questo ambito, il prelievo colpisce, dunque, il prodotto che è offerto al consumatore tramite l'organizzazione dell'attività, sotto forma di servizio". 


A ricordare questo principio sono i giudici della Corte di cassazione, nell'ordinanza con cui rigettano il ricorso presentato da un bookmaker estero contro la pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Bari che aveva confermato i due avvisi di accertamento emessi dall’Ufficio dei Monopoli per la Puglia per recuperare a tassazione a carico del contribuente, quale obbligato in solido, per l’anno 2009, l’imposta unica sulle scommesse, ex art. 1 del d.lvo 504/98 a seguito di verifiche nei confronti degli obbligati principali, titolari di due centri trasmissione dati che operavano il servizio di raccolta scommesse per conto dell'operatore.


La Ctr ha rigettato l’appello ritenendo, sulla scorta delle argomentazioni svolte sentenza della Corte costituzionale l’operatività dell’imposta unica sulle scommesse nei confronti dei bookmakers aventi sede all’estero ed operanti al di fuori del sistema concessorio.


La Cassazione sottolinea che "la stessa giurisprudenza penale (Cass., Sez. 3^, 9 luglio 2020, n. 25439) evidenzia la rilevanza del ruolo del ricevitore appartenente alla rete distributiva del bookmaker, consistente nella '(...) raccolta e trasmissione delle scommesse per conto di quest'ultimo, rilasciando le ricevute emesse
dal terminale di gioco -con le annesse attività di incasso delle poste e di pagamento delle eventuali vincite – (...)'.
Ne deriva, secondo la Corte costituzionale, che quanto al ricevitore l'attività gestoria, che costituisce il presupposto dell'imposizione, va riferita alla raccolta delle scommesse, il volume delle quali determina anche la provvigione della ricevitoria e per conseguenza il suo stesso rischio imprenditoriale. Né, ha aggiunto, la scelta di assoggettare all'imposta i titolari delle ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione viola il principio di capacità contributiva, nei limiti in cui il rapporto tra il titolare della ricevitoria che agisce per conto di terzi e il bookmaker sia disciplinato da un contratto che regoli anche le commissioni dovute al titolare della ricevitoria per il servizio prestato. Ciò in quanto, attraverso la regolazione negoziale delle commissioni, il titolare della ricevitoria ha la possibilità di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera.
La rivalsa svolge, pertanto, funzione applicativa del principio di capacità contributiva poiché redistribuisce tra i coobbligati, bookmaker e ricevitore, che hanno comunque concorso, sia pure in vario modo, alla realizzazione del presupposto impositivo, il carico fiscale in relazione alla partecipazione di ognuno a tale realizzazione. 
In conseguenza di tale articolato percorso, dunque, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 del D.L.vo 23 dicembre 1998 n. 504 e dell’art. 1, comma 66, lett. b, della Legge 13 dicembre 2010 n. 220, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d'imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione. In quel periodo non si può, difatti, procedere alla traslazione dell'imposta, perché l'entità delle commissioni già pattuite fra ricevitore e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro precedente alla Legge 13 dicembre 2010 n. 220 (Corte Cost., 23 gennaio 2018, n. 27).
Ai nostri fini, la menzionata disposizione stabilisce che 'Ferma restando l'obbligatorietà, ai sensi della legislazione vigente, di licenze, autorizzazioni e concessioni nazionali per l'esercizio dei concorsi pronostici e delle scommesse, e conseguentemente l'immediata chiusura dell'esercizio nel caso in cui il relativo titolare ovvero esercente risulti sprovvisto di tali titoli abilitativi, ai soli fini tributari: […] l'articolo 3 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, si interpreta nel senso che soggetto passivo d'imposta è chiunque, ancorchè in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all'estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere. Se l'attività è esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l'attività è esercitata è obbligato solidalmente al pagamento dell'imposta e delle relative sanzioni”.

Infine, riporta l'ordinanza della Cassazione, "il giudice delle leggi ha anche chiarito che, in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa dell'art. 1, comma 66, lett. b), della Legge 13 dicembre 2010 n. 220, la disposizione va applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore. Ne consegue che per le annualità d'imposta antecedenti al 2011 non rispondono le ricevitorie, ma solamente i bookmakers, con o senza concessione, in base alla combinazione degli art. 3 del D.L.vo 23 dicembre 1998 n. 504 e 1, comma 66, lett. b, della Legge 13 dicembre 2010 n. 220, usciti indenni dal vaglio di legittimità costituzionale.
A diversa conclusione, invece, deve pervenirsi per le annualità dal 2011.
L'illegittimità costituzionale della norma in esame, infatti, è stata riscontrata 'in ragione dell'impossibilità per le ricevitorie di traslare l'imposta per gli esercizi anteriori al 2011' con conseguente violazione dell'art. 53, Cost., 'giacchè l'entità delle commissioni pattuite fra ricevitore e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro regolatorio, anche sotto il profilo tributario, precedente alla legge n. 220 del 2010'". 

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