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Delega fiscale e gioco online: non c'è bando senza riordino del settore

30 ottobre 2023 - 10:10

Secondo i tributaristi Francesco Scardovi e Giancarlo Marzo (Italia gioco legale) tutto il comparto, sia terrestre che online, necessita di regole omogenee e chiare. Quindi è meglio non 'spacchettare' il mercato.

Scritto da Francesco Scardovi e Giancarlo Marzo
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La settimana appena iniziata dovrebbe essere decisiva per le sorti del gioco online.

Per venerdì 3 novembre è infatti in programma il Consiglio dei ministri chiamato ad esaminare il decreto attuativo della delega fiscale relativo al riordino del gioco pubblico.

Sarà “il momento della verità” per capire quali delle tante voci che si sono succedute in questi ultimi mesi verranno confermate, a partire dai contenuti del bando per l'online, e anche se sono state prese in considerazione le proposte formulate dalla commissione di esperti guidata dal direttore delle Direzione Giochi dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, Mario Lollobrigida.

Le ultime indiscrezioni parlano di un costo delle licenze per l'online fra i 6 milioni e mezzo e i 7 milioni di euro, con un limite di cinque licenze per ogni singolo concessionario,e anche di una sanatoria per i punti vendita ricarica.

Ma non è solo una questione di costi.

È infatti necessaria anche una riforma organica e strutturata che risolva le contraddizioni e le distorsioni attuali e ridisegni con chiarezza ruoli e regole per tutti gli attori della filiera di raccolta telematica di gioco.

 

A fornire uno spunto in tal senso sono Francesco Scardovi e Giancarlo Marzo, dello studio di consulenza tributaria Italia gioco legale, autori di un approfondimento pubblicato sulla rivista GiocoNews di ottobre (consultabile integralmente online a questo link), che proponiamo qui di seguito.

LA FILIERA DEL GIOCO ONLINE - In Italia operano al momento 85 concessioni di raccolta di giochi online, alcune delle quali riferite a 4 o 5 grandi operatori che da soli coprono oltre il 60 percento del mercato. Poi sussistono decine di imprese italiane, diffuse su tutto il territorio, con percentuali di raccolta che variano tra l’1 o il 2 percento della raccolta a percentuali infinitesime; in molti casi sono le stesse aziende di gestione di apparecchi e sale da gioco che hanno investito anche nel gioco online, operando o con proprie concessioni o in collaborazione con concessionari più strutturati.

Le concessioni, che operano in regime di proroga con scadenza fissata al 31 dicembre 2024, gestiscono prevalentemente raccolta di scommesse (ippiche e sportive) poker games e casinò games (slot online). Il grande sviluppo della raccolta telematica di giocate degli ultimi anni (passata da 36,4 miliardi di euro nel 2019 a 70,5 miliardi nel 2022, cioè circa il doppio) è dovuto, come noto, a diversi fattori quali, la sospensione della raccolta di (quasi) tutta la rete terrestre durante l’emergenza pandemica, la sempre maggior propensione dei giocatori all’utilizzo di piattaforme telematiche ed alla mancanza di limiti di orari, distanze od altri prescrizioni rispetto ai punti fisici.

Lo sviluppo è stato accompagnato da un’ampia gamma di imprese al servizio dei concessionari, con la finalità di promuovere ed accrescere la platea di giocatori affiliati ad uno o più dei diversi brand presenti sul mercato; ci riferiamo alle cosiddette “skin” (interfaccia personalizzate in loghi colori e denominazioni che rappresentano una sorta di “sottoreti” dei concessionari), ai Pvr (punti vendita ricarica) e a tante ulteriori forme di promotori e procacciatori a vario titolo contrattualizzati dai concessionari. Dunque il comparto dell’online non è composto solo dagli organici dei concessionari ma anche da migliaia di imprese (nella maggior parte dei casi micro o piccole imprese), munite di partita Iva e iscrizione all’elenco Ries, che rappresentano un importante anello di congiunzione fra il territorio e l’universo virtuale del gioco online.

 

LE CONTRADDIZIONI DEL DIVIETO DI PUBBLICITÀ - Un impulso alla ramificazione della filiera della raccolta di gioco online si è sviluppata anche a seguito dei divieti e delle restrizioni poste dal decreto Dignità del 2018 che ha vietato qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, del gioco d’azzardo. Detto provvedimento, che ha sicuramente impoverito l’economia italiana (sottraendo ricavi a media, manifestazioni e club sportivi), non solo ha rappresentato l’ennesimo assist alla criminalità organizzata che non diffonde certo il proprio mercato su giornali e televisioni, ma ha generato confusione e contenziosi su tutto il territorio.

Se i messaggi sui canali di informazione nazionali dei grandi gruppi internazionali sono ritornati da tempo affiancando al marchio le parole “news” e “tv”, sono sempre più frequenti le contestazioni per l’utilizzo, da parte dei concessionari, di canali “promozionali” e siti di affiliazione in presunta violazione del divieto di pubblicità. Si cita in proposito un verbale dello scorso agosto con cui Agcom (l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) ha contestato ad un concessionario l’utilizzo di skin e Pvr a scopi promozionali, per l’utilizzo di un pannello di affiliazione (circostanza che caratterizza la quasi totalità dei concessionari). Urgono dunque sul tema i necessari chiarimenti ministeriali per evitare costi e danni ingenti agli operatori di gioco legale sempre a vantaggio della concorrenza illegale del punto.com (ove si stima una evasione di svariati miliardi di euro all’anno).

 

IL PERIMETRO REGOLAMENTARE E FISCALE DEI COLLABORATORI DELL’ONLINE - È parere di chi scrive che, come per il comparto di gioco terrestre, anche la vasta rete di imprese al servizio dei concessionari online, possa rappresentare, se debitamente formata e inquadrata, un valido presidio sul territorio di regole e legalità, oltre ad essere fonte di occupazione e di entrate erariali. Ma occorre con altrettanta urgenza che il regolatore definisca in maniera chiara ed inequivocabile il perimetro nel quale skin, Pvr e promotori possano svolgere legittimamente le proprie mansioni. E lo stesso discorso vale da un punto di vista fiscale, che ci occupa in questa rubrica.

Se infatti, per la raccolta di gioco mediante apparecchi, la Circolare 21/E del 2005, la circolare “Sale giochi e biliardi” del 2014, la giurisprudenza oramai consolidata, le risoluzioni e i chiarimenti dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che si sono susseguite nell’ultimo decennio hanno contribuito a precisare ruoli e criteri contabili e fiscali dei collaboratori dei concessionari di raccolta di gioco terrestre, lo stesso non vale per la filiera dell’online.

Possiamo solo interpretare ed operare “di riflesso”, quantomeno in materia di Iva, sempre sulla base di quanto previsto dai n.6 e 9 del comma 1 dell’art. 10 della legge Iva (Dpr 633/72) che esentano dall’imposta i proventi percepiti anche dai collaboratori alla raccolta dei concessionari purché in presenza di un rapporto contrattuale diretto ed ove le prestazioni siano da ritenersi necessarie ed indispensabili all’attività della conferente. Ma occorrono con urgenza chiarimenti precisi per scongiurare il rischio di altri contenziosi seriali come quelli che hanno coinvolto migliaia di operatori nel passato decennio.

 

IL RIORDINO PRIMA DEI BANDI - In un siffatto quadro, tutto il comparto di raccolta di gioco legale, sia terrestre che online, necessita di una regolamentazione omogenea e chiara anche perché, come detto, i due “mondi” convivono sul territorio e le regole dell’uno incidono su quelle dell’altro. Sarebbe dunque un grave errore dell’Amministrazione “spacchettare” il mercato ed anticipare le procedure di emanazione dei nuovi bandi di gara per le concessioni dell’online , differenziando regole e scadenze rispetto al mondo del retail. Il riordino territoriale vale sicuramente anche per il mercato telematico, così come le necessarie disposizioni previste dalla delega fiscale in tema di: formazione degli operatori, presidio della legalità e contrasto alla criminalità, tutela delle fasce più fragili di giocatori e contrasto ai disturbi da gioco d’azzardo patologico, tutela delle entrate erariali e salvaguardia delle migliaia di piccole medie imprese che operano in Italia e delle relative maestranze. Imprese che, di fronte a regole di ingaggio imminenti ed onerose, come da ultime indiscrezioni, finirebbero per sparire definitivamente dal mercato, con le inevitabili gravose conseguenze per tutto il Paese a esclusivo beneficio di chi opera al di fuori delle regole.


 

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