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Giochi online non autorizzati, Cassazione: 'Valutare circostanze concrete'

16 dicembre 2021 - 14:19

La Cassazione ribadisce che va sanzionato chi consente di effettuare giochi online senza le prescritte autorizzazioni ma rinvia causa per valutare 'l'elemento soggettivo della violazione contestata'.

Scritto da Fm
Giochi online non autorizzati, Cassazione: 'Valutare circostanze concrete'

“La disposizione di cui all'art. 110, comma 9 lett. f, ter Tulps ha introdotto una nuova ipotesi sanzionatoria, che sanziona chiunque consente, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, di effettuare giochi online, in assenza dei prescritti provvedimenti autorizzativi, a prescindere dalla natura del gioco effettuato”.

A ricordarlo è la Corte di cassazione nella sentenza con cui risponde al ricorso del titolare di una società contro l'ordinanza ingiunzione con la quale l'Agenzia delle dogane e dei monopoli gli aveva irrogato una sanzione amministrativa per la violazione dell'art. 110, commi 6, 7, 9 e 9 bis del Tulps, per avere installato o comunque messo a disposizione nel proprio locale adibito a sala giochi sei apparecchi videoterminali non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni di cui all'art. 110, comma 6 lett. B.

 

La Corte di appello di Milano, ricorda la Cassazione ha ritenuto “esistente la violazione contestata rilevando che dall'accertamento svolto era risultato che gli apparecchi installati consentivano il collegamento con una piattaforma telematica di raccolta di giochi a distanza dove era possibile accedere a giochi con vincita in denaro (quali poker Texas hold'em ), scommesse online (quali lotto, gratta e vinci ) e giochi a rulli virtuali e che tali apparecchi non erano collegati alla rete telematica di cui all'art. 14 bis Dpr 640 del 1972, erano privi di codice identificativo verifica/videolottery, e non osservavano le prescrizioni di cui al decreto direttoriale Aams (ora Adm. Ndr) del 22 febbraio 2010”.
 
I giudici della Cassazione quindi rigettano i primi quattro motivi di ricorso, ma accolgono il quinto, che denuncia “violazione o falsa applicazione dell'art. 3 legge n. 689 del 1981, censurando la decisione per non avere esaminato il motivo di appello con cui la parte reiterava la deduzione difensiva circa l'insussistenza dell'elemento soggettivo della violazione, omettendo qualsiasi valutazione delle circostanze concrete addotte per dimostrare che egli aveva posto in essere la condotta sanzionata sulla base di un giustificato affidamento circa la sua legittimità”.
 
Dalla lettura della sentenza impugnata, evidenzia la sentenza della Cassazione, “emerge infatti il vizio di omessa pronuncia denunziato dal motivo, non avendo la Corte territoriale esaminato la censura con cui l'atto di appello lamentava che non fosse stata riconosciuta la mancanza dell'elemento soggettivo della violazione contestata. La sentenza è quindi cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di appello di Milano”.
 

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