“La Corte costituzionale si è mostrata molto attenta e disponibile al dialogo, gli argomenti dei giudici erano fondati, ammissibili e rilevanti. Abbiamo scritto molto e abbiamo esposto tutto quello che si riferisce alla questione di costituzionalità rilevata, ora dobbiamo attendere con fiducia e pazienza l’esito.” Sono queste le parole dell’avvocato Marco Ripamonti a margine dell’udienza di oggi, 7 maggio, all’interno della quale è stata discussa la legittimità dell’articolo 7 comma 3-quater, del decreto-legge n. 158 del 2012 conosciuto come decreto Balduzzi.
Il decreto vieta "la messa a disposizione, presso qualsiasi pubblico esercizio, di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco messe a disposizione dai concessionari online, da soggetti autorizzati all’esercizio dei giochi a distanza, ovvero da soggetti privi di qualsiasi titolo concessorio o autorizzatorio rilasciato dalle competenti autorità". L’articolo 1, comma 923, della legge n. 208 del 2015 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)) punisce con la sanzione amministrativa di euro ventimila la violazione del divieto sopra indicato, previsto dall’art. 7, comma 3-quater, del decreto-legge n. 158 del 2012, come convertito.
I giudici hanno inizialmente sottolineato che all’ordine del giorno c’era la legittimità di due controversie sollevate dalla Corte di Cassazione del Tribunale di Viterbo dove gli esercenti si sono opposti ad alcune sanzioni dovute per la presenza di apparecchi con consentivano la navigazione in internet. Tale disposizione, secondo i giudici, si porrebbe in contrasto "con l'articolo 3 della costituzione che colpisce la mera messa a disposizione di apparecchiature che consentano di collegarsi a siti di gioco online anche se questi non siano escluviamente dedicati al gioco ma possono essere utilizzati alla navigazione online. Sarebbero anche violati gli articoli 41, 42, e 117 in realazione alle norme dei diritti fondamentali. L’avvocatura generale dello Stato ha chiesto in via preliminare che le questioni siano dichiarate inammissibili perché considera non fondate le questioni di legittimità costituzionale visto che il divieto si potrebbe applicare solo alle apparecchiature concretamente utilizzate per il gioco online”.
Nel suo intervento, l’avvocato Marco Ripamonti, difensore della parte ricorrente afferma che “la Corte di cassazione non avrebbe tentato di pervenire a una interpretazione in chiave conservativa della norma, come a dire che la cassazione avrebbe dovuto approfondire il tema e pervenire a una soluzione di salvataggio di questa disposizione. In realtà la Corte di Cassazione ha profuso uno sforzo per trovare una soluzione che potesse mantenere questa disposizione di legge nell’ordinamento. L’ordinanza della Corte di Cassazione tenta più volte di carpire un significato che possa estraporlarsi da un dettato talmente lapidario che non ha potuto far altro che rimettere gli atti a questa corte".
“La prova – prosegue Ripamonti - che La Corte di Cassazione ha tentato di rinvenire una formulazione alternativa di salvataggio ce la dà l’ordinanza interlocutoria dell’ottobre 2023. Non dimentichiamo infatti che la Corte di Cassazione nello stesso provvedimento di Lecce, ha depositato un’ordinanza di poche righe lapidaria con cui lo stesso giudice di legittimità ci ha dato un capo saldo entro il quale muoversi. L’incipt del principio è legato all'installazione di postazioni telematiche per la libera navigazione. Posto questo principio la Corte dice che ai fini sanzionatori occorrerà valutare se l’eventuale connessione con portali di gioco sia il risultato di una scelta ponderata del cliente oppure debba imputarsi all’esercente e valutare il profilo sanzionatorio in capo a questa imputabilità all’esercente.”
“La Corte di Cassazione con questa ordinanza ha fissato un’udienza pubblica la cui finalità era focalizzare il caso specifico, comprendere quali apparecchi fossero coinvolti e cogliere i comportamenti mossi da parte dell’esercente tali da esporlo a sanzioni amministrative. Il problema è che in sede di udienza la cassazione ha fatto i conti con problematiche imprescindibili. Di fronte a strumenti di connessione telematica con cui è possibile la navigazione a 360 gradi ha dovuto prendere atto che rientrassero nel disposto della norma sanzionatoria.”
Ripamonti pone anche alcune domande: “Ci dovevamo aspettare dall’esercente filtri inibitori a parole come gioco e scommesse? Non esiste nel nostro ordinamento una norma che ponga filtri inibitori?” Inoltre in questo modo verrebbe leso “il diritto del singolo cittadino che in quel momento potrebbe non avere il telefono, ecco che anche questo discorso della vigilanza lascia il tempo che trova e non è contemplato nella norma un obbligo in tal senso".
Fondamentale dunque un bilanciamento di diritti che vanno tutelati. Secondo Ripamonti “non bisogna prevaricare i diritti di tutela come la libertà di impresa, di proprietà, di diritto di poter fruire in una società. La Corte di Cassazione si cimenta anche sotto il profilo della ragionevolezza. E’ ragionevole un divieto del genere? E ragioniamo anche sulla sua efficacia e raggiungimento degli obiettivi. Cerchiamo di capire se gioco vale la candela e se disposizione di legge raggiunge questo obiettivo. Mi interrogo su un problema: se in questo modo l’utente sia disincentivato al gioco perché se non trova un pc per connettersi può ripiegare su slot, gratta e vinci, tabaccai e sale dedicate che consentono il gioco lecito”.
“Per giocare su portali autorizzati occorre un contratto con i concessionari, occorre dimostrare di essere maggiorenne, effettuare un accredito sul conto di gioco, ricevere dal concessionario credenziali che consentano solo al titolare di interagire. Dunque perché il cittadino in possesso di tutto questo non può fare questo da un computer pubblico?”
L’avvocato di Stato Francesca Subrani aggiunge: “L’interpretazione corretta è quella restrittiva per cui la sanzione colpisce qualora ci siano apparecchi che offrono l’accesso a siti di gioco online anche nella normalità. Tale interpretazione non trova ostacoli e neppure sembra contraddetta dalla giurisprudenza penale in materia di giochi e scommesse. Un precedente che risale al 2013 ha infatti presupposto che per le attività di organizzazione di gioco occorre una disposizione di personale e mezzi e se non ci sono queste caratteristiche non c’è reato. Confermiamo anche noi la richiesta di dichiarazione di inammissibilità e di infondatezza”.
Si è trattato dunque dell'ultima udienza e ora si attende la sentenza della Corte costituzionale prevista per le prossime settimane.