Gioco in cerca di riordino, a cominciare dalla 'questione territoriale'
Per il nuovo anno il settore del gioco pubblico spera nel riordino nazionale promesso dal sottosegretario Baretta, ma intanto continua il confronto con le Regioni per la modifica delle leggi vigenti.
Il 2021, secondo gli auspici e le intenzioni del sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta, dovrebbe essere l'anno del riordino del gioco pubblico.
Necessario per riallineare le gare, a partire dal 2022, e garantire un'omogeneizzazione nazionale delle regole, superando l'ormai famigerata "questione territoriale" e tutelando investimenti e occupati del settore.
Ma in attesa che tutto ciò vada in porto - d'altronde, nel 2017 in Conferenza unificata è stata firmata un'intesa fra Stato, Regioni e Province autonome, che però non è mai stata ratificata da un decreto attuativo - i territori continuano a legiferare sulla materia, in alcuni casi dopo un confronto con gli operatori del comparto.
E, a volte, accogliendone almeno in parte le istanze, come dimostra la recente vicenda dell'Abruzzo, dove i tabaccai ricevitori sono stati esentati dall'applicazione del distanziometro regionale.
Senza dimenticare l'introduzione dell'obbligo per i gestori di centri scommesse e spazi per il gioco con vincita in denaro di “frequentare corsi di formazione organizzati, su base provinciale, dall'Azienda provinciale per i servizi sanitari o da altri soggetti individuati con deliberazione della Giunta provinciale”.
Altro "osservato speciale" è il Piemonte dove entro la primavera dovrebbe arrivare il sì alla nuova normativa sul gioco pubblico, fortemente voluta dalla Giunta guidata dal governatore Alberto Cirio. Il primo obiettivo, recentemente ribadito anche dall'assessore regionale alle Attivita produttive, Andrea Tronzano, è eliminare la retroattività della legge vigente (su cui pende anche un giudizio di legittimità in Consiglio di Stato), "rivedere il distanziometro a 500 metri dai luoghi sensibili e mettere in alto nella scala delle priorità la tutela della salute", puntando sulla prevenzione e la cura.
Sotto la lente del Consiglio al momento ci sono due proposte: la n° 53, firmata dall'ex pentastellato Giorgio Bertola (che pochi giorni fa ha deciso di separare la propria strada politica da quella del Movimento), operante in senso più restrittivo contro il gioco, e la n° 99 (presentata da Claudio Leone, consigliere della Lega), che non prevede la retroattività del rispetto delle distanze per chi aveva già installato gli apparecchi prima della promulgazione, confermando peraltro il "Piano integrato per il contrasto, la prevenzione e la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d'azzardo patologico".
Emergenza Covid permettendo, si attende il prosieguo dell'iter nelle commissioni competenti, tenendo presente l'orizzonte temporale di approvazione di maggio 2021 caldeggiato da Tronzano.
Fra i territori che potrebbero muoversi per cambiare le norme ci sono anche il Lazio, dove si attende la ripresa dell'interlocuzione fra operatori e consiglio regionale, iniziata lo scorso autunno con una serie di audizioni dedicate alle conseguenze economiche sulle attività commerciali della legge regionale n. 5/2013 per il contrasto al gioco d’azzardo patologico, come modificata dalla legge regionale n. 1 del 2020 e l'apertura di un tavolo di lavoro con la Regione.
Una legge che mette a rischio 13mila occupati, 300 imprese di gestione e 6mila punti gioco, che dal 30 giugno 2021 - con l'entrata in vigore del distanziometro anche per le attività già autorizzate - potrebbero dover chiudere i battenti.
Non è certo più rosea la situazione in Emilia Romagna, la cui legge regionale ha incassato diverse pronunce favorevoli da parte dei tribunaliamministrativi, dopo i ricorsi intentati da diversi esercenti del comparto per bloccare la chiusura o il trasferimento delle proprie attività in ossequio all'attuazione del distanziometro regionali.
Verdetti che, entro la metà del 2021, determineranno la scomparsa del 78 percento delle sale giochi esistenti prima del 2017.
Una vera e propria ecatombe e contro la quale non cessano gli appelli di molte rappresentanze del settore, come l'associazione As.Tro che a dicembre, dopo la pubblicazione della “relazione valutativa” sugli effetti della legge 5/2013 in materia di gioco, messa a punto dalla giunta regionale e trasmessa all'assemblea legislativa, ha chiesto alle forze politiche regionali "l’avvio di una seria riflessione che sia finalizzata ad elaborare quelle correzioni alla legge necessarie a ripristinare una più equilibrata comparazione degli interessi coinvolti".
Un appello che aspetta di essere accolto dall'Assemblea legislativa dove la nuova legislatura non ha ancora visto la presentazione di proposte normative sul tema.
Nel limbo c'è anche la Liguria: qui la Regione ha da poco stanziato 1,3 milioni di euro per il contrasto al gioco patologico ma tutto tace dal punto di vista normativo, dopo la proroga "a data da destinarsi" dell'entrata in vigore anche per le autorizzazioni in essere della legge del 2012 decisa dalla Giunta Toti nel 2018, in previsione di una omogeneizzazione nazionale delle regole, come noto mai arrivata.
Che sia la volta buona?