"Pensiamo a quello che sta accadendo ora con tutte le attività economiche che sono in crisi: nel 2020 per quasi 8 mesi gli esercizi pubblici dedicati al gioco sono rimasti chiusi e quindi come in altri settori ci sono molti imprenditori che sono a rischio di chiusura a causa del Covid. Queste attività oggi possono diventare facilmente preda di interessi malavitosi che hanno, lo sappiamo bene, enormi capitali a disposizione e con pochi soldi, possono fare razzia di attività economiche che fino al 2019 producevano grande reddito e che nel 2020 sono state messe in ginocchio dalla crisi. Questo vale per tutto il territorio nazionale".
A lanciare questo allarme, a dire il vero già oggetto di alcune interrogazioni parlamentari, e ripetuto anche da diverse associazioni di rappresentanza del gioco legale, è Andrea Bosi, assessore alla Promozione della cultura della legalità del Comune di Modena, e vice presidente di Avviso pubblico (associazione nata per creare un collegamento fra gli amministratori pubblici che promuovono la cultura della legalità, conta oggi oltre 400 Enti locali fra Regioni, Province e Comuni) intervistato da Radio Immagina nell'ambito di uno speciale sul gioco che ha visto anche l'intervento del senatore Pd Franco Mirabelli.
Un "richiamo" che fa subito tornare alla mente i numerosi casi di illegalità riscontrati dalle forze dell'ordine nelle ultime settimane, da
Torino a
Palermo, passando per
Roma e
Prato, solo per citarne alcuni degli ultimi.
Un fenomeno in crescita, come denunciato anche dal direttore generale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, Marcello Minenna, alimentato dalla chiusura delle attività legali in ossequio ai provvedimenti presi dal Governo Conte bis. In atto fino al 5 marzo e in attesa di conferme (o
modifiche sostanziali almeno nelle zone gialle, come auspica tutto il settore) dal nascente Esecutivo affidato nelle mani di Mario Draghi, se le consultazioni attualmente in corso avranno un esito positivo.
Nella speranza che le tante manifestazioni del comparto programmate nei prossimi giorni - da quella delle donne del gioco a Roma l'11 febbraio a quella dei gestori in programma in contemporanea ancora nella Capitale e a Milano il 18 - riescano finalmente a sbloccare la situazione una volta per tutte.
Comunque la si pensi, fino ad ora la serrata delle attività di gioco pubblico, operanti per lo Stato, si sta tramutando in un
grande favore alla crimininalità organizzata, che non ha perso tempo, come evidenziato
anche da Acadi - Associazione concessionari di giochi pubblici aderente a Confcommercio
mentre l'Erario ora si trova a fronteggiare una voragine di
mancati incassi per 5 miliardi nel 2020.
Una situazione di emergenza che si inscrive nel perimetro di un'altra, annosa, emergenza: quello dell'effetto espulsivo delle leggi regionali sul contrasto al gioco patologico, che, dopo aver decimato le imprese di mezza Italia si apprestano a fare nuove "vittime" nel Lazio e nelle Marche, dove la seconda metà del 2021 porterà all'espulsione di molte di loro dai territori, con l'entrata in vigore dei rispettivi distanziometri.
Una mannaia che, come noto, si è già abbattuta in Emilia Romagna, secondo quanto ricorda sempre l'assessore Bosi, che però ha un atteggiamento più morbido di quello di molti altri suoi colleghi. "Nel 2016 a Modena, con una popolazione di circa 200mila persone, c'erano 32 esercizi dedicati esclusivamente al gioco - sale slot e Vlt - e 250 esercizi pubblici - bar, tabaccherie, edicole - al cui interno c'erano degli apparecchi".
Togliere gli apparecchi serve per vincere il gioco patologico? "Io non ho mai creduto nel proibizionismo. Credo in una regolamentazione un po' saggia. Sono convinto che il gioco faccia parte della natura umana, come componente ineliminabile. Il tema è capire chi sono i soggetti più vulnerabili, che più facilmente possono incappare nell'insorgere di questa patologia. Gli studi sono chiari: gli anziani e più giovani, sono le persone che strutturalmente possono sviluppare questa patologia, allora bisogna studiare un meccanismo, ad esempio attraverso l'individuazione di luoghi sensibili, che possa costruire una politica, ad esempio l'allontamento dei luoghi sensibili delle location di gioco. Noi questo abbiamo fatto, grazie al Testo unico della Regione Emilia Romagna sulla legalità, e siamo riusciti a ridurre i luoghi di gioco da 32 a 11, quindi li abbiam ridotti di due/terzi nel nostro territorio. Quelli che son rimasti le abbiamo delocalizzati fuori dai centri abitati, lontani dalle scuole, dalle case di riposo, dagli ospedali, e in questo modo abbiamo razionalizzato l’offerta di gioco garantendo comunque che questa possa essere presente, perché è un diritto costituzionale l'esercizio della libera attività economica. È assolutamente importante, ma è altrettanto importante il diritto, esercitato attraverso le ordinanze sindacali, di poter fare degli atti che tutelino la salute pubblica. E la salute pubblica è il bene prioritario che va tutelato il più possibile, anche perché ha dei costi enormi”.
Per l'assessore, nella lotta al Gap devono essere messi in campo "degli strumenti di prevenzione e degli strumenti di contrasto: noi li abbiamo usati entrambi, funzionano nel momento in cui si fanno delle politiche attive che mirino veramente a far capire che c'è un problema. Noi ad esempio facciamo dei percorsi nelle scuole, per far comprendere agli studenti la differenza fra il gioco sano e quello che non lo è".