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Emilia Romagna, sì a Piani legalità e beni confiscati: focus sul Gap

19 febbraio 2022 - 10:22

Presentati in commissione Cultura i Piani per legalità e valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità, approvati dalla Giunta dell'Emilia-Romagna, al centro anche la prevenzione del gioco patologico.

Scritto da Redazione
Emilia Romagna, sì a Piani legalità e beni confiscati: focus sul Gap

Si parla anche di prevenzione del gioco patologico nel Piano integrato delle azioni regionali per la promozione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile e la prevenzione del crimine organizzato e mafioso e dei fenomeni corruttivi e nel Piano strategico per la valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità, approvati dalla giunta regionale dell'Emilia-Romagna e presentati in commissione Cultura, scuola, formazione, lavoro, sport e legalità, presieduta da Francesca Marchetti.

IL PIANO INTEGRATO - Il Piano integrato deriva dalla legge regionale 18 del 2016 e dura due anni (biennio 2022-2023). I beni immobili confiscati e recuperati hanno una previsione di incremento dell’11 percento annuo, cioè del 55,5 percento nel quinquennio fino al 2025.
Verranno attivate, e già lo sono, azioni e protocolli di intesa: osservatori locali e centri studi sulla criminalità, incontri e seminari per i giovani, percorsi didattici sulle mafie, progetti di protagonismo e cittadinanza attiva, teatro e cineforum dedicati agli studenti, campagne informazione e contrasto a racket e usura.
Importante è il sostegno per riutilizzare i beni confiscati, di cui esiste una mappatura regionale: ad oggi ci sono 37 accordi per 21 immobili con un investimento della Regione di 3 milioni di euro. In totale, dal 2015 al 2021 sono stati sottoscritti 237 accordi con un investimento della Regione di 5,3 milioni. La Consulta della legalità di dicembre, ha mostrato che ci sono tutte le parti indicate dall’Assemblea, tra cui l’interazione con i sindacati e saranno proposti due tavoli tematici su beni confiscati e caporalato.
La prevenzione sociale, sempre per contrastare l’ingresso della criminalità, prevede attenzione su bullismo, devianze giovanili, gioco d’azzardo patologico, tratta di esseri umani e distorsione del mercato del lavoro. Secondo la Giunta vanno monitorati i fenomeni legati al crimine organizzato con l’osservatorio regionale, quello sui contratti pubblici di lavori, i rapporti sui contratti pubblici e le forniture in Regione, le irregolarità riscontrate nel trasporto merci e nell’autotrasporto.
La formazione è uno dei pilastri della strategia regionale e si fonda su temi prioritari quali: antiriciclaggio e usura, prevenzione corruzione e trasparenza, rischi infiltrazioni mafiose, codici deontologici e consigli di disciplina, transizione ecologica ed ecomafie, buona gestione dei beni confiscati, tutela e supporto delle vittime dei reati.
 
IL PIANO SUI BENI CONFISCATI - Il Piano di valorizzazione dei beni confiscati vede “l’Emilia-Romagna come prima Regione del centro nord ad averlo realizzato, seconda in Italia dopo la Campania”. La strategia nazionale rafforza le capacità istituzionali e la reimmissione delle aziende confiscate nel circuito locale e regolare. La politica regionale supporta finanziariamente chi recupera i beni per cambiarne l’uso.
Il 50 percento dei beni confiscati è stato riassegnato e sono stati svolti corsi specialistici per gli enti del territorio. Un vulnus è rappresentato dai tempi di lunghi per la consegna di un immobile a un Comune: in media passano 9 anni per una confisca definitiva. Ad oggi ci sono 865 beni immobili confiscati in regione di cui solo i due terzi di 149 sono stati assegnati. In totale ci sono 136 aziende e circa il 60 percento di questi beni confiscati si trova nella parte occidentale, nelle province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia. Sono 91 i comuni che hanno almeno un bene confiscato (cioè oltre un quarto di tutti i Comuni) e la metà di questi si trova in otto comuni: Sorbolo, Montecchio Emilia, Brescello, Piacenza, Alseno, Bertinoro, Bologna e Parma.
Quasi tutte le imprese confiscate sono andate ai Comuni per il 69 percento, mentre il 19 percento torna allo Stato e il residuo va in vendita. Quasi tutti sono stati usati per finalità sociali, centri studi e convegni, campi estivi per studenti, ma anche luoghi per la Protezione civile o la Polizia locale oppure, nel caso di appartamenti, affidati a famiglie in difficoltà.
Attualmente, si stanno attivando i nuclei di supporto presso le prefetture per conoscere in anticipo i beni che stanno andando verso la confisca e pianificare le azioni delle Regioni. Per qualificare il lavoro degli Enti locali ci si avvale delle quattro università che svolgono la formazione indirizzata alla gestione dei beni confiscati e alla loro valorizzazione.
 
IL DIBATTITO - Il consigliere regionale Fabio Bergamini (Lega) sottolinea che “le mafie hanno cambiato volto rispetto a passato, con più capacità di infiltrarsi negli affari, ma di questo se ne parla poco”. Il ruolo della Regione è ritenuto fondamentale. Corsie preferenziali di attenzione vanno riservate, secondo il consigliere, “a dipendenza dal gioco azzardo, con luoghi per il recupero psicologico e gruppi di aiuto. Lo stesso vale per il cyberbullismo. Importante è l’attenzione alla gestione dei rifiuti e il contrasto al caporalato. I laboratori per i giovani sono cruciali per far conoscere come le mafie si infiltrano”.
Per Stefania Bondavalli (Lista Bonaccini) “la legalità si afferma solo se si osserva e si registra quanto si muove in una comunità. Ad esempio, la crisi sociale ed economica fa crescere l’usura. I piani della Regione sono concreti, c’è l’impegno per la legalità e lo si fa con un insieme di proposte e azioni attente alla complessità”. La consigliera ritiene fondamentale la formazione: “Vanno coinvolti studenti, amministratori e imprenditori e serve la prevenzione, che è la via diretta per rafforzare e far crescere gli anticorpi. Bene la destinazione ad uso sociale dei beni confiscati alle mafie, ma vanno accorciati i tempi lunghi per le assegnazioni ai Comuni”.
Federico Amico (ER Coraggiosa) parla di “azione innovativa che ha accelerato il processo di assegnazione di beni anche prima della confisca dopo l’accordo con il Tribunale di Bologna. Uno strumento di contrasto in più è la nuova legge sull’agricoltura sociale, che prevede l’utilizzo di terreni confiscati. Occorre invece lavorare sulla riacquisizione da parte dei lavoratori delle aziende confiscate. Inoltre, l’attuazione del Patto per il lavoro e il clima pone l’attenzione sull’impiego dei contratti nazionali di lavoro, che può essere un deterrente all’insediamento di attività criminali. In ultimo, bene l’interazione sui territori con chi fa sensibilizzazione. Ci sono molte associazioni che sono attente e organizzano attività per i ragazzi. Sarebbe positivo portare i ragazzi nei territori di altre regioni, dove la criminalità organizzata è più forte, per far conoscere quelle realtà e mostrare loro come vengono usati i beni confiscati”.
Francesca Maletti (Pd) ha evidenzia l'importanza della “prevenzione, che va inserita nell’etica della legalità. Vanno create soluzioni flessibili sui territori, a partire da Forze dell’ordine e tribunali, coinvolgendo le reti dell’associazionismo, i professionisti, gli imprenditori sia per il contrasto alla criminalità sia per creare anticorpi o aiutare i più deboli che diventano vittime. L’Emilia-Romagna è ricca e quindi è appetibile dalle mafie. A volte si fa fatica politicamente a dire che questo fenomeno esiste”. Anche la consigliera dem ha considerato troppo lungo il tempo di assegnazione di un bene confiscato, suggerendo di prestare più attenzione “ai bambini tolti alle famiglie dei mafiosi per dare ai piccoli un’opportunità”.
Al termine del dibattito i tecnici della Regione hanno riscontrato “un punto positivo che è il senso di realismo, non scontato, dell’Assemblea. La legalità non ha parti, è un diritto di democrazia. L’ambito del lavoro è delicato e il tavolo sul caporalato è un contributo. La formazione degli studenti è un caposaldo. Sui beni confiscati, purtroppo, i tempi lunghi sono un punto dolente”.
 

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