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Endrizzi (M5S): 'Gioco, serve legge nazionale con livelli minimi di tutela'

26 maggio 2022 - 15:47

Secondo il senatore pentastellato 'parte delle tensioni che si ritrovano in questo mondo nascono proprio dalla natura delle concessioni'.

Scritto da Daniele Duso
Endrizzi (M5S): 'Gioco, serve legge nazionale con livelli minimi di tutela'

Una normativa nazionale che stabilisca livelli minimi di tutela è auspicabile, ma è impossibile sopprimere la potestà regolamentare di regioni e di comuni”.

Così il senatore Giovanni Endrizzi nel suo intervento al webinar “Legge sul gioco d’azzardo: occasione o trappola?”, organizzato per oggi, giovedì 26 maggio, da Avviso pubblico e Fondazione Adventum, nell’ambito del progetto "Se questo è un gioco", nato per fornire gli strumenti di prevenzione e contrasto al gioco patologico.

Il concetto di distanziometro, che è il punto del contendere sulle normative locali”, spiega Endrizzi, “viene introdotto nel decreto Balduzzi circa 10 anni fa. Da allora né Governo né Parlamento vi hanno dato seguito, nonostante la necessità di una riduzione dell’offerta e una sua dislocazione rispetto ai punti sensibili, era stata fermamente posta. Intervennero così le Regioni e i Comuni”.

Il Governo iniziò a intervenire, in parallelo con l’azione dei portatori d’interesse. Inizialmente vi fu un’azione repressiva, con la minaccia di ridurre i trasferimenti verso gli enti locali più repressivi verso il gioco d’azzardo, mentre di recente si è sovvertito il tutto facendo intendere che gli enti locali che non reprimono il gioco possono essere premiati”.
 
Un cambio di rotta che Endrizzi vede anche nell’Atto di istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico, che "vanta di intervenite e approfondire gli aspetti sociali e sanitati, ma il testo è stato analizzato in commissione Finanze, senza alcun coinvolgimento della commissione Salute". Allo stesso modo "la legge delega non fa riferimento ad alcun ministero, né della Famiglia, degli Interni, della Salute, ma viene affidata direttamente al Mef, eppure abbiamo decine di sentenze che stabiliscono che la tutela dei diritti è sovraordinata al diritto d’impresa. 
La normativa ribadisce la tutela della salute anche sopra alle esigenze statali. Credo che prima sia da chiedersi come si fa tutela, e per farlo dobbiamo sapere cosa è il problema, sapere che non è possibile fare prevenzione senza intervenire sull'offerta di gioco".
 
Per Endrizzi "gli strumenti di regolazione delle Regioni si sono dimostrati efficaci, lo testimonia una ricerca dell’istituto Ires sul Piemonte, che ha stabilito una riduzione del 30 percento delle giocate, ma anche una diminuzione della patologia. Lo stesso afferma anche la dottoressa Pacifici, dell'Istituto superiore di sanità, che ha stabilito l’efficacia di strumenti come il distanziometro.
La propensione al gioco d'azzardo è correlata anche a fattori ambientali. Le famiglie con minor reddito destinano un maggior reddito in proporzione al gioco, e non è un fatto culturale. Si tratta di fenomeno ad eziologia complessa, è sbagliato ritenere che queste persone troverebbero comunque il modo di consumare".
 
Quindi il senatore puntualizza: "Venendo all’accordo Stato-Regioni del 2017: prevedeva che venissero fatte salve le norme locali. Una normativa nazionale che stabilisca livelli minimi di tutela è auspicabile, ma è impossibile sopprimere la potestà regolamentare di Regioni e di Comuni. Le Regioni dovranno d’altra parte dire da che parte vogliono stare. Molte depotenziarono le proprie leggi motu proprio. Credo che dal punto di vista costituzionale e giuridico vi debba essere questo doppio binario regolamentare, ma credo anche che dobbiamo ripristinare la priorità dei valori costituzionalmente protetti, prima la salute, la sicurezza, la dignità, poi il gettito erariale, poi la libertà d’impresa".
 
SULLE CONVENZIONI - "Parte delle tensioni che si ritrovano in questo mondo nascono proprio dalla natura delle concessioni. O si riconosce ai concessionari una natura di incaricato di pubblico servizio (cosa che in realtà accade già, come rilevato dall'avvocato Geronimo Cardia, Ndr), e quindi con una remunerazione minima, ma anche massima, oppure è impresa, e pur essendo soggetta al controllo del Mef e del Governo, si assume anche il rischio d’impresa. Io sono per la prima ipotesi, ritengo che il settore debba avere le giuste remunerazioni, ma che l’interesse pubblico debba essere il faro della legislazione.
Le convenzioni stabiliscono un rapporto troppo sbilanciato nei confronti del privato. Se da circa un decennio abbiamo una infiltrazione mafiosa che raggiunge perfino il livello delle concessioni, allora come Stato abbiamo un problema. Il sistema concessorio deve blindarsi. L'interesse comune è che le mafie siano combattute, ma non dobbiamo dimenticare che lo strumento deve essere il migliore a tutela della salute".
Poi, rispondendo all'intervento dell'avvocato Geronimo Cardia, Endrizzi aggiunge:  "Riguardo al fenomeno espulsivo un conto è affermare che mettere distanza tra i luoghi di vita e il gioco d'azzardo serve a prevenire i comportamenti a rischio, oppure usiamo questo stratagemma per eliminare il gioco d'azzardo, cosa che non ho mai condiviso. Allontanare dai luoghi del quotidiano il gioco è protettivo, ma quando poi si esagera non va bene.
Il problema è evitare che ci sia una eccessiva vicinanza tra i luoghi di vita sociale e i punti gioco. Non ho intenzione di essere etichettato come proibizionista, ma se abbiamo 100 milioni di giornate lavorative perse a causa del gioco d'azzardo noi dobbiamo porre un freno. Quindi limitiamo la raccolta e facciamo come volete".
Inoltre afferma: "Non abbiamo riscontri di un aumento dell'illegalità né a seguito dell'entrata in vigore del distanziometro, né a causa del lockdown. I dati che abbiamo risalgono a indagini precedenti, e dunque non correlate alle chiusure. L'evoluzione dell'illegalità è già in atto da tempo, quindi dobbiamo scorporare questo trend dall'effetto della pandemia. Dire che 30 miliardi, con la pandemia, sono passati all'illegalità significa offendere Adm, le forze di polizia e gli italiani, dicendo che per loro è indifferente rivolgersi al legale che all'illegale.
Dobbiamo collaborare perché il settore, nel momento in cui svolge un'offerta pubblica, si comporti da alleato, non nascondere e minimizzare il problema dell'illegalità. Mi sembra inevitabile parlare di una riconversione del settore. Quando proponevo la riconversione utilizzando, ad esempio, la realtà virtuale, mi sono sentito deridere. Credo che dobbiamo stipulare un'alleanza onesta in questa riforma, il rischio è quello di avere a che fare con un problema che ci scoppierà in faccia".

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