Inizia a prendere forma la (possibile) maggioranza a sostegno del governo di Mario Draghi. Il secondo giorno di consultazioni si è chiuso con la conferma del sì del Partito Democratico e di quello di Forza Italia – comunque già attesi – e anche Liberi e Uguali, tra i protagonisti della precedente coalizione, sembra vicino all’intesa. L’unico no certo sembra essere quello di Fratelli d’Italia, ribadito a gran voce da Giorgia Meloni, mentre tutti gli altri sembrano confluire, in un modo o nell'altro, verso la linea del Quirinale. Anche se rimangono sospesi, per ora, i verdetti di Lega e Movimento Cinque Stelle, i due partiti che chiudono oggi, sabato 6 febbraio, il primo giro di consultazioni. In entrambi i casi l’atteggiamento sembra però prossimo all’apertura, nonostante vari malumori e qualche rischio di scissione, soprattutto tra i grillini, i quali potrebbero ricorrere a un voto interno per la decisione finale, con Davide Casaleggio, presidente di Rousseau, che ha parlato di “ampio consenso fra gli iscritti” per il ricorso al voto sulla omonima piattaforme online. Tuttavia le parole di Beppe Grillo in favore di Draghi sembrano avere orientato la maggioranza del Movimento a favore del governo del presidente e una linea più netta sarà forse definita dopo l'incontro di oggi con il premier incaricato, con la delegazione pentastellata guidata proprio dal fondatore in persona.
GOVERNO TECNICO-POLITICO - Nel frattempo continua ad alimentarsi il toto-ministri, con il dibattito sulla rosa di ministri che accompagnerebbe Draghi che si fa sempre più fitto, con l'ipotesi di un esecutivo “modello Ciampi” che integri figure politiche e tecniche che continua ad essere l'ipotesi più accreditata. Si tratterà comunque di un mix di competenze di alto livello - come da mandato del capo dello Stato - prese però in prestito anche dal mondo dei partiti e non solo da quello economico, finanziario e accademico più vicino all'ex governatore della Bce. A confermarlo, tra l'altro, è stato lo stesso premier incaricato in tutti gli incontri con le varie delegazioni. Come detto, in ogni caso, la composizione del futuro governo dipenderà dal perimetro della maggioranza, che sembra allargarsi sempre di più, con la probabile partecipazione anche della Lega di Salvini. Se così sarà, la presenza dei tecnici, o il loro peso, potrebbe aumentare, proprio per non generare una competizione di posti fra i partiti, che magari avranno più spazio nei ruoli di sottogoverno.
In ogni caso, comunque, la presenza politica dovrebbe essere piuttosto significativa. Al punto che in queste ore spunta anche il nome di Antonio Tajani (per lui l'ipotesi è del ministero degli Affari europei), dopo la conferma di supporto di Forza Italia al nuovo esecutivo. Mentre l'aperta richiesta di qualche incarico da parte della Lega lascia ipotizzare anche una collocazione per Giancarlo Giorgetti, che vanta una certa sintonia con Mario Draghi, e potrebbe supportarlo nei Rapporti con il Parlamento: ruolo strategico per Palazzo Chigi e il collegamento fra l’attività dell’esecutivo e quella di Camera e Senato.
Tra le riconferme, oltre a quella di Luigi Di Maio – anche se non necessariamente alla Farnesina - rimane quella di Dario Franceschini, che potrebbe restare alla Cultura. Anche se in quota Pd potrebbe esserci un ricambio con il ritorno a Palazzo Chigi di Andrea Orlando. Mentre la quota Leu potrebbe essere mantenuta con lo stesso ministro uscente, Roberto Speranza. Rimane da capire che peso avrà Italia Viva nella nuova compagine, con Renzi che continua a ripetere di non avere alcuna richiesta da avanzare all’ex governatore, anche se appare probabile una conferma di Teresa Bellanova all’Agricoltura.
Restano le incognite sui ministeri chiave, cioè quelli economici, che Draghi potrebbe scegliere di destinare unicamente a tecnici di sua fiducia. Con l'ipotesi, addirittura, di tenere per sé l’interim all'Economia, magari con un viceministro e un gabinetto di strettissima fiducia. Ed è qui che potrebbe entrare in gioco addirittura Carlo Calenda, leader di Azione ma soprattutto già ministro dello Sviluppo economico. Mentre per Mise e sarebbero in corsa - come anticipato - Ernesto Maria Ruffini, oggi alla guida dell’Agenzia delle entrate, Dario Scannapieco della Bei, Daniele Franco, oggi in Banca d’ Italia, e l’economista Lucrezia Reichlin.
In sintonia con Sergio Mattarella, Draghi indicherà poi i profili di quattro ministeri: Interni, Giustizia, Esteri e Difesa. Sembra prefigurarsi una riconferma per Luciana Lamorgese al Viminale. Alla Giustizia invece l’ex governatore di Bankitalia sarebbe orientato a puntare su Marta Cartabia, già presidente della Corte costituzionale.
I RISVOLTI SUI GIOCHI - Tuttavia il vero match fra le forze politiche a sostegno di Draghi dovrebbe svolgersi sul ruolo dei posti di sottosegretari, su cui punto forte, a quanto pare, proprio Italia Viva. Ed è qui che potrebbe tornare in gioco (ed eventualmente, anche “ai giochi”) l'attuale sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta. Una soluzione che potrebbe garantire esperienza e conoscenza della materia al comparto, ma con l'importante novità di avere un “mandante” molto più concreto e privo di ideologia, come promette di essere non solo Draghi, che non ha certo bisogno di presentazioni, ma l'intero esecutivo nascente.
I rischi, al contrario, per il comparto del gioco publbico di potrebbero individuare sul versante della pubblica amministrazione, con i risvolti che il nuovo esecutivo potrebbe avere sul regolatore, cioè sull'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in virtù del meccanismo dello spoil system, cioè la pratica politica per cui i vertici della pubblica amministrazione vengono sostituiti al momento dell’insediamento di un nuovo governo. Attraverso tale meccanismo, infatti, ogni esecutivo in carica ha facoltà di affidare la guida della macchina amministrativa a dirigenti “di fiducia” in grado di sostenerlo nel raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Un qualcosa che è già accaduta, e più volte, al vertice dell'Agenzia, con l'attuale Direttore pro tempore, Marcello Minenna, nominato dal governo Conte proprio in virtù dello spoil system dopo la decadenza del suo predecessore in autunno del 2019. Una possibilità che potrebbe essere ripercorsa anche con l'insediamento del nuovo governo, tenendo conto del ruolo sempre più strategico rivestito da questa agenzia, sul quale affidavano le proprie speranze gli addetti ai lavori del gioco pubblico, dopo anni di scarsa rilevanza dello stesso organismo a livello governativo o parlamentare.
Tuttavia gli stessi principi con cui si sta costituendo la nuova squadra di governo sopra descritti, potrebbero far pensare al mantenimento dell'attuale struttura, tenendo conto della commistione tecnico-politica che prevede il coinvolgimento "attivo" da parte dei partiti e della vicinanza dell'attuale direttore alla precedente compagine che viene sostanzialmente "integrata" anche nella prossima maggioranza. Inoltre è lecito pensare che Mario Draghi possa optare più che al tradizionale spoil system a un più insolito merit system (letteralmente: “sistema del merito“), in base al quale la titolarità degli uffici pubblici viene assegnata a seguito di una valutazione oggettiva della capacità di svolgere le relative funzioni, senza tenere conto dell’affiliazione politica dei candidati agli uffici. E in questo senso l'attuale numero uno di AdM potrebbe rimanere senz'altro dov'è. Salvo diversi incarichi, naturalmente.