“Oggi il mercato del gioco legale va aiutato e va supportato, il contrasto della ludopatia è una cosa diversa”. Vita Martinciglio, avvocato civilista, deputata del Movimento 5 Stelle, dimostra di conoscere bene il settore e le sue problematiche intrinseche.
Deputata dal 2018, è membro della commissione Finanze della Camera e della commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale. In merito al settore del gioco, proprio di recente, si è occupata del problema dell’accesso al credito da parte di molti operatori di gioco.
Come le sembra che abbia reagito la politica di fronte a questo problema? Pensa che il problema si possa dire arginato, se non proprio risolto?“Ho portato la questione in commissione Finanze
con un question time. La crisi economico finanziaria ha colpito forse in misura maggioritaria il settore del gioco, con una lunga chiusura che ha compromesso la situazione economica.
Ad aggravare tutto ciò c’era un atteggiamento discriminatorio, non saprei definirlo altrimenti, da parte degli istituti bancari, soprattutto nella concessione delle garanzie. Da quanto ho potuto constatare è emerso l’interesse, anche da parte dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, di superare queste anomalie, assolutamente non giustificate. Credo che si avvieranno altre interlocuzioni, e mi sento cautamente fiduciosa anche per l’operato di questo Governo”.
Ecco, a creare il problema, oltre a norme più stringenti relative ai controlli richiesti alle banche, probabilmente ha contribuito anche il clima da 'caccia alle streghe' che si è sviluppato negli ultimi mesi in Italia. Eppure ,parliamo di un settore produttivo che dà lavoro a tantissime persone e contribuisce alle entrate del Paese. L’impressione, talvolta, è che una certa parte della politica segua più i pregiudizi che i ragionamenti. È possibile, secondo lei, invertire questa tendenza?
“La ragione è questa, che si aggiunge a una indubbia riduzione dei parametri di affidabilità delle aziende del gioco. Come ho accennato si tratta di aziende che in misura maggiore rispetto agli altri hanno risentito della chiusura forzata. Per il resto non parlerei proprio di caccia alle streghe. Si sa che quando si parla di gioco si tira sempre in ballo la ludopatia, che è un fenomeno da combattere, ma sarebbe importante distinguere, per capire che contrastare le aziende, o anche proibire il gioco, non servirebbe a nulla. Purtroppo chi ha questo problema non si ferma, da membro della commissione Finanze lo so bene, visto che sono temi che abbiamo affrontato e approfondito”.
Le azioni messe in atto sinora dal nuovo Governo a sostegno del settore le sembrano sufficienti?
“Prevedere tra gli ordini del giorno al Sostegni Bis che hanno avuto parere favorevole anche quello presentato da me (il 9/3132-AR/65, in precedenza formulato come emendamento, il 22.015, Ndr) io lo vedo come un segnale importante: significa che qualcosa si sta muovendo con obiettività, e senza pregiudizi, anche tra la classe politica. Si è capito che oggi il mercato del gioco legale va aiutato e va supportato. Ci si sta tendendo conto che la lotta alla ludopatia è un’altra cosa”.
Lei si è occupata anche del problema dei messaggi violenti contenuti in alcuni videogiochi che inneggiano alla malavita e invitando il giocatore a compiere azioni illegali vario tipo, anche se digitali. Nell’interrogazione al Governo presentata alla Camera si proponeva di vietare questo tipo di giochi. Può essere sufficiente, considerando la difficoltà di interazione e controllo con un mondo online che si muove a grandissima velocità?“Sì, ma bisogna contestualizzare con il contesto.
Si tratta di una interrogazione che non considerava quando il Covid abbia compromesso le nostre vite. La chiusura e l’isolamento forzato hanno portato come conseguenza a vedere nel mondo online un supporto, anche affettivo, e una valvola di sfogo. Tra le cose che mi ripropongo, dopo la riforma fiscale, c’è quella di ricontestualizzare questa interrogazione.
Credo che il sistema non si possa bloccare con un divieto, anzi, forse così si rischia di andare a rafforzare proprio quello che si vorrebbe contrastare. Sono convinta che il ruolo di uno Stato coscienzioso sia quello di vigilare. Andrebbe quindi fatto un discorso più ampio e generale, coinvolgendo tutti i soggetti, istituzioni, scuole, comitato tecnico, in modo da fissare delle direttive per utilizzare uno strumento come la rete nel modo corretto, individuando i potenziali rischi”.