Le connessioni fra il gioco legale e quello illegale: questo uno dei temi esaminati nel corso della seduta della commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, di oggi, 27 giugno, che ha visto il prosieguo dell'audizione di Giovanni Melillo, procuratore nazionale Antimafia e antiterrorismo.
A introdurre l'argomento Mauro D’Attis, deputato di Forza Italia, vice presidente della Commissione.
“La Procura nazionale antimafia si è posta questo problema? Cosa il legislatore dovrebbe fare per la Procura affinché siano presenti norme che garantiscano maggiori controlli e il contrasto vero al gioco illegale, pur consapevoli che da quest'altra parte occorra garantire il diritto al gioco legale?”, chiede D'Attis a proposito delle possibili connessioni con l'illegale.
Dal canto suo Melillo sottolinea: “Il gioco pubblico non esaurisce il concetto di gioco legale, anche in considerazione della dimensione delle reti cibernetiche. È un settore tradizionalmente, e non soltanto in Italia, largamente pervaso da interessi criminali. Vi è abbondante letteratura e consistente produzione cinematografica ad illustrarlo. Stiamo parlando di un settore nel quale è sfidata la capacità dello Stato, nel momento in cui decide di essere presente, di dotarsi di regole capaci di assicurarne l’osservanza”.
Sul tema delle interdittive antimafia, che non di rado sono rivolte anche a quelle operanti nel comparto del gioco, D'Attis rileva che in alcuni casi “vengono iniziate le procedure e a distanza di tempo poi si scopre che l'azienda non doveva riceverla. Abbiamo registrato spesso casi di questo genere che hanno portato al fallimento delle aziende, quindi chiediamo alla Procura nazionale antimafia qual è la migliore soluzione normativa per garantire di mantenere in piedi tali aziende quando c'è un procedimento di questo tipo e in parallelo garantire alla Procura, alle Prefetture, allo Stato di intervenire senza lo scrupolo di rovinare un'azienda che poteva o doveva essere sana”.
Sul costo sociale delle interdittive antimafia il procuratore nazionale Antimafia osserva: “Nel caso i provvedimenti prefettizi si rivelino infondati, ormai siamo chiamati a ragionare alla luce di un quadro normativo cambiato. Il decreto legge n° 152 prevede già il contraddittorio anticipato, la preventiva comunicazione del complesso delle informazioni che possono determinare l'adozione di provvedimenti interdittivi, la possibilità per l'impresa di controdedurre, la necessità per la Pubblica amministrazione di dar conto delle controdeduzioni difensive e la previsione poi di una serie di percorsi alternativi rispetto a quello dell'esito negativo della procedura d'interdittiva perché l'impresa può richiedere l'ammissione a procedure di cosiddetta prevenzione collaborativa, che consentono l'introduzione di un controllo amministrativo finalizzato a sottrarre la società al si ipotizza occasionale quindi transitorio condizionamento mafioso. È una procedura modellata su un'analoga procedura prevista dal Testo unico delle leggi antimafia in materia di misure di prevenzione, la disciplina dell'articolo 34 bis”.