È durata un paio di ore la riunione a Palazzo Chigi, convocata dal premier Mario Draghi con i ministri e i vertici del Comitato tecnico scientifico, per affrontare l’emergenza legata alle varianti del virus e le nuove misure da inserire nel prossimo provvedimento che dovrà entrare in vigore il 6 marzo. Con la possibilità, tuttavia, che alcune misure possano essere decise e comunicate già prima di quella data. Alla riunione di ieri sera, oltre ai ministri della Salute Roberto Speranza e degli Affari Regionali Mariastella Gelmini, hanno partecipati – su richiesta del premier - anche i titolari dei dicasteri economici: segno evidente che l'intenzione è anche quella di guardare alla situazione finanziaria in cui si trova il paese e le imprese. In effetti, il primo argomento all’ordine del giorno ha riguardato proprio i parametri per le possibili riaperture. A causa del dilagare delle varianti in numerose regioni italiane, infatti, occorrerà prima di tutto stabilire se modificare alcuni indicatori nel sistema delle fasce di colore: cosa che sarà possibile soltanto in seguito a un’analisi epidemiologica aggiornata alla prossima settimana, che potrà fornire il quadro della situazione generale. In ogni caso, però, il via libera a un allentamento dei divieti non sembra possibile. Per una nuova doccia fredda per tutti quei settori, come il gioco pubblico, che auspicavano un cambio di marcia da parte del nuovo esecutivo sul tema delle restrizioni anti-Covid.
La colpa, tuttavia, non è del governo e della linea politica seguita dal premier, ma è di nuovo tutta del virus e delle nuove varianti che sembrano spaventare ancor più rispetto alla pandemia di base. Nell’incontro, tra le altre cose, è emerso che oltre il 30 percento delle infezioni Covid in Italia sia dovuto alla variante inglese: dato fornito dagli esperti dell’Istituto superiore di Sanità e del Cts. Con gli scienziati che temono una nuova ondata verso la metà di marzo con la variante che sarà predominante in tutto il Paese. Anche se, come dichiarato dal coordinatore del Cts Agostino Miozzo, uscendo da Palazzo Chigi: “Abbiamo rappresentato al presidente Draghi i dati e i numeri dal punto di vista scientifico noi siamo prudenti, ma non abbiamo descritto una situazione di catastrofe imminente. Non abbiamo parlato di riaperture, se ne parlerà in un’altra occasione”. Venerdì (26 febbraio) ci sarà dunque una nuova fotografia della situazione, poi si deciderà il da farsi. Nel corso dell’incontro, inoltre, il governo ha chiesto valutazioni sulle misure da adottare e gli esperti avrebbero ribadito i rischi legati a possibili aperture.
IL SUPERAMENTO DEI DPCM - La linea concordata nella riunione di ieri, tuttavia, sembra essere quella di coinvolgere il Parlamento nell’adozione dei futuri provvedimenti anti-Covid, come manifestato da diverse componenti del Governo, che starebbero pensando quindi a un superamento dei Dpcm: la modalità adottata finora per l’introduzione delle misure restrittive dal precedente esecutivo. L’ipotesi per il futuro potrebbe quindi essere l’approvazione di decreti legge, che vanno poi convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni. Una possibilità, questa, che apre comunque nuovi spiragli in tema di riaperture, con la possibilità di suggerire alcuni cambiamenti, se non altro nei criteri di scelta, visto che in questo modo potrebbero entrare in ballo i diversi punti di vista delle singole componenti politiche, più sensibili alle richieste delle imprese e dei lavoratori Ed è porpio ciò che si augura il comparto del gioco pubblico che in occasione della duplice manifestazione dei giorni scorsi, a Roma e Milano, ha fatto il pieno di consensi da parte della politica con una fitta schiera di parlamentari che hanno dimostrato di aver recepito e ben compreso la situazione di estrema sofferenza in cui si trovano gli addetti ai lavori, per i quali l'unica possibilità di salvezza è quella di tornare a lavorare.
In effetti, già da ieri, si registrano i primi affondi delle parti politiche alla luce dei segnali di prudenza e della linea rigorista che continua ad essere promossa dal ministro della Salute Roberto Speranza. Oltre al leader della Lega, Matteo Salvini, da sempre “aperturista” convinto (unico punto, peraltro, sul quale sembra non aver cambiato idea, dopo i ripetuti cambi di guardia degli ultimi giorni), anche il presidente della Regione Emilia-Romagna ed esponente di spicco del Pd, Stefano Bonaccini ha ritenuto “ragionevole” la proposta di Salvini di riaprire almeno i ristoranti anche di sera. La proposta del leghista, in dettaglio, è la seguente: “Dove la situazione sanitaria è sotto controllo e rispettando i protocolli di sicurezza - ha detto l’ex ministro dell’Interno - , i ristoranti devono poter lavorare anche la sera. Se la legge permette di pranzare in tranquillità e sicurezza alle 13, deve permetterlo anche alle 20”. Tema di cui Salvini ha parlato anche con il premier Draghi in un incontro a Palazzo Chigi. Dicendo che “sul ritorno alla vita dove la situazione lo permetta siamo sulla stessa linea”. Una linea su cui si schierano anche le Regioni. Ma non solo. Anche il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli ha fatto sapere che “attraverso il Cts, comitato tecnico scientifico del ministero della Salute, stiamo lavorando a protocollo per consentire alla ristorazione la ripartenza”. Intervenuto in streaming al Consiglio nazionale della Coldiretti, l’ex ministro dello Sviluppo economico ha detto che “ci sono comparti fornitori, come quello del vino in grande sofferenza”. Anche per questo si attende la comunicazione del ministro della Salute alla Camera.
VERSO UN NUOVO DECRETO GIÀ NEI PROSSIMI GIORNI - Il presidente del Consiglio Mario Draghi, chiamato con il suo governo a decidere le misure da adottare alla scadenza del Dpcm lasciato in eredità dal suo predecessore Giuseppe Conte, si muove dunque su due assi, alquanto delicati: fronteggiare le varianti Covid intensificando le vaccinazioni e dare sostegno all’economia. Se da una parte c’è da tenere conto del parere dei tecnici, dall’altra parte c'è la richiesta, avanzata dalle Regioni ma anche nella stessa maggioranza di centrodestra, di far ripartire attività rimaste chiuse (come palestre e piscine) o che subiscono limitazioni di orari (ristoranti). Draghi sembra essere, per ora, orientato a far prevalere la linea della prudenza. E l’intenzione sarebbe ad ogni modo quella di varare il provvedimento con largo anticipo, già nei prossimi giorni. Per ora, di gioco, si continua a non parlare apertamente: anche se – come apprende GiocoNews.it da fonti istituzionali – diversi gruppi parlamentari, dopo le promesse spese in piazza, si starebbero muovendo per tentare di far arrivare il tema sul tavolo dell'esecutivo. Ma la partita è complessa e molto più ampia, con tanti settori che chiedono attenzione. Dopo la riapertura dei musei nelle zone gialle, per esempio, si parla con maggiore insistenza di una ripartenza per cinema e teatri, con il ministro della Cultura Dario Franceschini che ha ottenuto una nuova riunione del Comitato tecnico scientifico per oggi nella quale gli esperti del Cts dovranno valutare il protocollo di sicurezza messo a punto dalle associazioni dello spettacolo su cinema, teatri e sale da concerto. E nonostante si tratti di un'altra forma di “intrattenimento”, una possibile riapertura dei luoghi di spettacolo potrebbe portarsi dietro anche un allentamento delle misure per i locali di gioco, che a quel punto non potrebbero rimanere gli unici esclusi da ogni trattativa. Pensando alle imprese ai lavoratori, più che all'oggetto del business.
NUOVO DECRETO RISTORI - Intanto il ministero dell’Economia è al lavoro per un decreto ristori che potrebbe arrivare entro questo fine settimana per dar fiato ad attività in affanno. Le Regioni hanno chiesto al governo che “in via strutturale, lo stesso provvedimento che introduce restrizioni per il Paese e poi restrizioni particolari per singoli territori, deve anche attivare gli indennizzi e salvaguardare le responsabilità, garantendo la contestualità a prescindere da chi adotta il provvedimento”.