Si parla anche di uso e abuso dei videogiochi nel documento conclusivo dell’Indagine conoscitiva sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento approvato dalla commissione (doc. Xvii, n. 2) presentato nella commissione Istruzione pubblica e beni culturali del Senato nella seduta di ieri, 9 giugno, dal relatore Andrea Cangini (Fibp-Udc).
“C’è stato un tempo in cui, per capire come saremmo diventati, noi italiani guardavamo alla Germania, poi alla Francia, poi, dal secondo dopoguerra, agli Stati Uniti. Ora, per la prima volta, il nostro sguardo abbandona le nazioni occidentali per volgersi ad Oriente. Corea del Sud, Cina, Giappone. Sono questi, oggi, i nostri modelli. Modelli avanzatissimi già da anni quanto a diffusione della tecnologia digitale, perciò anticipatori degli effetti che il crescente uso di smartphone e videogiochi produrrà fatalmente sui nostri figli, sui nostri nipoti, sui nostri amici, su di noi e di conseguenza sulla società in cui viviamo. I numeri impressionano. In Corea del Sud il 30 per cento dei giovani tra i 10 e i 19 anni e` classificato come 'troppo dipendente' dal proprio telefonino: vengono disintossicati in 16 centri nati apposta per curare le patologie da web. In Cina i giovani 'malati' sono 24 milioni.
Quindici anni fa è sorto il primo centro di riabilitazione, naturalmente concepito con logica cinese: inquadramento militare, tute spersonalizzanti, lavori forzati, elettroshock, uso generoso di psicofarmaci. Un campo di concentramento. Da allora, di luoghi del genere ne sono sorti oltre 400. Analoga situazione in Giappone, dove per i casi più estremi è stato coniato un nome, hikikomori. Significa 'stare in disparte'. Sono giovani tra i 12 e i 25 anni che si sono completamente isolati dalla società. Non studiano, non lavorano, non socializzano. Vegetano chiusi nelle loro camerette perennemente connessi con qualcosa che non esiste nella realtà. Gli hikikomori in Giappone sono circa un milione. Un milione di zombi. Tutte le ricerche internazionali citate nel corso del ciclo di audizioni giungono alla medesima conclusione: il cervello agisce come un muscolo, si sviluppa in base all’uso che se ne fa e l’uso di dispositivi digitali (social e videogiochi), cosi' come la scrittura su tastiera elettronica invece della scrittura a mano, non sollecitano il cervello. Il muscolo, dunque, si atrofizza. Detto in termini tecnici, si riduce la neuroplasticità, ovvero lo sviluppo di aree cerebrali responsabili di singole funzioni. Analogo effetto si registra nei bambini cui e` stata limitata la 'fisicità”, evidenzia Cangini.
“Essere connessi è irresistibilmente piacevole, dal momento che l’uso del digitale che ne fanno i più giovani, prevalentemente social e videogiochi, favorisce il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore della sensazione di piacere. Ma si tratta di un piacere effimero. Dal 2001, anno in cui le console per videogiochi irrompono nelle camerette dei ragazzi, e con un’accelerazione impressionante dal 2007, anno in cui debutta lo smartphone, depressioni e suicidi tra i giovanissimi hanno raggiunto percentuali mai viste prima. Sono quasi raddoppiati, e quel che preoccupa è che il trend appare in costante ed inesorabile ascesa”, prosegue il senatore.
Nelle conclusioni Cangini quindi fa le sue proposte per fermare il propagarsi del fenomeno: “Rassegnarsi a quanto sta accadendo sarebbe colpevole. Fingere di non conoscere i danni che l’abuso di tecnologia digitale sta producendo sugli studenti e in generale sui più giovani sarebbe ipocrita. Come genitori, e ancor più come legislatori, avvertiamo il dovere di segnalare il problema, sollecitando Parlamento e Governo ad individuare i possibili correttivi. Avanziamo alcune ipotesi: scoraggiare l’uso di smartphone e videogiochi per minori di 14 anni; rendere cogente il divieto di iscrizione ai social per i minori di 13 anni; prevedere l’obbligo dell’installazione di applicazioni per il controllo parentale e l’inibizione all’accesso a siti per adulti sui cellulari dei minori; favorire la riconoscibilità di chi frequenta il web; vietare l’accesso degli smartphone nelle classi; educare gli studenti ai rischi connessi all’abuso di dispositivi digitali e alla navigazione sul web; interpretare con equilibrio e spirito critico la tendenza epocale a sopravvalutare i benefici del digitale applicato all’insegnamento; incoraggiare, nelle scuole, la lettura su carta, la scrittura a mano e l’esercizio della memoria. Non si tratta di dichiarare guerra alla modernità, ma semplicemente di governare e regolamentare quel mondo virtuale nel quale, secondo le ultime stime, i più giovani trascorrono dalle quattro alle sei ore al giorno".