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Speciale Provincia Trento, Cia (FdI): 'Gioco, governare il fenomeno invece di negarlo'

01 settembre 2022 - 09:30

Prima puntata dello speciale di GiocoNews dedicato alla mancata proroga della legge provinciale sul gioco di Trento. Ne parliamo con Claudio Cia (Fratelli d'Italia).

Scritto da Francesca Mancosu
Speciale Provincia Trento, Cia (FdI): 'Gioco, governare il fenomeno invece di negarlo'

Un po' a sorpresa, il vento “riformista” che nell'ultimo anno ha investito alcune regioni a proposito delle normative sul gioco – vedi Piemonte, Marche e, recentemente, il Lazio – con la proroga dell'entrata in vigore dei distanziometri o l'eliminazione della loro retroattività non ha conquistato la Provincia di Trento, che è andata dritta per la sua strada, con l'attuazione della normativa varata nel 2015, a partire dal 12 agosto, anche per le sale dedicate poste nelle vicinanze dei luoghi sensibili, come già accaduto per i locali generalisti nello stesso giorno del 2020.

Una scadenza contro cui nulla ha potuto l'emendamento all'Assestamento di bilancio presentato dal consigliere di Fratelli d'Italia Claudio Cia, che proponeva di rimandarla  “entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del testo unico in materia di prevenzione e trattamento del gioco d'azzardo patologico” (che avrebbe potuto concretizzarsi attraverso il disegno di legge delega messo a punto dal sottosegretario all'Economia Federico Freni, ma mai approdato al Consiglio dei ministri né quindi, tanto meno, al Parlamento per l'avvio del suo iter), bocciato senza appello, nella seduta consiliare del 29 luglio.

 

Un niet che era nell'aria dopo la decisione del consiglio provinciale, appena 24 ore prima,  di approvare un ordine del giorno, presentato dai consiglieri del Partito autonomista trentino tirolese Paola Demagri, Michele Dallapiccola e Lorenzo Ossanna, per impegnare la giunta provinciale "a dare rigorosa interpretazione e applicazione alla legge sulla ludopatia, per quanto riguarda alcuni suoi divieti", e "a mettere in atto delle azioni per accompagnare a un reinserimento lavorativo coloro che, attualmente impegnati nel settore del gioco d'azzardo, potrebbero perdere il lavoro".
 
Due posizioni contrapposte che sono protagoniste dello speciale di GiocoNews pubblicato sulla rivista di settembre – consultabile integralmente online a questo link  - con le interviste a Claudio Cia e a Paola Demagri.
Oggi vi proponiamo la prima puntata, cominciamo con Cia.
 
Il no del Consiglio al suo emendamento è arrivato un po' come un fulmine a ciel sereno, dopo le intenzioni positive mostrate dalla Giunta nei mesi precedenti. Come mai questo dietrofront, secondo lei?
“Le motivazioni che hanno portato alla bocciatura del mio emendamento vanno chieste ai diretti interessati. Certo, non posso negare di aver assistito ad inaspettate giravolte sull’argomento da parte di alcuni esponenti politici. Ciò che posso confermare è che Fratelli d’Italia ha portato avanti convintamente fino alla fine l’emendamento per evitare la chiusura delle sale gioco e la perdita di decine di posti di lavoro in un momento di grave difficoltà per tante famiglie trentine dato dalla spirale inflazionistica”.
 
Il Consiglio invece ha scelto di approvare l'ordine del giorno del Partito autonomista per una rigorosa applicazione della legge vigente. Ora, secondo lei, cosa può e dovrebbe fare la Provincia per contrastare 'davvero' il gioco patologico e sostenere gli operatori colpiti dagli effetti del distanziometro?
“L’ordine del giorno del Partito autonomista è la beffa per i lavoratori del comparto. Si chiede di mettere in atto misure per un reinserimento lavorativo dei lavoratori che si ritroveranno senza occupazione. In concreto verranno attivati i servizi di ricerca, poco efficienti, dei centri per l’impiego. Purtroppo il dibattito in Aula è stato sostanzialmente inesistente e fortemente avvelenato dalla demagogia. Il gioco in Italia è legale e lo Stato esercita il monopolio in materia di giochi e scommesse. Una politica seria deve dunque governare il fenomeno, e non tentare di negarlo, perché negandolo si accresceranno le esternalità negative che dal gioco, e dalla sua degenerazione, ovvero la ludopatia, derivano.
Non ha un fondamento razionale, se non quello di favorire ancora una volta il web rispetto agli esercizi fisici, la condanna a prescindere del gioco nelle attività preposte in un contesto in cui il gioco online ha avuto un incremento esponenziale negli ultimi 3 anni. La componente del gioco online è infatti passata dal 33 per cento del 2019 al 61 per cento del 2021, ovviamente anche per lo scoppio della pandemia. Mentre prima sostanzialmente due terzi del gioco era su reti fisiche e un terzo su reti online, adesso i rapporti si sono rovesciati e stanno consolidandosi anche in questo 2022. Perché accanirsi dunque sugli esercizi fisici quando con un semplice click da casa è possibile giocare sul web in maniera legale ed anche, purtroppo, illegale? Pensiamo forse che il problema della ludopatia sarà risolto una volta che tutto il gioco si sarà spostato sulla rete online? Certo che no.
La demagogia in quest’ambito è dunque quantomai nociva. Una politica seria deve interrogarsi su quale sia la maniera più adeguata di governare il gioco, partendo dal presupposto che il gioco è legale e deve essere adeguatamente regolamentato. Certo, lo Stato deve regolare il fenomeno e non, per certi versi, propagandarlo con discutibili strategie di marketing. Nonostante il fine della lotta all’evasione sia certamente nobile, dal punto di vista etico (e anche valutando l’efficacia del provvedimento) la 'lotteria degli scontrini' è quantomeno discutibile.
Paradossale il fatto che, con una mano, lo Stato promuova la propria lotteria e, con l’altra, vieti qualsiasi forma di pubblicità anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, in qualsiasi modo effettuata e con qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e internet (ai sensi del decreto-legge del 12 luglio 2018, n. 87, art. 9 del Capo III, intitolato 'Misure per il contrasto alla ludopatia').
A prescindere da queste degenerazioni in cui lo Stato sembra avere un ruolo più da 'croupier' che da regolatore del fenomeno, è doveroso lavorare al fine di governare la situazione, anche nella nostra provincia. Il settore del gioco in Trentino vale oltre 40 milioni di euro di gettito erariale per la Provincia autonoma di Trento e genera centinaia di posti di lavoro. Certamente bisogna considerare le conseguenze sociali che la dipendenza da gioco d’azzardo patologico implica per molti individui, ma politiche proibizioniste nei confronti del gioco legale favoriranno inevitabilmente la crescita del gioco online e del gioco irregolare o illegale, in molti casi gestito dalla criminalità organizzata.
Ciò renderebbe ancora più complesso intervenire nei confronti dei giocatori affetti da dipendenza, nonché quasi impossibile il controllo dell’accesso al gioco da parte dei minori. In sostanza la Provincia di Trento avrebbe solo da gestire le problematiche date dalla ludopatia, dal punto di vista della spesa sanitaria, senza avere gli introiti fiscali del gioco.
La legge del 2015 aveva certamente un fondamento razionale, rimuovendo schiere di slot machine da bar e tabaccai vicino a scuole e chiese, ma per quale motivo vi è questo accanimento acritico anche contro le sale gioco? Ciò pare incomprensibile in un contesto in cui, a livello nazionale, si sta lavorando a un testo unico per la regolamentazione del gioco. C’è la concreta possibilità che le sale che oggi chiudiamo mandando a casa decine di lavoratori per compiacere le ‘facce belle’ di certa politica siano fatte riaprire da Roma fra qualche mese. Questa incertezza e frammentazione nella legislazione è un macigno enorme sulla possibilità di dispiegare una serie di investimenti nella direzione di una riduzione dell’offerta dal punto di vista quantitativo e un miglioramento dal punto di vista quantitativo, investendo dunque su un numero inferiore di apparecchi ma di qualità superiore, che possano essere collegati direttamente al monitoraggio statale e che permettano in modo più semplice di escludere le categorie deboli dal gioco. Bisogna infine stigmatizzare la logica di coloro che da un lato chiedono l’immediata chiusura di gran parte delle sale gioco in provincia per ragioni etiche e di salute, e dall’altro vorrebbero liberalizzare le droghe, alimentando ben più pericolose dipendenze che già ora presentano spese elevatissime a carico del nostro sistema sanitario. Si dice di non volere il proibizionismo, ma solo di tenere lontano il gioco dai luoghi sensibili. Va da sé che in una città come Trento, in cui vi sono svariate chiese concentrate nelle zone centrali, il risultato sarà quello di spostare il gioco verso le periferie, dove i problemi sociali sono molto più gravi e la possibilità di cadere nell’abisso della ludopatia molto superiore. In sostanza si vogliono ghettizzare i giocatori, favorendo il sorgere di case gioco nelle periferie con meno controlli, dove consumare alcol fino a tarda notte e dove possono girare indisturbati strozzini pronti a prestare soldi a chi gioca. L’obiettivo, in fondo, non è quello di risolvere il problema, ma di nascondere la polvere sotto il tappeto”.
 

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