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Il lockdown brucia 15,3 miliardi all'Erario: e lo Stato scopre l'importanza dei giochi

07 luglio 2020 - 09:39

Il “buco” da oltre 2,7 miliardi causato dai mancati proventi dei giochi durante il lockdown si aggiunge ai -9,2 miliardi di Iva: per un annus horribilis che impone riforme.

Scritto da Ac

Tre mesi di lockdown abbattono le entrate di oltre 15 miliardi e 300 milioni rispetto ai primi cinque mesi del 2019. A pesare sul mancato gettito le sospensioni dei versamenti rinviati a settembre ma anche la profonda crisi economica e dei consumi aperta dall’emergenza sanitaria. Ma mancano anche quei 2,7 miliardi di euro dai giochi - di cui abbiamo dato notizia ieri e di cui avevamo già anticipato l'esigenza - a causa della chiusura totale dei locali pubblici fino a metà giugno (e oltre, in qualche caso) che ha inibito completamente la raccolta, provocando una perdita pari al 41 percento negli incassi dello Stato rispetto ai primi cinque mesi dell'anno precedente.

Scorrendo i dati appena diffusi dal dipartimento delle Finanze e relativi ai primi cinque mesi del 2020, che includono quindi anche il trimestre “nero” del Covid-19, emerge chiaramente il crollo delle imposte indirette di ben 15,3 miliardi. Soltanto l’Iva registra una riduzione del 18,7 percento pari a 9,2 miliardi di euro in meno per le casse dello Stato. Anche se, per quanto riguarda l'imposta sul valore aggiunto, si tratta di cifre che lo Stato pensa di recuperare più avanti con la ripresa dei versamenti relativi a marzo, aprile e maggio fissata per il 16 settembre in unica soluzione o in 4 rate mensili. Ma sempre se il versamento posticipato sia possibile per le aziende, tenendo conto delle difficoltà in cui si trovano gran parte delle aziende italiane in questo periodo, che rischia di rendere inesigibili le tasse sospese anche nell'ultima parte dell'anno.

FRENA ANCHE IL CONTRASTO ALL'EVASIONE – Tra le “cattive notizie” che riguardano il nostro paese e la nostra economia, c'è anche quella relativa al contrasto dell'evasione fiscale: un tema che il governo ha messo al centro del suo programma e del piano di azione per il futuro, ma che nel 2020 parte decisamente in salita con una flessione, anche qui, del 10,7 percento (-427 milioni di euro rispetto al 2019) attestandosi a fine maggio a 3,57 miliardi.
 
IL FUTURO NON E' MIGLIORE - Ma c'è di peggio. Sì, perché, nello stesso momento, arrivano anche le attese stime della Commissione Europeadalle quali emerge che l’impatto della crisi economica sarà più grave del previsto e la ripresa più graduale. In tutta Europa, ma soprattutto in Italia: in particolare, secondo la Commissione, nel nostro Paese il crollo del Pil nel 2020 dovrebbe superare gli undici punti percentuali (-11,2 percento), in netto peggioramento rispetto al -9,5 percento pronosticato sempre da Bruxelles a fine aprile. Con il dato relativo alla Penisola che si conferma il peggiore dell’Eurozona (che quest’anno perderà in media l’8,7 percento) e dell’intera Unione (-8,3 percento). Quindi, oltre alla drammatica situazione relativa al presente, per l'Italia ci dobbiamo aspettare un futuro prossimo ancora peggiore. “Nel 2021 il Pil italiano non tornerà ai livelli del 2019” scrivono i tecnici di Bruxelles, che prevedono un +6,1 percento nel prossimo anno. Quest’anno l’inflazione scenderà a livello zero, per poi salire allo 0,8 percento nel 2021.
 
IL RISVEGLIO DEI CONSUMI - Nel secondo trimestre di quest’anno, quello del grande lockdown, tutte le economie Ue hanno registrato un calo del Pil che in Italia equivale al -15,8 percento del Pil. Ma secondo Bruxelles “i primi dati di maggio e giugno dimostrano che il peggio potrebbe essere passato”. E che nella seconda parte dell’anno potrebbero iniziare a manifestarsi i segni di ripresa, anche se in modo per nulla uniforme. 
 
In Italia la spesa dei consumatori “è destinata a riprendersi” nel secondo semestre del 2020, mentre “è probabile che gli investimenti rimangano depressi, data l’incertezza della domanda e la necessità delle imprese di aumentare la liquidità”. E se le esportazioni potrebbero “guidare la ripresa una volta che l’economia globale ripartirà”, con un rapido aumento del ritmo della produzione industriale atteso per i prossimi mesi, per il turismo e gli altri servizi ai consumatori dovrebbero riprendersi molto più gradualmente. Una dinamica che dovrebbe interessare anche il mercato dei giochi, visto che la propensione e quindi la spesa nei confronti dei prodotti di intrattenimento viaggia inevitabilmente di pari passo con la disponibilità economica delle singole persone, nonostante le diverse credenze popolari.
 
L'IMPORTANZA DEI GIOCHI – In uno scenario di crisi come quello attuale, dunque, è lecito pensare che lo Stato possa essere invitato a riflettere sull'importanza del mercato del gioco pubblico come fonte di entrate erariali. Fermo restando che diventa sempre più opportuno e fondamentale mantenere un presidio di sicurezza nei confronti dei soggetti più deboli, monitorando l'approccio al gioco da parte dei cittadini, per evitare che ci possa essere un incentivo alla spesa per il ricorso alla fortuna quale antidoto per la crisi, è pur vero – d'altro canto – che adesso più che mai è da ritenere auspicabile che coloro i quali non hanno alcun problema economico, possano spendere qualcosa in prodotti di gioco visto che questo tipo di “investimento” è in grado di generare introiti diretti per lo Stato. Come una sorta di tassazione spontanea del cittadino. In questo senso, dunque, chi più ha, più spenda: ma sempre entro gli opportuni limiti di sostenibilità, evitando eccessi che possono provocare disturbi. Tuttavia, per garantire una perfetta sostenibilità del sistema del gioco pubblico, sia per gli operatori che per i consumatori, sarà necessario attuare delle riforme, prima possibile, perché allo stato attuale il rischio è che il consumo e l'offerta di gioco possano essere scoraggiati dagli eccessi di rigore che hanno caratterizzato le politiche economiche degli ultimi anni. Dalle restrizioni di carattere regionale o comunale al forte incremento della tassazione, con il rischio che i giocatori possano spostarsi dalla rete legale, come pure quegli operatori che, finiti in stato di difficoltà, potrebbero pensare di prendere altre strade rispetto a quelle lecite, per tentare di salvare il salvabile. E i dati relativi agli aumenti degli illeciti nelle zone in cui è stato adottato un approccio “proibizionista” impongono prudenza.
 
Del resto, il piatto è davvero troppo ricco per pensare di rinunciarvi. Occorre infatti ricordare che il gioco pubblico in Italia nel 2019 si è attestato sul valore di 110,5 miliardi di euro (di oltre 74 provenienti dalla sola rete fisica), generando incassi erariali per ben 10,6 miliardi. E se già, quest'anno, ne abbiamo persi ormai 2,7 miliardi, sarà bene evitare di perdere anche gli altri, peggio ancora se “distratti” verso altre forme di gioco non regolari. Da qui l'esigenza di riformare il comparto, magari compiendo quell'atteso Riordino di cui si parlava fino alla vigilia della pandemia, salvo poi finire completamente nel dimenticatoio. Almeno, fino alla nomina del sottosegretario Pier Paolo Baretta come delegato ai giochi, accolta con un invito a ripartire dall'intesa con le Regioni: una soluzione senz'altro auspicabile e sempre più necessaria. Anche se, a quanto pare, non tutti sembrano percepire l'importanza di raggiungere un punto di equilibrio, come emerge dai recentiti dibattiti, a livello locale, dove c'è ancora chi continua a invocare l'abolizione del gioco.
 
Nel frattempo, tuttavia, i giochi sono ripartiti e dopo la riapertura delle attività di raccolta attraverso gli apparecchi di intrattenimento, è ripresa anche la maturazione della base imponibile forfetaria del prelievo erariale unico, sospesa in concomitanza con il fermo delle attività deciso per il contenimento del Covid-19 agli inizi di marzo. 
Questo permetterà allo Stato di introitare qualcosa di importante nei prossimi mesi. Ma anche nelle prossime settimane tenendo conto che gli acconti Preu per il bimestre maggio/giugno, normalmente in scadenza il 28 maggio, il 13 giugno e il 28 giugno erano stati annullati e rimandati al 22 luglio 2020. 
Insomma, la ripartenza è ancora in fase di partenza: ma il futuro del paese, piaccia o no, passa anche per i giochi. Nella speranza generale che la "nuova normalità" di cui si parla spesso in questo giorni, sia una "nomalità migliore". Per tutti.

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