Scommesse, Ctd e newslot: la raccolta doppiamente non autorizzata
Il legame tra slot e scommesse risulta vincente e altamente strategico per gli operatori: anche nei centri non autorizzati, ma occhio alle leggi e, al solito, alla giurisprudenza.
Il legame tra gli apparecchi da intrattenimento e le agenzie di scommesse rappresenta un connubio sempre più strategico per gli addetti ai lavori, destinato a diventare vieppiù importante in vista del prossimo bando di gara per il rinnovo dei diritti, alla luce delle restrizioni normative introdotte da Governo ed enti locali e della futura certificazione degli ambienti da gioco.
Nuove regole che, come noto, dovrebbero ridurre il numero di pubblici esercizi che ospitano slot, rendendo immuni quegli ambienti già “dedicati” alle attività di gioco come appunto le agenzie. Per questa ragione il settore del Betting rappresenta un segmento al quale gli operatori - e i futuri investitori - guardano con interesse per lo sviluppo e l'implementazione del business. E lo stesso fanno anche gli “altri competitors” dei concessionari di stato: ovvero, gli operatori del tutto illeciti o quelli “non autorizzati”, con riferimento alla cosiddetta "doppia rete di raccolta", rappresentata cioè da quella dei concessionari (e dei regolarizzati) a cui si aggiunge quella dei non concessionari, che opera in virtù della libertà transfrontaliera: un'anomalia non solo per il mercato ma anche per le regole di concorrenza tra operatori.
Non a caso, nell’evoluzione normativa che ha contraddistinto il settore negli ultimi anni, il regolatore ha introdotto norme specifiche per vietare l’installazione delle slot (e tanto più delle Vlt) all’interno dei cosiddetti “centri trasmissione dati”, ovvero, dei punti vendita che raccolgono giocate in assenza di un titolo concessorio. Un tema che è tornato di attualità, in questi giorni, dopo una pronuncia favorevole al titolare di un centro Stanleybet che deteneva slot all’interno del suo Ctd.
Nella stessa direzione, il Tribunale Civile di Agrigento, con sentenza del 14 dicembre 2016, ha rigettato l'opposizione alla sanzione amministrativa irrogata a carico di un centro collegato alla società Stanleybet, per 25mila, in relazione all'installazione di cinque apparecchi in mancanza dalla licenza richiesta per la raccolta di scommesse.
Occorre citare anche la più recente sentenza del Tribunale di Messina, del 5 ottobre scorso che, in senso opposto, ha invece accolto l'opposizione proposta dal centro collegato alla predetta società anglo-maltese, annullando la sanzione amministrativa pari a 24.008,75 euro, per l'installazione di otto apparecchi, sulla base della ritenuta illegittimità europea della normativa disciplinante le concessioni.
Si tratta di sentenze, ancora non definitive in quanto oggetto di impugnazione, ma che meritano qualche riflessione. Per tale ragione abbiamo chiesto un commento all’avvocato Chiara Sambaldi, esperta in materia: "Il Giudice civile, nel caso di Palermo, ha ritenuto irrilevante il profilo della contrarietà della normativa interna ai principi europei in quanto ciò che viene in rilievo è la condotta dell'esercente italiano che al momento dell'accertamento era comunque privo della necessaria licenza”, spiega il legale. “In entrambi i casi in cui è stata confermata l'ordinanza ingiunzione di Adm – aggiunge - gli esercenti non hanno dimostrato di aver richiesto alla Questura la licenza ex art. 88 Tulps e detta circostanza, in ambito penalistico, ma con incidenza anche nei giudizi civili, è riconosciuta dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione dirimente per confermare la configurabilità dell'illecito e l'irrilevanza della questione relativa alla discriminazione dell'operatore estero in collegamento con il quale opera l'esercente. Nel caso esaminato dal giudice messinese, invece, non vi è riferimento alla richiesta della licenza di Pubblica sicurezza e il tribunale, dopo aver ripercorso l'evoluzione normativa e giurisprudenziale ha annullato la sanzione disapplicando la normativa interna in favore del primato del diritto Ue in violazione del quale si porrebbe la nota clausola di cui all'articolo 25 dello schema di convenzione Monti".