Il tema della (presunta) discriminazione operata dallo Stato italiano nei confronti di bookmaker esteri in occasione dei precedenti bandi di gara per le concessioni di scommesse continua a tenere banco nel nostro paese. E nei diversi Tribunali, dove continua a rappresentare un tema ricorrente, in altalena tra l'Italia e l'Europa, finendo tuttavia col mantenere attivo quel doppio canale di raccolta che lo Stato italiano ha provato più volte a sconfiggere, per tutelare la rete legale che il nostro ordinamento vederebbe come unico canale di raccolta possibile. Ma solo in teoria. Non sono bastati, infatti, gli oltre quindici anni di contenzioso comunitario e neppure le diverse “sanatorie” operate nei confronti degli operatori sprovvisti di concessione, a risolvere l'annosa questione. Anche se, negli ultimi tempi, il conflitto sembra aver conosciuto nuovi sviluppi: pur continuando a rimanere un tema urgente da risolvere, reso ancora più impellente dalla situazione di ulteriore crisi in cui verte la rete legale del gioco pubblico dovuta (anche) alla pandemia e agli oltre tre mesi di lockdown.
SVILUPPI IN CASSAZIONE - Gli ultimi fatti relativi alla questione della discriminazione provengono dalla Cassazione, la quale, con tre distinte sentenze, ha annullato con rinvio alle Corti di Appello dei tribunali di Ancona, Taranto e Cremona, tre procedimenti sulla discriminazione del bando scommesse del 2012 .
Nelle motivazioni del rinvio alla
Corte di Appello di Ancona, la Corte ha disposto che i giudici dovranno verificare nuovamente l’antieconomicità derivante dalla “virtuale” partecipazione, per la Stanleybet (il bookmaker anglo-maltese vittima – secondo la Corte europea – di una vera discriminazione da parte dell'Italia) al bando Monti, in particolare valutando il valore dei beni da impiegare, anche del profitto comunque ragionevolmente ricavabile dall’attività di raccolta delle scommesse.
Nelle motivazioni del rinvio alla Corte di Appello di Cremona, la Cassazione ha disposto che si debba verificare l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione di scoraggiare l’attività illegale (cfr. Sez. 3, n. 43955 del 15/09/2016, Tornassi, Rv. 267936)”
Nelle motivazioni del rinvio alla Corte di Appello di Taranto, infine, la stessa Corte Suprema ha previsto che la verifica della discriminazione di Stanleybet debba “essere affidata al giudice del merito, esulando la stessa dai limiti cognitivi assegnati alla Corte di cassazione. Essa dovrà essere compiuta, sulla base dei parametri indicati nelle pronunce della Corte di giustizia, onde verificare la “antieconomicità” derivante – anche qui - dalla “virtuale” partecipazione alle gare indette a seguito del d.l. n. 16 del 2012 sulla base del valore venale dei beni da impiegare e del profitto comunque ragionevolmente ricavabile dall’attività di raccolta delle scommesse, secondo un giudizio di tipo prognostico ricavabile da criteri legati all’id quod plerumque accidit“.
IL PARERE DELL'ESPERTO - Secondo l’
ingegnere Riccardo Calantropio, esperto di bettingpiù volte intervenuto sulla materia, in realtà “non ci sarebbe stata alcuna vera discriminazione nell’ultimo bando del 2012, perché non c’era alcuna rete da cedere gratuitamente a fine concessione”. Supponendo – come messo nero su bianco in una missiva, inviata al Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nonché ai sottosegretari Pier Paolo Baretta e Teresa Villanova, e per conoscenza all'associazione dei concessionari Acadi- Confcommercio - che tutti abbiano, probabilmente, equivocato tra la funzione del concessionario e quella di provider. “La cessione gratuita della rete – scrive l'esperto, esprimendo il suo parere di ex concessionario diretto dal 2000 a Giugno 2013 - avrebbe potuto avere senso nel caso della concessione del Lotto che è mono-concessionaria, riservata solo alle tabaccherie (con terminali dedicati, linee telefoniche dedicate e modem dedicati), ma non per le scommesse, con un numero alto di concessioni, e ubicazione delle ricevitorie variabile nel tempo. A fine concessione, infatti, non si deve cedere nulla. Nel passaggio da concessionario diretto a gestore di un punto vendita per conto di un concessionario, accade spesso che il concessionario in questione preferisca – come nel mio caso - sostituire anche le linee telefoniche e i modem. In ogni caso, gli stessi provider devono costantemente aggiornare le loro tecnologie e i loro programmi, in base all’evoluzione delle varie tipologie di scommesse sportive, virtuali, sistemistiche, etc., a sempre nuovi protocolli di trasmissione dati imposti dalla Sogei, con nuovi costi supplementari”. Quindi, lo svantaggio dei nuovi concessionari, rispetto ai vecchi era, a suo parere, trascurabile.
Aggiungendo che, in caso di dubbi interpretativi, sarebbe bastato chiedere chiarimenti diretti all’allora Aams, prima di partecipare. Come da prassi abituale per tutti i bandi.
Sorge quindi la domanda se queste analisi tecniche saranno sufficienti o comunque utili a ribaltare le sentenze di discriminazioni dei Bandi sia della Stanleybet e sia di tutti gli altri bookmakers “punto com”, che si sono serviti – direttamente o indirettamente - della stessa incertezza giuridica per operare in Italia pur essendo sprovvisti di una concessione.
Secondo Calantropio questa situazione equivale a una scommessa, visto l’esito non certo dei tre procedimenti, o di altri procedimenti futuri similari. “Scommessa che tocca in prima persona anche i gestori di questi Ctd, che devono scegliere se continuare a rischiare, anche penalmente (a parte il problema economico dell’imposta unica), con il proprio bookmaker che opera senza concessione, oppure alla prima occasione passare con un concessionario AdM, visto che, a causa del Covid-19, è probabile che alcune agenzie chiuderanno e si libereranno dei diritti”.
I POSSIBILI SVILUPPI - Se si ribaltassero in Cassazione le sentenze sulle discriminazione del Bando del 2012, si potrebbe mettere finalmente fine, dopo venti anni di contenziosi e di concorrenza non leale, a questa doppia rete parallela di bookmaker “punto com” senza concessione, alla rete ufficiale di Concessionari AdM, che hanno un numero limitato di diritti. Un numero limitato di diritti sarebbe sicuramente più controllabile dalla stessa Agenzia e dalle forze dell’ordine, anche in relazione al tema del riciclaggio, ai cosiddetti “sottobanchi” e a tutti gli altri illeciti nel campo delle scommesse, oltre al problema della dipendenza da gioco.