Tar Veneto ribadisce: 'Venezia, distanziometro non vale per sale scommesse'
Il Tar Veneto torna a ribadire che il distanziometro contenuto nel Regolamento edilizio di Venezia non vale per le sale scommesse.
"In applicazione delle superiori disposizioni legislative, l’art. 30 del Regolamento Edilizio adottato con Delibera n.42 del 2 aprile 2015 dal Commissario straordinario del Comune di Venezia, impone il rispetto della distanza minima di 500 metri da determinati luoghi sensibili (individuati dal medesimo art. 30) nei confronti delle 'sale pubbliche da gioco' e degli 'apparecchi per il gioco d’azzardo lecito'. In nessun punto dell’articolato legislativo statale o regionale, né in alcun punto della disposizione regolamentare del Comune di Venezia, si fa riferimento ai luoghi di raccolta delle scommesse ippiche o sportive, né è possibile, in via interpretativa, ricomprendere tale tipologia di gioco (concernente le scommesse ippiche o sportive) nella nozione di “sale pubbliche da gioco”, a ciò ostando il divieto di interpretazione estensiva ed anzi il dovere per l’interprete di applicare le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all’accesso ed all’esercizio delle attività economiche 'in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale' ai sensi dell’art. 1, comma 2, D.L. n.1/2012, convertito con Legge n.27/2012".
I giudici amministrativi ricordano che "le sale da gioco non possano essere equiparate, ai fini della tutela della salute, ai punti di raccolta delle scommesse ippiche e sportive, è già stato condivisibilmente evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, che ha già avuto modo di precisare come: gli apparecchi presi in considerazione dalla deliberazione regionale in esame (tra cui, in particolare, slot machine e videolottery) paiono i più insidiosi nell’ambito del fenomeno della ludopatia, in quanto, a differenza dei terminali per la raccolta delle scommesse, implicano un contatto diretto ed esclusivo tra l’utente e la macchina, senza alcuna intermediazione umana volta a disincentivare, per un normale meccanismo psicologico legato al senso del pudore, l’ossessione del gioco, specie nella fase iniziale del processo di dipendenza patologica” (TAR Lombardia-Milano, Sezione I, Sentenza n.1570/2015). Non è, pertanto, possibile interpretare il divieto di cui all’art. 30 del Regolamento Edilizio de quo come comprendente anche i centri di raccolta delle scommesse ippiche e sportive, dovendosi, al contrario, fornire una interpretazione tassativa e restrittiva del testo normativo, concernente unicamente le sale pubbliche da gioco e gli apparecchi per il gioco d’azzardo lecito.