Abodi e la Serie A in pressing sul Mef: rivedere il Dignità e gli introiti delle scommesse
Un tavolo di confronto tra il ministero dello Sport e quello dell'Economia delle finanze per aiutare lo sport dopo lo stop del decreto Crescita.
Il refrain del ministro dello Sport Andrea Abodi è sempre quello: rivedere il decreto Dignità per aiutare il calcio e tutte le discipline in generale per consentire ai bookmaker e alle società di gaming di poter sponsorizzare le squadre e le leghe. Poi c’è un passaggio che il mercato del gioco, però, digerisce poco: una percentuale degli introiti delle scommesse generate dal calcio, secondo il titolare del dicastero in questione, dovrebbero andare sempre alle società sportive. Questo nonostante il gioco già produca una massa monetaria di ben 11 miliardi di euro per le casse dello Stato. Ma andiamo per ordine.
Il governo ha deciso di tagliare il decreto Crescita, quella misura che doveva favorire “rientro dei cervelli”, cioè l’arrivo in Italia di lavoratori (italiani o stranieri) residenti all’estero negli ultimi due anni grazie a un regime fiscale agevolato a partire dal 2020. Per i calciatori, ai fini dell’Irpef, potevano esserci sgravi fino al 50%. Dal primo gennaio queste agevolazioni per il nostro calcio sono scomparse. Una mazzata per tanti club alle prese anche con il fair play finanziario.
Per questo la Serie A adesso spera che l’esecutivo metta le mani sul decreto Dignità, unica misura “bandiera” del Movimento 5 Stelle che il governo Meloni non ha ancora abbattuto rispetto alle altre già cambiate o limitate come il Reddito di Cittadinanza o il Superbonus che ha creato una voragine profondissima nei conti pubblici senza neanche favorire l’edilizia sportiva e costringendo il governo a tagliare qua e la. E nel mezzo c’è finito anche lo sport, ovvio.
UN TAVOLO TRA SPORT-MEF-BETTING PER PARLARE DI NUOVE FORMULE D'AIUTO AL CALCIO
Ora, secondo la Gazzetta dello Sport, il calcio sarebbe in pressing e questo forcing pare abbia già prodotto un incontro al Mef tra Abodi e Giancarlo Giorgetti, finora rimasto sordo davanti alle numerose richieste del settore in generale in tema di riordino e di modifica del bando del gioco online così come delle proposte dello sport.
Obiettivo valutare quali strade possono essere percorse per aiutare un settore in crisi. Potrebbe essere aperto un tavolo di confronto tra l'esecutivo, i rappresentati del mondo del calcio e gli operatori del betting. Tra i possibili aiuti al pallone non vanno però esclusi assist per la costruzione di nuovi stadi o sgravi fiscali ad hoc: non un Decreto Crescita bis, ma comunque uno strumento per alleggerire la tassazione sui club. Un provvedimento studiato con grande attenzione e che si inserisca nel processo di riforma fiscale e di riduzione delle tasse per tutti gli italiani che il governo Meloni vuole portare avanti.
100 MILIONI IN MENO A STAGIONE PER 'COLPA' DEL DIGNITÁ
Come noto il decreto Dignità dal luglio 2019 vieta totalmente la pubblicità del gioco d’azzardo. Risultato? Il mondo del pallone ha perso 100 milioni a stagione come possibili introiti visto che quella del betting, negli anni, è sempre stata un’industria disposta a investire tanti soldi nel calcio visto il diretto rapporto tra tifosi, appassionati e scommettitori, profili compresi spesso nello stesso utente. : Quando è entrato in vigore il Decreto Dignità, ben 15 club di A avevano accordi commerciali, non tutti come main sponsor, con operatori delle scommesse. Soldi parzialmente rientrati, però, dalla possibilità di partnership e sponsorship con i siti di infotainment, i nuovi “punto news” che affollano ora gli stadi e il web oltre a qualche programma tv che riesce a comunicare qualcosa grazie ai comparatori quote concessi da Agcom nelle sue interpretazioni del divieto totale di advertising.
La Serie A chiede di tornare alla sponsorizzazione sulla maglia e sui led dello stadio dei vari brand di gioco e vietando invece gli spot pubblicitari e le iniziative di marketing delle aziende di betting con i calciatori e gli allenatori. Se passasse questa linea, gli introiti per le società potrebbero tornare ad essere importanti. Per le big, ma proporzionalmente anche per le altre.
Molte volte, però, esponenti del Governo hanno tarpato le ali a queste richieste dicendo chiaramente come non fossero in agenda. Evidenza confermata dalla manovra di bilancio e dal bando del gioco online che non offrono nessuno spiraglio alla riapertura della pubblicità.
NO A ULTERIORI PRELIEVI DAL BETTING, I SOLDI IL GIOCO LI PRODUCE GIÁ
Ma veniamo alla grande contraddizione di tutta questa storia. Abodi ha detto nelle scorse settimane: “Trovo corretto che anche gli organizzatori degli eventi (i club, ndr) possano partecipare alla catena del valore. Oltre allo Stato, agli scommettitori e ai concessionari delle scommesse, c’è un quarto soggetto (i club, ndr) che merita di partecipare alla distribuzione degli utili”. Un prelievo dello 0,5% sul totale delle scommesse sportive, come quello deciso dallo Stato dal maggio 2020 al dicembre 2021 per fronteggiare la crisi dovuta al Covid (circa 100milioni destinati ai lavoratori del settore), non pare un provvedimento replicabile (neppure limitato al solo calcio) anche perché è ancora oggetto di contenziosi a distanza di anni. I soldi, come abbiamo già detto, ci sono. Il gioco produce 11 miliardi che potrebbero crescere a 12 nel 2023 viste le previsioni importantissime del betting online e retail che sono cresciute con percentuali di doppia cifra nell’anno appena archiviato.
E tutti i soldi prodotti da betting e dal gioco pubblico dove finiscono? C’era all’epoca in cui il Coni gestiva direttamente le scommesse, una quota che andava dritta dritta nelle casse dello sport.
La domanda è: quella quota di tasse è stata sempre versata negli anni in cui la gestione è passata direttamente allo Stato tramite l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli o i vari governi hanno attinto al gioco per coprire la spesa pubblica in generale?
Forse meglio studiare soluzioni alternative su un settore già vessato e che vede aumentare le concessioni al prossimo rinnovo da 250mila euro a 7 milioni.
La “Rosa” parla di una percentuale dei ricavi degli operatori, ovvero la differenza tra incassi e vincite, per quel che riguarda le puntate sul pallone, ma c’è il rischio concreto che qualche operatore internazionale o campionato estero presenti ricorsi. E applicarla solo sulle scommesse sul calcio italiano? La cifra sarebbe più bassa e la percentuale dovrebbe salire. Ecco perché vanno studiate soluzioni alternative all'utilizzo di una percentuale sugli incassi e sui ricavi. E il ritorno di sponsorship su maglie e stadi vietando il resto sembra l’unica cosa sensata per cui sedersi attorno a quel tavolo che viene ipotizzato in queste ore.