“Nella causa Laezza si chiede che venga posto definitivo rimedio a quindici anni di discriminazioni, preclusioni e asimmetrie competitive ma, soprattutto, che siano definitivamente rimossi le tutele, le protezioni e gli indebiti vantaggi concorrenziali in favore dei vecchi concessionari derivanti, anche, da clausole che prevedono la devoluzione gratuita dei beni in caso di revoca o di scadenza di una gara della durata di appena 40 mesi”. E’ Daniela Agnello, difensore della signora Laezza, titolare del centro Stanleybet, nel procedimento penale davanti al Tribunale di Frosinone e davanti alla Corte di Giustizia UE, a commentare le conclusioni dell’avvocato Generale Nils Wahl.
“L’avv. Generale Wahl ha evidenziato che la clausola di cessione a titolo non oneroso imposta dall’art. 25 dello schema di convenzione, applicabile alle concessioni rilasciate a seguito della gara del 2012, è potenzialmente costitutiva di una restrizione alle libertà di stabilimento e di prestazione di servizi. In particolare, l’Avvocato Generale delinea la clausola come: una misura svantaggiosa per i nuovi operatori economici; un obbligo idoneo a rendere meno interessante l’esercizio di tale attività economica; il rischio per un’impresa che può scoraggiarla dal partecipare a una gara d’appalto di questo tipo; un obbligo che può essere accompagnato da obblighi supplementari e ulteriori e, quindi, risultare ancor più vincolante e dissuasivo, con conseguenze economiche non trascurabili”.
La misura controversa riferisce l’Avvocato Generale dev’essere applicabile solo in ipotesi estreme e chiaramente circoscritte, al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi invocati e conclude affermando che dev’essere imposta in maniera non discriminatoria, obiettiva, coerente e trasparente, dev’essere giustificata da motivi di interesse legittimo, e dev’essere proporzionata rispetto all’obiettivo perseguito.
“Anche la Commissione UE - prosegue la Agnello - nelle osservazioni scritte e orali aveva evidenziato la valenza discriminatoria della clausola affermando che il requisito della cessione “sia particolarmente restrittivo, specie per gli ulteriori obblighi a questa connessi”, e che “l’art. 25 … impone ai concessionari del 2012 una serie di obblighi dalle prevedibili e consistenti implicazioni economiche, con effetti sul piano della convenienza economica dell’acceso alla gara”.
In tale contesto giurisprudenziale occorre evidenziare che la concreta applicazione di tale clausola non ha precedenti: non è stata mai applicata alla scadenza delle concessioni del 1999, non è mai stata applicata ai casi di revoca delle concessioni del 2006.
E’ stata inserita nell’ambito delle nuove concessioni e la sua applicazione è certamente rimessa alla piena discrezionalità dell’amministrazione, creando una sorta di potere di “confisca” dei beni da parte della P.A. La Stanley è stata esclusa dalle gare del 1999 e del 2006, non ha potuto accedere alla gara del 2012 perché prevedeva clausole discriminatorie ed escludenti. In realtà, stiamo parlando di una gara che è stata oggetto di ben 38 rinvii pregiudiziali da parte dei giudici nazionali, tra cui la Corte Suprema di Cassazione. Questo è sicuramente un fatto che deve far riflettere”.
In Italia, inoltre, in attesa della sentenza della Corte, in contrasto con tutte le proclamate finalità di “lotta alla criminalità collegata ai giochi”, con la recente legge di stabilità 2015 si è aperto il settore delle scommesse a un numero ingente di operatori senza alcun preventivo controllo di polizia. “Con la legge di Stabilità 2015, chiunque, nelle more del procedimento amministrativo – anche il soggetto appartenente a organizzazioni criminali o delinquente professionale – può svolgere l’attività di scommesse. Il controllo di pubblica sicurezza avverrà ma solo in epoca successiva all’avvio dell’attività. Ancora una volta, in Italia, le esigenze di entrate erariali prevalgono sulla tutela dell’ordine pubblico. Anche con riferimento alla finalità di riduzione delle occasioni di gioco le nuove leggi incentivano le opportunità di nuovi e ulteriori giochi”, spiega ancora.
Nella causa Laezza si inserisce tutta la giurisprudenza e la storia della società Stanley: “La nostra società è stata esclusa, discriminata e vincolata nell’accesso al sistema concessorio italiano. La società, nel periodo 1999-2014, nel solo ambito penale, ha subito oltre 3.200 procedimenti instaurati per il reato di organizzazione abusiva di scommesse e oltre 1.400 sequestri. A ciò si aggiungono oltre 1.900 procedimenti innanzi ai Giudici Amministrativi.
Il Gruppo Stanley ha subito il gravissimo danno conseguente alla chiusura forzosa dei suoi centri, allo scoraggiamento dei loro titolari costretti a cessare l’attività e alla diffidenza ingenerata nel pubblico dei consumatori.
Nella causa Laezza si chiede che venga posto definitivo rimedio a quindici anni di discriminazioni, preclusioni e asimmetrie competitive ma, soprattutto, che siano definitivamente rimossi le tutele, le protezioni e gli indebiti vantaggi concorrenziali in favore dei vecchi concessionari derivanti, anche, da clausole che prevedono la devoluzione gratuita dei beni in caso di revoca o di scadenza di una gara della durata di appena 40 mesi”.