Alla Corte Ue nuovo 'bivio' per le scommesse italiane: si decide sul bando 2mila punti
Per l'ennesima volta in queste ore la Corte di Giustizia Europea è chiamata a dire la sua su una vicenda tutta italiana, solo ed esclusivamente italiana: la 'guerra' infinita tra il modello concessorio delle scommesse gestito dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato e riconosciuto dalla stessa Ue, e i Ctd che hanno contestato in questi anni qualsiasi framework legislativo italiano eludendo, di fatto, qualsiasi contributo all'erario sia in termini di autorizzazioni e licenze che sottoforma di tasse. In aula, accanto all’avvocato dello Stato, è presente anche il direttore dell’ufficio normativa dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Italo Volpe.
E la Cge oggi esaminerà le richieste relative alla conformità bando per 2.000 punti scommesse assegnati a maggio 2013 per solo un paio d'anni e, come noto, a prezzi ridotti. La promessa era quella di un bando 'blindato' ma, come al solito, una falla i legali dei Ctd l'hanno trovata piazzando la miccia a dovere e liberandosi per l'ennesima volta dai contributi da erogare sul suolo italiano.
Un ricorso in Consiglio di Stato di Stanleybet ha costretto i giudici a rinviare il tutto alla Corte del Lussemburgo. Altri rinvii sono arrivati da altri tribunali locali e amministrativi regionali fino alla Cassazione.
Il paradosso è che siamo alla sesta volta che il regime concessorio finisce sotto esame in Corte di Giustizia Europea. Possibile che legali e tecnici non riescano a scrivere bandi conformi alla legge europea e che, come accade in altri Paesi membri, definiscano un gioco legale senza trascinarsi dietro agenzie e siti borderline?
In rappresentanza della Commissione Ue è intervenuta Elisabetta Montaguti, la quale sottolinea: “Un limite di durata, che esclude in partenza la possibilità di recupero degli investimenti necessari, costituisce un deterrente all’ingresso dei nuovi operatori, così da limitare l’esercizio della libertà di stabilimento e di prestazione di servizi. Così si priva gli esclusi di uno strumento utile per entrare nel mercato delle scommesse”.
E Robeto Jacchia, legale di Stanleybet Malta aggiunge: “L’allineamento della scadenza di tutte le concessioni all’anno 2016 ha natura puramente economica e organizzativa e, quindi, non risponde, ad un motivo imperativo di interesse generale. Tale esigenza non è, di conseguenza, idonea a giustificare la discriminazione dei nuovi aggiudicatari e potenziali aggiudicatari delle concessioni del 2012 nei confronti di quelli preesistenti, che l’asimmetria di durata inevitabilmente comporta”.
Da parte sua, l’avvocato dello Stato, Sergio Fiorentino, aggiunge: “Gli investimenti iniziali sono tutt’altro che proibitivi e comunque tali da essere remunerati nell’arco di un quadriennio. Poi, non è chiaro quale possa essere il vantaggio accordato ai precedenti concessionari, anzi Stanleybet opera già sul mercato italiano e dispone di esercizi affiliati dotati di mezzi telematici, di schermi televisivi, e di schermi per il virtual gaming”. Per quanto riguarda l’allineamento delle concessioni “è più agevole ed economico gestire licenze che scadono contemporaneamente, in modo da ricollocare tutti i diritti messi a gara”.
LA SENTENZA - L'avvoca Agnello, interpellata da Gioconews.it, sottolinea: "La sentenza verrà resa nota tra qualche mese, ma siamo fiduciosi".