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Cassazione: 'Giusto sequestro apparecchiature Ctd illegale'

22 febbraio 2016 - 13:25

Corte di Cassazione ribadisce: Ctd possono operare solo per conto di concessionari con licenza in Italia, o aderenti a 'sanatoria' Stabilità 2015.

Scritto da Redazione GiocoNews

 

"La qualificazione di quanto in sequestro corpus delicti è certamente esatta con riguardo alle apparecchiature informatiche 'in quanto mezzi attraverso cui l'attività veniva esercitata essendo
evidente il rapporto di immediatezza tra i beni in sequestro e la fattispecie
contestata laddove, per la documentazione sequestrata la stessa è stata correttamente qualificata come cosa pertinente al reato, essendo logicamente implicito che la necessità probatoria dell'acquisizione
della documentazione su supporto cartaceo ed informatico discende direttamente dalla conformazione di condotta criminosa contestata all'attuale ricorrente, ovvero dall'esercizio in forma abusiva dell'attività di intermediazione nella raccolta di scommesse per conto di un allibratore straniero, mediante le predette
apparecchiature informatiche stante la necessità di un collegamento via internet per lo svolgimento di tale attività".

Questa è una delle motivazioni con cui la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del titolare di un Ctd contro il decreto di convalida del sequestro probatorio emesso dal Pm del tribunale del riesame di Messina.

 

NON BASTA SOLO AUTORIZZAZIONE DI POLIZIA - I giudici hanno poi ribadito che nei locali in cui si esercita l'attività di scommessa, gli apparecchi da divertimento "possono esservi installati solo se l'imprenditore è in possesso della licenza di polizia di cui all'art. 88 Tulps" e che tale norma prevede una sanzione espressa "anche per l'eventuale installazione o utilizzo di apparecchi di tipo Awp. 
 
"La ratio della disposizione prevista dalla lett. f bis), infatti, è quella di impedire l'utilizzo di apparecchi da divertimento ed intrattenimento in luoghi non sottoposti ai prescritti controlli di polizia, tenuto conto della pericolosità sociale di tali congegni e dell' esigenza che il loro uso avvenga solo in luoghi che abbiano ricevuto tutte le autorizzazioni previste per l'esercizio delle attività in esse effettuate. Pertanto, i centri che operano in mancanza dell'autorizzazione di polizia (perché non richiesta o perché sia divenuto definitivo il provvedimento di diniego della Questura) subiranno la sanzione prevista dalla lett. f bis) laddove consentano l'uso degli apparecchi previsti dall'art. 110, comma 6, Tulps, realizzandosi la fattispecie di 'luoghi [ ] aperti al pubblico [ ] non muniti delle prescritte autorizzazioni, ove previste'. E', quindi, corretta l'esegesi offerta dal tribunale del riesame, ed infondata quella della difesa, laddove dalla stessa ordinanza impugnata emerge inequivocabilmente che il ricorrente aveva esibito agli organi accertatori in sede di accesso ispettivo la sola richiesta di autorizzazione per l'esercizio delle scommesse ex art. 88 Tulps indirizzata alla Questura di Messina con la conseguente comunicazione di avvio del procedimento da parte del Commissariato P.S. di Milazzo, senza tuttavia essere la stessa in possesso, per quanto di interesse, della licenza di PS prescritta dal predetto art. 88 Tulps, al
momento dell'accertamento. Correttamente, pertanto, è stata ritenuta sussistente la violazione ipotizzata, avendo fatto i giudici del riesame buon governo del principio, già affermato da questa Sezione, secondo cui integra il reato previsto dall'art. 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 l'esercizio di scommesse svolto in Italia per conto di un bookmaker  straniero senza avere ottenuto l'autorizzazione di polizia di cui all'art. 88 Tulps (essendo evidente che la mera richiesta di autorizzazione con la comunicazione dell'avvio del procedimento non hanno valenza equipollente al rilascio del titolo autorizzatorio), anche se l'allibratore straniero delegante sia stato regolarmente autorizzato nel suo Paese".
 
SOCIETA' PRIVA DI CONCESSIONE - Nella sentenza poi si legge che "in tema di raccolta non
autorizzata di scommesse, non può invocarsi, per escludere il reato di cui all'art.4 della legge n.401 del 1989, la contrarietà del sistema interno delle concessioni con le libertà eurounitarie di stabilimento e di prestazione di servizi, allorquando non ricorrono le condizioni per ritenere che nei confronti del soggetto per conto del quale opera l'agente, sia stato dispiegato un comportamento discriminatorio sotto il profilo di una arbitraria esclusione dalle gare per il rilascio delle concessioni ovvero di un impedimento a parteciparvi in condizioni di parità con gli altri concorrenti (Sez. 3, n. 19462 del 27/03/2014 - dep. 12/05/2014, P.M. in proc. Ianetti e altro, Rv. 259756). Sul punto, come correttamente rilevano i giudici del riesame, i predetti elementi non risultano ricorrenti nel caso di specie, in quanto il ricorrente non risulta aver comprovato né addotto di aver patito una discriminazione", non risultando che la società per la quale il ricorrente effettua attività di raccolta scommesse - munita di titolo concessionario in Malta - "abbia mai partecipato ad una gara per l'assegnazione di una concessione in Italia né che la stessa sia stata esclusa illegittimamente. Non è soggetto giuridico decaduto dalla concessione, bensì una società che non risulta nemmeno aver partecipato al cosiddetto bando Bersani".
 
SISTEMA CONCESSORIO ITALIANO E' LEGITTIMO - I giudici del riesame, ribadisce la Cassazione, "inoltre, si soffermano sulla legittimità del sistema di diritto interno, svolgendo alcune significative e puntuali riflessioni con riferimento al cosiddetto bando Monti del 2012, richiamando la recente decisione della Corte di Giustizia europea (sentenza 22 gennaio 2015, in causa C-463/13 Stanley International Betting Ltd e a./Ministero dell'Economia e delle Finanze e a.), in cui la Cgue ha dichiarato che il diritto dell'Unione non osta a che l'Italia indichi, ai fini di un allineamento temporale delle scadenze delle varie concessioni, una nuova gara volta all'attribuzione di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato. L'affermazione difensiva, dunque, secondo cui vi sarebbe una persistente illegittimità dell'intero sistema concessorio italiano viene ad essere correttamente definita fuorviante dai giudici del riesame, non potendo sostenersi che la procedura di emersione introdotta dall'art. 1, comma 644, della legge n. 190 del  2014 dimostri che il legislatore italiano non ha inteso ridurre le occasioni di gioco, ma le avrebbe al contrario incrementate a fini fiscali, con ciò facendo venire meno la condizione legittimante secondo la pronuncia Cgue, il sistema concessorio italiano; sul punto, secondo il tribunale, ritenere - come fatto dalla difesa - che aderire o meno alla procedura di emersione sia indifferente al fine di legittimare l'attività svolta sarebbe una conclusione del tutto fuorviante.
Convincente e giuridicamente corretta è invero la spiegazione fornita dal tribunale, il quale ben chiarisce come la procedura prevista dall'art. 1, comma 644 della legge di stabilità 2014, lungi dal sancire la sopravvenuta inutilità dei titoli concessori, consente, nel rispetto delle perviste condizioni disciplinate dalla
legge, alle società estere che aderiscano alla procedura, di ottenere l'attribuzione di licenze temporanee per l'esercizio di attività che viene sottoposta a rigida regolamentazione amministrativa, potendo, tra l'altro, l'attività di scommesse essere esercitata solo in determinati punti di raccolta, i cui dati identificativi
vanno allegati al provvedimento concessorio stesso; la nuova normativa temporanea, proseguono correttamente i giudici del riesame, !ungi dal sancire la non necessità di titoli concessori, attribuisce a date condizioni titoli provvisori, subordinati a rigidi presupposti e controlli da parte della competente autorità
amministrativa, sicchè i soggetti che hanno aderito alla disciplina dell'emersione non esercitano la propria attività a prescindere dall'autorizzazione di P.S., ma la ottengono all'esito del procedimento, se possiedono tutti i requisiti di legge. Né, del resto, come correttamente affermato dalla stessa ordinanza, appare
possibile ritenere che la normativa introdotta dalla richiamata legge di stabilità 2015 ponga restrizioni alle libertà sancite dal Trattato UE per ragioni fiscali, atteso che proprio la legge n. 190 del 2014, incrementando le concessioni provvisorie, rimuove limiti all'esercizio del diritto di stabilimento, subordinandone legittimamente il rilascio all'adesione ad una complessa procedura, volta a verificare in capo al concessionario pro tempore la sussistenza delle condizioni per la tutela dell'ordine pubblico, non essendo quindi parso necessario al tribunale - vertendosi ex art. 267 Tfue in ipotesi di rinvio facoltativo - adire la Cgue in sede di rinvio pregiudiziale, posto che la questione di legittimità comunitaria si appaleserebbe infondata".
 

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