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Bva Doxa: 'Gioco, proibizionismo beneficio per illegalità'

24 marzo 2022 - 11:19

La nuova ricerca della Bva Doxa ribadisce quanto la contrazione del gioco pubblico a causa della sovra-legiferazione locale lasci campo libero all'illegalità.

Scritto da Redazione
Bva Doxa: 'Gioco, proibizionismo beneficio per illegalità'

Roma - Una forte perplessità sull'effettiva efficacia delle normative locali vigenti in materia di gioco, mettendone in evidenza una serie di limiti che riverberano su diversi aspetti legati al gioco, nelle implicazioni economiche e in quelle legate al contrasto dell’illegalità: ad esprimerla gli stakeholders facenti parte della filiera del gioco protagonisti della ricerca "Il contrasto ai rischi derivanti dai disturbi da gioco d’azzardo” condotta da Bva Doxa, presentata oggi, 24 marzo, a Roma.

In tutte le realtà territoriali prese in esame si rileva un forte allineamento nel vissuto dell’impianto normativo attuali, che mostra per tutti limiti nell’efficacia. Nonostante vengano segnalate delle differenze anche profonde nelle diverse situazioni: con la Puglia considerata una situazione “privilegiata” grazie alla spinta revisionista sulla tipologia di luoghi sensibili su cui applicare il distanziometro e il principio della non retroattività verso le attività già in essere; con il Lazio in posizione più interlocutoria per via delle proroghe all'applicazione integrale della normativa; con Piemonte ed Emilia Romagna nelle situazioni più severe, a causa dell'inflessibilità con cui si intende applicare la normativa ed una forte componente espulsiva del distanziometro.

 

L’ANALISI DEL GIOCO PUBBLICO E DEI GIOCATORI – Ecco i risultati della ricerca, in sintesi, mentre il testo integrale è consultabile nel testo allegato a questo articolo.
Se si guarda al gioco dal punto di vista della tutela della salute e dell'ordine pubblico emerge che è un comparto normato e sicuro, un baluardo contro l’illegalità; dal punto di vista economico consente un gettito da emersione vantaggioso per la collettività tutta, e consente la nascita di un vero tessuto imprenditoriale; è una filiera che, tra diretto e indotto, crea tantissima occupazione.
Il gioco pubblico, nella percezione di molte delle categorie coinvolte, annovera una serie di importanti elementi premianti, che lo rendono un comparto essenziale nel tessuto sociale ed economico del Paese. Tuttavia, appare vittima di alcuni elementi distorsivi, che contaminano il vissuto dell’opinione pubblica e conseguentemente della gestione istituzionale.
Nel complesso, sono mancati: una corretta valorizzazione della contrapposizione del gioco legale contro quello illegale; un’adeguata valorizzazione dei concessionari e degli operatori come figure in possesso di requisiti e professionalità indiscusse; una regolamentazione iniziale della quantità di offerta, e questo ha coinciso con un momento storico -sociale critico per il Paese.
 
LA VISIONE DEL GIOCATORE - Il vissuto delle categorie coinvolte è realistico e onesto: il Gap è un disturbo esistente e il suo contrasto deve essere un obiettivo costantemente all’ordine del giorno. Tuttavia, attorno al giocatore ed al giocare patologico si nota nel tempo uno storytelling non corretto nell’opinione pubblica: l’ampiezza del fenomeno viene sovradimensionata, i giocatori tutti “appiattiti” sulla rappresentazione del giocatore patologico; l’offerta di gioco, di per sé elemento neutro, diviene, nel sentiment comune, la causa diretta delle derive patologiche della relazione con il gioco. Il gioco in quanto tale è per l’opinione pubblica, e per chi decide di strumentalizzarla, il nemico tout court.
 
UNA VIA SBAGLIATA - Sulla base di questa cornice, l’impianto normativo sembra percorrere una via sbagliata, perché si fonda su una fotografia non corretta dei giocatori, in massima parte sociali, ma comunque a rischio, da salvare a tutti i costi e con tutti i mezzi. Perché mette in correlazione la disponibilità dell’offerta con la propensione al gioco patologico, ponendosi come obiettivo una generalizzata “de-giochizzazione” ed un attacco indiscriminato al gioco tutto, anziché concentrarsi su quelle misure realmente in grado di facilitare un recupero della relazione problematica o una prevenzione della stessa.
 
ANALISI DELLE NORMATIVE CONTRO IL GIOCO PATOLOGICO - Nel principio di fondo, il set normativo sembra puntare ad una prevenzione verso tutti, attraverso l’inibizione spaziale, temporale e sensoriale della possibilità di giocare, mettendo in correlazione il giocare patologico con il gioco stesso, dunque di fatto screditando un intero comparto. Oltre a questo, si tratta di una ratio efficiente più per il giocatore sociale che per quello patologico, che rischia di intraprendere percorsi di gioco più rischiosi e più difficilmente monitorabili. Infine, indebolisce e ostacola il presidio del gioco legale, concedendo un vantaggio competitivo all’offerta di gioco illegale.
La normativa è frammentaria e disorganica, a causa di una capacità legiferativa da parte degli Enti locali che si sovrappone in modo spesso discrezionale alla cornice normativa nazionale. È priva di un costruttivo confronto tra le parti in causa, dunque non tiene conto delle molteplici implicazioni e conseguenze della sua applicazione, ad esempio a livello economico e occupazionale. Si basa su un criterio di inibizione dal sapore topografico e tecnico, privo di un’essenziale base di studio del tessuto del territorio su cui si va ad agire. È in sintesi una normativa che si muove in modo poco lucido, quasi un voler correre ai ripari, demonizzando il gioco tutto anziché governarlo per rendere efficace una strategia di contrasto al gioco patologico.
Il distanziometro genera un diffuso scetticismo perché di fatto scoraggia il giocatore sociale, attuando una prevenzione su chi non ne ha bisogno, ma spinge invece il giocatore problematico o patologico verso altre soluzioni e canali di gioco, spesso più rischiosi. Perché, a causa dei molti luoghi sensibili – frutto di sovra-legiferazioni territoriali rispetto alla cornice normativa di partenza – si indebolisce il presidio del gioco legale nel tessuto urbano del territorio, lasciando campo libero all’offerta illegale. Perché si rivela di fatto una misura espulsiva, che rende impossibile la ricollocazione dell’attività, con pesanti risvolti di ordine economico e occupazionale.
Molti i rischi intravisti, proprio per quei giocatori che dovrebbero essere destinatari elettivi delle misure previste perché rendere complessa e difficile da raggiungere l’offerta di gioco non vuol dire eliminare la propensione al gioco, ma potrebbe portare ad una ricerca di semplificazione più rischiosa: il mondo dell’online, un’offerta illegale. Perché delocalizzare il gioco rischia di creare dei pericolosi ghetti di gioco, lontani dalla possibilità di monitoraggio sociale del giocatore, dunque favorevoli ad un giocare più disinibito e ad un contatto con l’offerta illegale: il distanziometro crea giocatori invisibili, che non avvertono più il fisiologico freno del controllo e dell’esposizione sociale.
Quanto alle misure legislative in atto nei diversi territori, appaiono particolarmente severe in Piemonte ed Emilia Romagna, in cui la misura si esprime retroattivamente e si applica la massima estensione dei luoghi sensibili, mettendo a repentaglio attività e posti di lavoro.
Interlocutoria ed in impasse la situazione del Lazio, in cui le proroghe all’applicazione del distanziometro genera incertezza tra gli operatori di gioco e una forte inibizione ad assumere rischi di impresa e ad investire.
Relativamente più “leggera” e favorevole in regioni come la Campania o la Puglia – spesso citate come un virtuoso esempio da cui trarre spunto – che grazie alla revisione dei luoghi sensibili e alla non retroattività delle misure sembrano regioni che hanno intravisto un più corretto modo di intendere e gestire le normative.
Sono quindi evidenti le ripercussioni intraviste di ordine economico e sull’occupazione, con forti differenze tra le diverse regioni in test.
Un elemento di particolare preoccupazione è rappresentato dalla reale avanzata dell’offerta illegale di gioco che trae vantaggio dalla selva di regole e limitazioni che affliggono il comparto legale, che potrebbe rappresentare una forma di semplificazione per il giocatore a cui viene sottratta un’offerta di gioco legale, che si fa sempre più difficile da raggiungere, mentre la criminalità potrebbe contattare ed infiltrarsi nel comparto legale, approfittando delle crescenti difficoltà che l’operatore di gioco incontra, senza che i giocatori ne siano consapevoli. Alla base di queste considerazioni c’è l’assunto, largamente condiviso, che ogni forma di proibizionismo produce un beneficio per l’illegalità.
Gli stakeholders del mondo sindacale mettono in evidenza i rischi sul piano dell’occupazione. A causa della natura espulsiva e della retroattività dei distanziometri, non sempre è possibile ricollocare le attività di gioco, con conseguente chiusura delle attività e dei posti di lavoro. La riduzione degli orari di apertura dei luoghi di gioco e la necessità di riposizionare personale proveniente da altre sale costringe a ridefinire orari di lavoro e retribuzioni, con un tangibile svantaggio per i lavoratori. Questa situazione è aggravata dal periodo pandemico, durante il quale il mondo del lavoro legato alla filiera è stato escluso, o non adeguatamente incluso, nelle strategie di gestione messe in atto, con evidenti difficoltà nel far valere il diritto al lavoro di questi impiegati.
Il divieto di pubblicità è un’occasione mancata per educare, e genera maggiore disorientamento se ben gestita, la comunicazione sul gioco viene vista come un potenziale strumento di formazione al gioco responsabile, attraverso la possibilità di veicolare un corretto messaggio e di farlo arrivare a molti. La pubblicità è un innegabile elemento di orientamento verso il gioco legale: eliminarla si traduce in una maggiore difficoltà per il giocatore di distinguere un operatore sicuro da uno che non lo è. Il divieto di pubblicità sotto forma di sponsorizzazione (ad esempio sportiva) incide negativamente sugli investimenti, ma non evita che il giocatore sia esposto a forme di comunicazione proveniente da altri Paesi.
Operatori del gioco e mondo sindacale mettono in evidenza una questione reputazionale che va risolta. Gli operatori del gioco pubblico sentono di essere oggetto di uno storytelling sbagliato, che li descrive come figure rapaci, che traggono vantaggio dalle derive patologiche dei giocatori, anziché essere considerati degli alleati delle istituzioni, profondi conoscitori del comparto e per tanto meritevoli di maggiori poteri e voce in capitolo sulla gestione delle strategie da intraprendere. I lavoratori, nell’ottica di chi li rappresenta a livello sindacale, scontano la generalizzata demonizzazione verso il comparto: è difficile rappresentarne il diritto al lavoro, tendono ad essere considerati lavoratori "di serie B", né la loro tutela risulta prioritaria nell’analisi costi-benefici delle normative che puntano a comprimere l’offerta di gioco.
 
LE PROSPETTIVE FUTURE E IL TEMA DEL RIORDINO - Il riordino sembra un’autentica chimera: un traguardo di cui si parla da tanto, ma che non viene ancora affrontato in modo incisivo. Molti gli “ingredienti” essenziali segnalati dalle categorie coinvolte nella ricerca: fondamentale la centralizzazione dell’impulso normativo, che deve essere in chiave nazionale, minimizzando la discrezionalità degli Enti locali; importantissimo un confronto costante tra le parti, che riunisca allo stesso tavolo le esigenze dei giocatori, degli operatori del gioco pubblico e del lavoratori, sfruttando competenze e professionalità del comparto; fondamentale ridefinire lo storytelling sul gioco, e rendere gli operatori del gioco pubblico delle figure chiave in un circolo virtuoso finalizzato al contrasto del Gap sottolineandone il cruciale ruolo di baluardo della legalità contro l’offerta di gioco illegale; qualificando l’offerta attraverso una seria selezione del mercato; dando agli operatori del gioco pubblico un maggior potere nelle azioni di contrasto al giocare patologico/problematico: possibilità di allontanamento dai luoghi di gioco, di monitoraggio, di comunicazione con serd (servizi per le dipendenze patologiche) ed enti preposti alla presa in carico; continuando e potenziando le attività di formazione e comunicando all’esterno la deontologia dei providers di gioco.
Risulta essenziale invertire l’obiettivo emotivo della gestione del gioco pubblico: bisogna formare informare ed educare, non proibire e comprimere: promuovendo e potenziando le attività di formazione sui giocatori e futuri giocatori: presso le scuole, presso i luoghi di gioco, e ovunque sia utile diffondere un messaggio di gioco responsabile; informando sui benefici per la collettività del gettito proveniente dal gioco, sugli utilizzi che se ne fanno, con la messa a punto di piani che rimettano in circolo il denaro a vantaggio del gioco responsabile; veicolando attraverso i canali istituzionali, ma anche la comunicazione di brand, le modalità comportamentali da adottare nella relazione con il gioco.
 

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