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Imposta unica scommesse, Cassazione: 'Bookmaker esteri non discriminati'

20 agosto 2024 - 12:10

La Cassazione torna sull'applicabilità dell'imposta unica sulle scommesse per i bookmaker esteri operanti in Italia e conferma avviso di accertamento emesso dall'Agenzia dogane e monopoli.

Scritto da Fm
© Sergio D'Affitto / Wikipedia

© Sergio D'Affitto / Wikipedia

“La normativa italiana ha superato il vaglio della giurisprudenza unionale. La Corte di giustizia europea ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, perché l'imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza distinzione alcuna in funzione del luogo in cui essi sono stabiliti (Corte Giust., 26 febbraio 2020, in causa C-788/18, punto 21), di modo che la normativa italiana 'non appare atta a vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività di una società, quale la (omissis), nello Stato membro interessato'”.

 

A ricordare questo principio è la Corte di Cassazione nell'ordinanza attraverso la quale rigetta il ricorso di un concessionario maltese di scommesse contro la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana che aveva confermato la validità dell'avviso con cui l'Agenzia delle dogane e dei monopoli aveva accertato nei suoi confronti - quale coobbligato in solido di un centro trasmissione dati -  la debenza per l’anno 2010 dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse per l’importo di oltre 30mila euro.

 

 

Nelle premesse dell'ordinanza la Cassazione evidenzia che “le imposte sui giochi d'azzardo non hanno natura armonizzata; sicché i giochi d'azzardo rilevano, ai fini del diritto unionale, in relazione alle norme concernenti la libera prestazione di servizi presidiata dall'art. 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea”.

 

Inoltre, “nel settore dei giochi d'azzardo con poste in danaro, secondo costante giurisprudenza unionale, gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione dell'incitamento ad una spesa eccessiva collegata al gioco, nonché di prevenzione di turbative dell'ordine sociale in generale, costituiscono motivi imperativi d'interesse generale atti a giustificare restrizioni alla libera prestazione di servizi: per conseguenza, in assenza di un'armonizzazione unionale della normativa sui giochi d'azzardo, ogni Stato membro ha il potere di valutare, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi in questione implica, a condizione che le restrizioni non minino i requisiti di proporzionalità.

Il legislatore nazionale ha proceduto a questa valutazione, dichiarando, nell’art. 1, comma 64, della Legge 13 dicembre 2010 n. 220, i propri obiettivi, tra i quali si colloca '(...) l'azione per la tutela dei consumatori, in particolare dei minori di età, dell'ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore del gioco e recuperando base imponibile e gettito a fronte di fenomeni di elusione e di evasione fiscale nel medesimo settore'. La prevalenza dell'ordine di valori di ciascuno Stato membro comporta che gli Stati membri non hanno l'obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine di eliminare la doppia imposizione che risulta dal parallelo esercizio della rispettiva competenza fiscale (Corte Giust., 26 febbraio 2020, in causa C-788/18, punto 23; per analogia: Corte Giust.,1 dicembre 2011, in causa C-253/09, punto 83)”.

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