Reddito di cittadinanza, la Cassazione dà ragione a metà a una giocatrice
La Cassazione accoglie motivo di ricorso di una donna condannata per aver omesso di dichiarare la disponibilità di somme utilizzate per scommettere nella richiesta del reddito di cittadinanza.
Scritto da Fm
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“La sentenza impugnata, con ragionamento non manifestamente illogico ed immune dalle censure sollevate, ha osservato che, a prescindere dalla paternità della richiesta di dichiarazione sostitutiva, detto documento è stato comunque utilizzato dalla ricorrente a sostegno della domanda finalizzata ad ottenere il beneficio del reddito di cittadinanza, e che tale utilizzo è avvenuto nella piena consapevolezza della non veridicità di quanto in esso attestato, in quanto riferibile alla propria situazione economica che la ricorrente evidentemente non poteva ignorare.”
Così la Corte di Cassazione, nella sentenza con cui rigetta parte del ricorso presentato da una donna contro la pronuncia della Corte d'appello di Brescia che nel 2023 ha confermato la condanna alla reclusione per la violazione della legge sul reddito di cittadinanza, per “aver omesso, al fine di ottenere indebitamente il beneficio economico del reddito di cittadinanza, di indicare nella dichiarazione sostitutiva unica per il calcolo dell'Isee, atto presentato dalla stessa nel 2019, di essere titolare di partita Iva e di aver avuto la disponibilità di un ingente patrimonio mobiliare utilizzato per scommesse su piattaforme digitali”.
La Cassazione ha invece accolto il motivo di ricorso proposto in relazione al fatto di aver omesso di indicare le disponibilità di cui sopra nella dichiarazione sostituiva unica per il calcolo dell'Isee presentata nel 2020, al fine di evitare la decadenza o successive variazioni e/o riduzioni dell'importo del reddito di cittadinanza.
In questo caso, si legge nella sentenza della Cassazione, il motivo di ricorso merita accoglimento in quanto “la Corte d'appello non ha speso alcuna argomentazione sulle doglianze difensive, prospettate in sede d'appello, nelle quali si deduceva il vizio dì travisamento della prova, non essendo stata la dichiarazione sostitutiva unica presentata dalla donna. A fronte di una contestazione che si limita a valorizzare la presentazione della Dsu e in mancanza di elementi indicativi della presentazione di una seconda richiesta del reddito di cittadinanza, la Corte d'appello non illustra le ragioni fondanti il giudizio di responsabilità”.
Per il secondo capo di imputazione quindi la sentenza va annullata, con rinvio per il nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia.