Si è insediato il nuovo direttore dell’Agenzia delle dogane e monopoli, Roberto Alesse, mentre il nuovo governo non ha ancora scoperto le carte anche solo sull’approccio che intende avere sul settore del gioco pubblico rimanendo sempre sul confine tra Inferno e Purgatorio, quello delle proroghe. Intanto i big del mercato festeggiano un 2022 super dal punto di vista della raccolta ma c’è anche un’altra realtà da raccontare, quella delle agenzie, degli imprenditori singoli che non hanno fondi di investimenti e banchi infiniti di bookmaker planetari dietro le spalle. Ed è in questo viaggio che ci conduce la mente esperta di Maurizio Ughi, presidente di Obiettivo 2016, ex numero uno di Snai ed esperto massimo delle scommesse d’Italia, dalla storia alla visione di futuro che dimostra di avere sempre chiara e cristallina.
Nomen omen, Obiettivo 2016, un brand che racconta da solo il momento del settore: sono sei anni, infatti che si aspetta un allineamento della pletora di concessioni, bandi, gare e chi più ne ha più faccia confusione, che lo Stato ha prodotto in 25 anni.
Partiamo da Adm, quindi: “Facciamo ovviamente un grande in bocca al lupo per il nuovo insediamento al direttore Alesse e anche i nostri sentiti complimenti per l’incarico ricevuto - attacca Maurizio Ughi - stiamo attendendo che venga definita la nuova struttura di piazza Mastai poi chiederemo un incontro per capire quali referenti avremo nel futuro e come recepiranno le nostre visioni e le nostre osservazioni sul settore. Di sicuro porteremo la voce delle piccole imprese che gestiscono le scommesse per conto delle grandi concessionarie”.
Ecco, come dicevamo, c’è un mondo che va assolutamente tutelato e compreso nel betting d’Italia? “Vorremmo rappresentare i piccoli operatori in confronto ai grandi concessionari che stanno sbandierando ai quattro venti che il 2022 è stato un grande anno con redditi da favola - prosegue Ughi - in realtà il territorio racconta un’altra storia che è quella di imprese che fanno 180mila euro di reddito complessivo, 15mila al mese tra slot e scommesse ma i numeri rischiano di non essere più sostenibili. Questa è la media ma c’è chi fa meno e chi fa più e con tutti i costi che derivano dai tanti adempimenti cui gli operatori devono rispondere, la raccolta non basta e i ricavi sono sempre più sbilanciati a favore di tanti oneri di diverso tipo. Se prima i costi crescevano perché bisognava aumentare il personale in sala perché la domanda di gioco era alta, adesso i costi degli adempimenti sono fissi e se hai poco o tanto lavoro non ha importanza.
Il tema delle nostre tracce era incentrato anche sulla recente esperienza di Ice London dove abbiamo incrociato Maurizio Ughi. Ecco, proprio l’analisi dello show di Excel si interseca alla perfezione nel discorso del presidente di Obiettivo 2016: “Di sicuro a Londra abbiamo potuto apprezzare un settore in piena forma e crediamo che Enada sarà una 'Ice bis' in versione italiana, ovviamente. Sono convinto che ci sarà molta partecipazione di aziende e di pubblico perché c’è una grande attenzione sul nostro settore. Tuttavia - si lega Ughi alla sua analisi - abbiamo visto davvero poca innovazione. Quasi tutto si concentra sui palinsesti e sulla gestione degli stessi oltre che dei servizi ad essi collegati. Per il resto non ho visto nulla di così trascendentale e di nuovo, appunto”.
Come agire, quindi? “Servono adeguamenti che possano agevolare sempre di più il gestore nell’ottemperare gli adempimenti di cui sopra e abbattere ancora di più i costi nel lato dell’accettazione per quello che rappresentavamo prima - prosegue il presidente Obiettivo 2016 - la nostra proposta al direttore generale sarà un contratto che tenga conto di professionalità e di competenza prima di tutto e non solo la capacità di ospitare clienti e fare raccolta e numeri selvaggi. La parola d’ordine deve essere competenza”.
L’analisi di mercato di Ughi è a sostegno di questo piano d’azione: “Perché le agenzie storiche sono quelle che fanno ancora il maggior fatturato? Semplice, perché sanno vendere e ospitare il pubblico. Ci sono due tipologie di agenzie, quelle che fanno intrattenimento e quelle che sono pure e semplici solo dedicate alla vendita. Alcuni piccoli punti pensano, ovviamente, solo alla raccolta mentre sale storiche e più importanti coccolano il cliente, lo tengono in sala e gli offrono anche qualcosa a metà giornata e alla fine accettano scommesse. La gente può scambiare opinioni, parlare, socializzare e quindi fare la propria giocata secondo le sue idee. Per noi è fondamentale che questi metodi non si perdano nel tempo perché i numeri sono dalla nostra parte. E questa dovrà essere la ricetta: stipulare un contratto fissato in collaborazione con Adm in modo che non ci siano più grosse diversità tra un concessionario e l’altro e tra un format di vendita e l’altro. Insomma, parità di trattamento sulla base di uno standard di servizi che vada a vantaggio della qualità del cliente”.
Il futuro, però, non sembra andare verso questa direzione: “Il settore è ormai in mano a fondi di investimento e quando comprano mettono soldi e vogliono che la cassa giri ad una certa velocità e che si facciano numeri - spiega Maurizio Ughi - le competenze contano sempre di meno mentre bisognerebbe riportare il settore ad un livello di umanità (e di qualità) più che basarsi esclusivamente sulle regole del denaro”.
Il settore si è dato appuntamento al 2024, cosa succederà in quel momento? “Nel 2024 l’obiettivo - analizza ancora Ughi - è di avere un’unica concessione che integri live e online. Nel 2000 quando vennero lanciati 1000 punti ippici e sportivi, i concessionari potevano vendere il prodotto tramite rete fisica e online. Ma non venne regolamentata la parte virtuale e alla fine tutto venne rinviato al 2006 quando, invece, si pensò (Bando Bersani, Ndr) di dividere il gioco fisico da quello online. La pandemia ha invertito i rapporti di forza di due modalità di raccolta complementari e nel 2024 si sta ragionando sull’unica licenza. Tuttavia il punto vendita sul territorio dovrebbe essere libero di poter scegliere il concessionario che vuole su una vetrina dove l’online si mette in mostra. Dopo 25 anni è giusto che il rapporto venga rovesciato dando l’opportunità agli operatori terrestri di non ricevere al buio l’offerta di un concessionario”.
Parlando di innovazione, qual è la vostra proposta: “Partiamo dagli esport, con mio figlio Luigi siamo creatori di un prodotto che lega questo settore al betting, una piattaforma molto importante che, però, per adesso non interessa ai concessionari almeno fino a quando non avranno più chiara la situazione sui diritti. Il regolatore, poi, non è propositivo in generale e ci sembra di avvertire anche un po’ di stanca anche se il prodotto merita attenzione e andrebbe preso in considerazione. Nell’accettazione abbiamo ideato una piattaforma molto più snella e che avrà molti meno costi per i gestori. Abbiamo rimosso tutte le periferiche e tutto ciò che può costare in termini di manutenzione e gestione del terminale self service. Questo dovrebbe consentire al titolare di diventare un direttore di sala in grado di stare dalla parte del cliente curandolo e intrattenendolo per mantenerlo nella propria agenzia”.
Finalino sulla politica? “Aspettiamo. È presto forse. Di sicuro il nuovo governo dovrebbe riabilitare il settore come immagine, sdoganarlo nuovamente agli occhi dell’opinione pubblica. Il motto è l’uso e non l’abuso di una scommessa, di una giocata. Prima serve creare questo clima, poi si potrà andare a parlare con le regioni”, conclude Maurizio Ughi.