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Slow betting, la burocrazia ucciderà le scommesse d'Italia?

24 maggio 2014 - 10:02

In questi mesi abbiamo parlato di scommesse analizzando le potenzialità di nuovi prodotti come i Virtual Games o il palinsesto complementare.

Scritto da Cesare Antonini

Due nuove modalità di gioco del betting italiano che, pur partendo sempre in ritardo rispetto al lancio del ben lontano 2006 e rispetto ad altri mercati internazionali, possono offrire nei prossimi anni nuove forme di guadagno e di sostentamento per il settore delle scommesse autorizzate in Italia. Potenzialità condivise e spiegate dagli operatori stessi e dagli analisti che hanno anche evidenziato alcune criticità del settore specie per il palinsesto complementare dove sembra ancora esserci qualche equivoco di fondo che potrebbe non sfruttare a pieno questa nuova incredibile possibilità di gioco.
Purtroppo parlando con i bookmaker che si trovano ad affrontare giorno per giorno le problematiche del settore, la sensazione è che ci siano problemi ben più grandi rispetto alla possibilità di giocare sulla corona d'Inghilterra o bettare su una corsa di cavalli finti. Quello che emerge è un sistema di gioco e di gestione dello stesso che, nonostante le aperture a nuovi modelli di betting, non riesce a sveltire la fase burocratica che è poi quella decisiva in un settore in cui l'attualità sportiva o ippica spesso mutano in un men che non si dica e le quote e le proposte di gioco necessitano di viaggiare veloci ed essere approvate ancor più rapidamente.

 


Antonio Ricci, Enjoybet.it

“Mentre il 'punto it' sta pensando di quotare un evento il 'dot com' sta già fatturando”. Potrebbe essere un aforisma da scrivere in un ipotetico sito che parla di letteratura sulle scommesse tanto è vero, chiaro, diretto. E Antonio Ricci, manager giovanissimo ma che vanta anche una grandissima esperienza internazionale nel settore, conosce bene il significato di questa frase: “Parlando di palinsesto complementare dobbiamo dire che ci teniamo tantissimo a questo tipo di scommesse che non possono non fare la differenza nel fatturato di un'azienda di betting. Purtroppo, avendo avuto l'opportunità di lavorare anche in altri ambienti, la certificazione di una scommessa è velocissima. Da qui questa considerazione, visti i tempi lunghissimi che l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato e Sogei hanno per l'approvazione e il collaudo delle proposte di gioco”.
Quindi il problema del 'dot it' è tutto nella lentezza dell'approvazione delle scommesse? “L'offerta del betting italiano aumenta ma c'è anche il rischio che aumenti la burocrazia e quindi che crescano i tempi per l'apertura di qualche mercato di scommessa. Tutto rischia di complicarsi per la lentezza delle procedure ed è anche questo il motivo per cui alcuni investitori sono preoccupati ad entrare nel mercato italiano. Tuttavia basterebbe poco per snellire le procedure e la speranza è che qualcosa avvenga da qui a qualche tempo per cercare di recuperare il terreno che si perde continuamente”.
Il prodotto 'dot it' delle scommesse rischia di non potersi mai avvicinare ad altri mercati con il pericolo che, alla fine, i giocatori si rivolgano a siti non autorizzati solo perché è possibile giocare una quota che in Italia non è ancora stata approvata.
Ma ci sono anche altre situazioni da analizzare, le scommesse live, ad esempio: “Nonostante siano cresciute un po', in Italia rappresentano ancora una quota troppo bassa della raccolta. Queste giocate sono il futuro del betting e in Italia non hanno ancora lo spazio che dovrebbero avere – spiega Ricci – tanto per fare un esempio i dati delle scommesse a quota fissa e quelle live andrebbero separati e non mischiati nello stesso calderone del gioco online. Sono due prodotti totalmente differenti e per comprendere le potenzialità delle scommesse live, ma anche i limiti, è necessario analizzare i dati separatamente. In generale il 'dot it', anche in questo caso, dovrebbe dare l'opportunità di scommettere davvero su tutto o, in ogni caso, cercare di allinearsi alla concorrenza”.
Tuttavia le scommesse in Italia sembrano tenere: “Nonostante la concorrenza acerrima del 'dot com' e la crisi generale, il betting italiano conserva la sua posizione. Anche noi nel nostro nuovo progetto abbiamo deciso di puntare su uno sport book ancor più da protagonista. In un mercato asfittico come quello del gaming di questi tempi bisogna puntare su un prodotto che possa dare una buona utenza e fidelizzare i clienti”, conclude Ricci.

Andrea Fersino, Betitaly.it
Dello stesso avviso è Andrea Fersino, uno dei personaggi storici del mercato del betting italiano dove, con la sua Betitaly, opera ormai dagli albori del settore sia nel retail che nell'online. “Il palinsesto complementare sarebbe anche una buona occasione per gli operatori ma per approvare una nuova proposta di gioco ci possono anche volere due mesi”, spiega Fersino.
I problemi cambiano anche in base alle conformazioni societarie dei bookmaker italiani. Altro giro , altra complicazione: “Proporre una nuova scommessa ha dei tempi differenti in base alla propria natura. Ad esempio chi è direttamente provider può avere tempi più brevi. Un concessionario legato a un provider o, ancora peggio, una semplice skin, rischia di vedersi allungare i tempi ancora di più per l'allungamento di tutte le procedure e per l'aumento dei passaggi tra un ufficio e l'altro e tra una società e un'altra ancora”.
Sempre più burocrazia in un settore, quello dell'online, nato per snellire le procedure della vita di tutti i giorni: sembra assurdo. A proposito, si fa un gran parlare anche delle scommesse virtuali, come stanno andando? “I numeri non sono quelli che in molti si aspettavano anche se riescono a colmare qualche vuoto di raccolta nelle agenzie quando mancano partite ed eventi da giocare”, proseguono da Betitaly.
Ma la lingua batte dove il dente duole: “Il problema è che da un anno e mezzo a questa parte il concessionario italiano soffre tantissimo e rischia giorno dopo giorno con la sua impresa. La concorrenza illegale è pesantissima e in Italia, per cercare di tutelare il giocatore e rispettare le leggi, non si fa altro che normare. Ma più si norma e più si appesantisce l'attività, mentre a due passi sorgono altre realtà senza licenza, senza leggi e con tutti i vantaggi di non avere i limiti del bookmaker italiano. Si parte sempre dalla parte sbagliata: prima si è creato un modello pulito e legale e poi lo stesso legislatore cerca ora di limitarlo sia con le leggi regionali che con tanti altri cavilli”.
Tutto giusto ma, sommata una regola sull'altra, le aziende sono asfissiate e gravate di costi di vario tipo.
Per fortuna che l'illegalità si combatte, verrebbe da pensare: “Le limitazioni delle distanze che molte leggi regionali vogliono inserire o hanno inserito, ad esempio, possono agire solo sulle agenzie con regolare licenza e quelle 'dot com' non vengono mai sfiorate da questi provvedimenti. Allo stesso modo i controlli sono più su quelle autorizzate che su quelle illegali: “La realtà è questa, siamo più controllati noi rispetto alle agenzie che non hanno conseguito una licenza italiana e la proporzione della frequenza delle verifiche è spaventosamente sbilanciata verso gli operatori legali”. Altre tasse, altri costi, magari qualche denuncia e l'operatore della porta accanto prosegue imperterrito e indisturbato.
E pensare che il territorio italiano era già saturo ma, se non altro, era coperto da tutti operatori legali: “Parliamo dei cosiddetti punti di commercializzazione ai quali venne fatta una guerra pazzesca, giusta, ma senza pensare agli effetti. La dove c'era un Pdc 'punto it' alla fine, non potendolo fare, l'esercente ha preferito aprire un Ctd 'dot com' o, addirittura, una bella agenzia nuova di zecca con tutti i comfort e ovviamente senza licenza. Avremmo bisogno di tutela e stabilità e che svanisca l'incertezza politica a livello generale e nel settore”. Ma sembra proprio che accada tutt'altro ormai da 2006 (anno della legalizzazione del settore) a questa parte.

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