Tar Lazio:' Scommesse ippiche, no risarcimento per ritardo licenza'
Il Tar Lazio respinge un ricorso per risarcimento danni di un'agenzia di scommesse ippiche per il ritardo nel rilascio della licenza da parte dei Monopoli.
E' "coerente alla funzione riparatoria del risarcimento dei danni calcolare – come ha fatto il commissario ad acta - la 'media degli utili di esercizio che la ricorrente ha prodotti, una volta ottenuta la delega per l'esercizio dell'attività di raccolta delle scommesse, da considerare per ogni singolo anno di mancata attività, valutato in relazione alla media ottenuta secondo il criterio del 10 percento' (così dispone la sentenza azionata) ponendo a base del relativo computo le reali condizioni del settore economico interessato negli anni in cui l’Agenzia ricorrente è stata illegittimamente privata della concessione; e non quelle, più favorevoli, relative ad anni successivi".
Con questa motivazione il Tar Lazio ha respinto il reclamo e il ricorso di un'agenzia di scommesse contro il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per "l'esatta ottemperanza alla sentenza del Tar Lazio del 2014, con cui le citate Amministrazioni sono state condannate a risarcire i ricorrenti dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, loro derivati a causa del ritardo nell'adozione del provvedimento di rilascio della delega per l'esercizio dell'attività di raccolta delle scommesse ippiche nella città di Taranto".
Ma, per il Tar Lazio è altrettanto infondato "il reclamo proposto dalle Amministrazioni debitrici è infondato; si può, pertanto, prescindere dalla eccezione di tardività sollevata dalla società che vi ha resistito. Non può essere condivisa, infatti, la critica che le Amministrazioni debitrici muovono alla quantificazione del danno emergente, che la sentenza (di merito) del Tar Lazio aveva individuato nella misura pari all’ammontare dei canoni di locazione sostenuti dal ricorrente per i locali da adibire a sede dell’attività, per il periodo di non attività dal 17 maggio 1984.
Secondo il reclamo proposto dall’Avvocatura erariale, in particolare, tale ammontare sarebbe rimasto privo di sufficiente riscontro probatorio, in quanto le ricevute dei canoni prodotte dalla società non sarebbero perfettamente intellegibili, e, inoltre, si riferirebbero solo al mese di novembre di ciascun anno del periodo interessato".
Al riguardo, conclude la sentenza, "il Collegio deve rilevare che nella proposta risarcitoria formulata dal Commissario ad acta non si rinviene operazione alcuna di quantificazione del danno emergente legato alla voce dei canoni di locazione, che è stata ritenuta dall’ausiliario questione da non affrontare, a differenza di quella legata al lucro cessante: e questa affermazione appare del tutto corretta, in quanto la prova di una specifica voce di danno trova la propria naturale sede processuale nel giudizio di merito, nel corso del quale (come attestano le due sentenze di questo Tar e del Consiglio di Stato in atti), peraltro, l’argomento non è stato oggetto di discussione tra le parti".