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Intelligenza artificiale in cerca di creatività, anche nel gioco

07 ottobre 2023 - 09:50

La stagione dell'innovazione è in pieno svolgimento grazie all'intelligenza artificiale: ecco le sue ricadute sul gaming e le sfide, anche in termini di tutela delle invenzioni, che essa comporta.

© Public domain pictures

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Alcuni giochi sono stati utilizzati come banco di prova delle potenzialità dei sistemi di intelligenza artificiale.

Ma perché? I giochi costituiti solo da regole di base sono l’ambiente ideale in cui può operare un'intelligenza artificiale (Ia); in presenza cioè di sole regole costitutive, i sistemi possono funzionare perché queste regole sono traducibili in dati, ovvero ciò di cui si ‘cibano’ i grandi software che chiamiamo sistemi di intelligenza artificiale.

Se noi pensiamo, per esempio, agli scacchi, possiamo affermare che sono le regole che fanno il gioco: una volta eliminate le regole infatti resta solo una scacchiera con delle pedine. E lo stesso vale, per esempio, per il gioco del Go o per la dama.

Diverso è invece il discorso per i giochi che, accanto alle regole, contemplano altre attività vincolanti, ovvero necessarie per lo svolgimento del gioco: pensiamo per esempio al calcio, oppure al tennis. In questi casi prima, ed oltre alle regole, c’è chi tira un calcio al pallone, oppure colpisce una pallina con una racchetta: questa attività è quindi impensabile per un sistema di intelligenza artificiale.

Ho già scritto che di Ia in realtà si parla da molto tempo, e tali sistemi hanno avuto una evoluzione lunga e complessa, ciò che è cambiato negli anni più recenti sono la capacità computazionale e l’entità dei dati che sono a disposizione: se in un primo tempo per creare un'intelligenza artificiale capace di giocare a scacchi era necessario ‘istruire’ il sistema con un numero molto elevato di partite di scacchi, ora, in presenza del cosiddetto machine learning, non è più necessario perché il sistema impara da sé stesso ed è sufficiente inserire le regole costitutive del gioco ed il sistema, in relativamente poco tempo, impara letteralmente giocando e quindi precostituendosi tutti i dati che gli occorrono per operare: più partite farà, maggiore sarà la sua capacità di vincere. I sistemi di Ia operano infatti secondo un criterio statistico: il sistema farà la mossa che gli attribuisce la maggiore probabilità di vincere la partita.

E i giochi di carte? Anche in questo caso sono le regole che costituiscono il gioco, per cui teoricamente un’intelligenza artificiale ben potrebbe essere applicata sia ai comuni giochi di carte come la briscola o scala quaranta, così come ai giochi di carte tipi delle Case da gioco come il poker o il blackjack.

Cosa cambia? Per quanto qui rileva l’elemento che distingue gli scacchi da un gioco di carte è la comunicazione imperfetta dei dati, cioè la mancata conoscenza delle carte dell’avversario. Anche in questo caso però il problema viene risolto facilmente se consideriamo che i sistemi operano in base a leggi statistiche, ovvero un calcolo delle probabilità di quali siano le carte in possesso dell’avversario. E infatti se noi facciamo una semplice ricerca sul web scopriamo l’esistenza di un programma di Ia progettato per giocare a poker, così come per il gioco della briscola, oppure della scopa. Per questi ultimi giochi è possibile infatti giocare on line come giocatore singolo sfidando diverse intelligenze artificiali che possono essere scelte in base a caratteristiche tra cui il grado di abilità.

Generalizzando è quindi possibile affermare che un’Ia possa essere applicata a qualsiasi gioco composto da sole regole costitutive a prescindere dalla conoscenza perfetta o imperfetta dei dati di gioco, quindi superando anche il problema dell’ignoranza delle carte dell’avversario, oppure del banco.

Un sistema di intelligenza artificiale potrebbe inventarsi delle regole costitutive? Questa è una bella domanda e arriva allo scopo di questo articolo, ovvero se un’Ia possa essere creativa per sé, cioè al di là dell’intervento umano. Certo è che le Ia possano essere utilizzate in modo per così dire “agevolativo” della creatività umana, lo scopo infatti è quello di essere uno strumento di aiuto per le attività umane. La soluzione però non è così semplice.

Nel 2021 un imprenditore americano ha depositato alcuni brevetti indicando come inventore un’intelligenza artificiale nota con il nome di Dabus. Al di là della sfida giuridica di riconoscere o meno la titolarità di un brevetto a un’Ia la domanda è se questo sia concretamente possibile.

Nella specie le invenzioni consistevano in un contenitore alimentare che migliora la sicurezza del prodotto durante la spedizione essendo in grado di cambiare forma e di una luce lampeggiante in situazioni di emergenza per attirare l’attenzione.

In relazione a queste due domande di brevetto si affermava che l’invenzione era stata ottenuta in modo autonomo dall’Ia e i programmatori non avevano neppure una competenza specifica nei settori di applicazione delle due invenzioni.

Ma questo è praticamente possibile?

Sempre più spesso l’intelligenza artificiale viene e verrà utilizzata, sia per agevolare le attività ordinarie - dalla ricerca alla scrittura di testi di varia natura, allo studio, alla traduzione - sia per lo svolgimento di attività pratiche difficoltose o pericolose se svolte dall’uomo.

Un discorso diverso merita di essere fatto per l’attività inventiva necessaria per ottenere un nuovo prodotto.

Un sistema di Ia può infatti facilmente individuare quale sia lo stato della tecnica che si ricava dai dati a cui ha accesso, ma che possa mettere in campo l’attività inventiva necessaria per un invenzione brevettabile, o la creatività per creare un’opera dell’ingegno tutelata dal diritto d’autore sembra quasi fantascienza.

Tuttavia se l’uomo riuscisse ad utilizzare in modo corretto le potenzialità offerte, o che potranno essere sviluppate dai sistemi di Ia, allora potrà sfruttarne al meglio le potenzialità creative e l’intelligenza artificiale potrà dare il via ad una stagione di grandi innovazioni.

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