Negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera e propria rivoluzione nel mondo del gaming: nascono associazioni dedicate a ragazze giocatrici, molte professioniste espandono le proprie competenze in ambiti come la comunicazione dei videogame, l’educazione, e le risorse umane.
Queste trasformazioni, se da un lato evidenziano le potenzialità di un settore in continua evoluzione, sottolineano anche i rischi e il persistere di un gender gap che ancora oggi ne caratterizza le dinamiche. Ne abbiamo parlato con Barbara Leda Kenny, antropologa e voce autorevole nelle politiche di genere, con un impegno profondo nel mainstreaming di genere, nel promuovere la presenza femminile nella scienza e nel ridefinire la comunicazione di genere. Ora, chiudiamo gli occhi e pensiamo al gaming: la prima immagine mostra quasi sicuramente un videogiocatore adolescente, maschio.
Perché questi stereotipi resistono e come possiamo contrastarli?
“Gli stereotipi su chi è che produce e usa le tecnologie investono anche la sfera dei videogiochi. È per questo che i giocatori continuano a essere rappresentati come maschi (e giovani) a prescindere da quanto negli ultimi anni siano cresciuti i dati delle giocatrici. Secondo il rapporto stilato da Newzoo nel 2023 il 72 percento delle donne online gioca a videogiochi, e, secondo Ipsos (2020) le giocatrici rappresentano ormai il 40 percento delle persone che videogiocano. Insomma, le nostre idee sono più conservatrici della realtà. Ed è un peccato, perché cambiare gli stereotipi e quindi l’immaginario su chi videogioca potrebbe avere un impatto positivo sull’autostima delle ragazze nell’uso delle tecnologie.”
Negli ultimi tempi c'è stato un cambiamento nell'industria dei videogiochi, con una maggiore presenza di donne e persone non binarie nello sviluppo dei giochi. Quali strategie o iniziative hanno contribuito maggiormente a questo cambiamento?
“Forse non è il miglior momento storico in cui farsi questa domanda, visto quello che sta succedendo negli Stati Uniti intorno alle misure pubbliche e private di Dei ossia Diversity, equality and inclusion. Politiche che hanno reso il recruitment e gli ambienti di lavoro più inclusivi, con risultati nell’industria dei videogiochi davvero tangibili. Chissà cosa succederà nei prossimi tempi… Ma un altro fattore interessante è che parliamo di un’industria interdisciplinare, e questo di solito tende a produrre team eterogenei sotto più punti di vista, incluso il genere.”
Le dinamiche di discriminazione e violenza di genere che esistono nel mondo reale si riflettono in quello virtuale, come dimostrano le molestie nei metaversi e nei giochi online. Quali misure concrete potrebbero essere adottate per garantire un ambiente più sicuro e inclusivo per le giocatrici?
“È interessante rilevare come la violenza digitale sia stata molto rapidamente codificata (abbiamo termini specifici per definirla e termini specifici per parlare di diverse azioni di violenza di genere digitale) e da poco questo termine sia entrato anche nei documenti di programmazione e di agenda politica. Tra le misure potrebbe essere interessante quella di rafforzare la presenza delle donne (attualmente ancora non troppo alta) nei team di sviluppo dei prodotti in modo che lo sguardo di genere venga integrato nella progettazione e ci siano strumenti di prevenzione e tutela contro la violenza integrati nei giochi. Ma potrebbe valere la pena integrare una checklist di genere nella verifica dei prodotti che aiuti gli sviluppatori a porsi domande che altrimenti, forse, spontaneamente non si pongono.”
Negli anni '80 i videogiochi e altri giochi come i Lego sono stati fortemente genderizzati per scelte di mercato. Oggi vede segnali di un'inversione di tendenza, nei giochi tradizionali o anche nei videogame?
“In generale, in tutto l’immaginario mainstream stanno cambiando le idee sui modelli. Pensiamo alla Disney in cui la prima principessa del 1937 è Biancaneve, che pulisce e accudisce mentre canta, e una delle ultime è Raja principessa orientale, guerriera ed ecologista che, perdipiù, ha un’antagonista donna e nel film non si innamora di uomo che la salva e nemmeno che la affianca.
Anche nell’industria dei videogiochi i personaggi femminili diventano di più e più complessi. Come sottolinea la ricercatrice Dalila Fiorini dell’Università di Firenze in un suo lavoro del 2023, uno degli aspetti più interessanti dal punto di vista di genere è che i videogame possono aiutare a riconsiderare il genere, oltre a ‘sperimentarlo’ in prima persona attraverso l’avatar, il personaggio interpretato e ‘guidato’ da chi gioca. Questi prodotti infatti, se di qualità, possono promuovere l’empatia e l’identificazione e immergere il giocatore in un mondo altro, dove è possibile sovvertire i canoni sociali – tra cui quelli maschili e femminili.”