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Beppe Braida, la lucida leggerezza del gioco

19 gennaio 2023 - 12:22

Il comico torinese Beppe Braida, a breve in libreria con il suo primo romanzo, racconta il suo rapporto con la comicità e con la fortuna.

Scritto da Daniele Duso
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Non solo risate, da Beppe Braida. Il noto comico torinese, oggi 58enne, annuncia la prossima uscita di un libro e la preparazione di una commedia, nei quali la comicità, però, non c’entra nulla. “Credo che se uno ha qualcosa da dire è importante che la dica, penso che ognuno di noi abbia varie anime, o se vogliamo più lati, che in qualche modo devono emergere”.
Così Giuseppe Braida spiega i suoi “sconfinamenti”, che poi tanto sconfinamenti non sono, dal terreno della comicità, che lo ha reso celebre. “In realtà penso accada solo qui in Italia che ti assegnino un’etichetta e poi tutti si stupiscano appena ti vedono fare qualcosa di diverso”, spiega, respingendo i primi commenti della critica superficiale. “In America chi sa cantare è normale che sappia anche ballare, condurre un programma, qua invece se vedono un comico fare altro dicono subito che ormai non sa più far ridere”.

Eppure nel curriculum di Braida ci sono già esperienze come la conduzione di Colorado, e quella di Striscia la notizia. “Esperienze nelle quali ho smesso di fare il comico, che mi sono rimaste nel cuore”, aggiunge, “per me rappresentano un grande motivo di orgoglio”.
Ma partiamo dall’inizio, dalle origini, che Braida ricorda “difficili, tra mille peripezie. Provengo da una famiglia di operai la mia passione, cresciuto con il miraggio del lavoro fisso. Diciamo che la mia passione era vista un po’ male, ma alla fine il sogno e la passione hanno vinto, anche se non è tutt’oro quello che luccica”.

Braida è diventato famoso facendo il verso a un noto conduttore Tg (Emilio Fede), chi non ricorda il tormentone “Attentato! È stato un attentato!”, una parodia che non gli ha mai creato problemi, tutt’altro. “Quella gag era nata per denunciare che in Italia abbiamo un’informazione che non sempre è libera, ma è condizionata dalla corrente politica, dagli editori, sempre legati alla politica. Dinamiche che vediamo ancora adesso. Pensa che con i giornalisti di adesso la parodia potrebbe funzionare ancora? “Sì, la parodia è ancora totalmente valida, anche se Fede è andato in pensione i suoi proseliti ci mostrano che non è cambiato nulla”.
La comicità è intrattenimento, e intrattenimento è gioco. Cosa le viene in mente in proposito? “Da torinese, quale sono, il primo ricordo è quello del casinò. Quello più vicino, per me, era quello di Saint Vincent, dove spesso si andava con gli amici a fare la puntata. Ma devo dire che non c’è mai stata nessuna vincita memorabile, solo momenti di divertimento. Lo stesso capita ancora adesso: ogni tanto entro in tabaccheria, e tento la sorte con un Gratta e vinci, ma senza molta fortuna. Mi diverto, sono convinto che il gioco vada vissuto così, con lucida leggerezza”.

Diverso il rapporto con un altro tipo di gioco, quello elettronico. “Per anni sono stato nel tunnel della Playstation”, racconta Beppe Braida, “poi ho smesso perché si giocava a calcio e ogni pomeriggio finiva in una bolgia. C’era l’amico che spaccava il joystick, quello che strisciava la sedia, quello che sfasciava qualcos’altro. Alla fine ho chiuso con la Play, e anche con qualche amico”. E poi? “Anni dopo mi sono trovato a giocare con il figlio di Paola Perego. Io, adulto, ero convinto di massacrarlo invece… faceva cose con i giocatori che io non pensavo neanche fossero possibili”.

Poi, tornando al suo lavoro, ci racconta che dopo l’esperienza all’Isola dei famosi, dello scorso anno, “ora sto continuando il mio tour estivo. Pensavo di concluderlo ad agosto, ma andrò avanti fino a dicembre. Non ho mai smesso il contatto con il pubblico, che mi dà sempre grandi soddisfazioni”.

Mentre nel futuro si riserva di farci conoscere un’altra anima di Beppe Braida. “Durante il lockdown ho scritto un libro, è il mio primo romanzo, nel quale la comicità non c’entra nulla. Si intitola ‘Come due aquiloni’, ed è già nelle mani dell’editore”. Un’avventura letteraria che non lo allontanerà dal palcoscenico: “Ho scritto anche una commedia, si intitola ‘Tutta suo padre’ e racconta la storia di un uomo con la sindrome di Peter Pan che improvvisamente scopre che non è affatto male crescere una figlia, nella quale scopre l’amore puro. Che dire, di cose sul piatto ce ne sono tante”.

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