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Gianpiero Perone: ‘eSports? Aspettavamo macchine volanti, poi è arrivata la Multipla’

24 febbraio 2024 - 08:32

Comico, ma anche scrittore e musicista, Gianpiero Perone racconta il suo amore per il pubblico, soprattutto per quello che si incontra ‘dal vivo’.

Foto La Stampa

Foto La Stampa

Negli Stati Uniti sarebbe definito un attore completo, in Italia è “solo” un bravo comico che ogni tanto ama esplorare altri palcoscenici. Una stranezza che Gianpiero Perone, classe 1968, comico di professione ma anche molto altro, ci spiega raccontando di sé.
“Nella vita faccio l’attore comico”, esordisce, “ho iniziato nel 1992, e attualmente ancora vivo, principalmente, di questo. Ho fatto Zelig Off, Quelli che il calcio, poi cinque edizioni di Colorado, ma anche Buona domenica, Tortuga e la Tv dei ragazzi. Ma soprattutto ho fatto tanto live, ho incontrato tante piazze, tante località e tanti locali.”
E allora lasci che le chieda subito, meglio la televisione o la piazza?
“C’è una grande differenza. Il pubblico in tivù non è mai del tutto spontaneo come quello di un teatro o di una piazza, e questo già di per sé cambia l’atteggiamento. Poi bisogna considerare che quello che si vede in tivù è solo un montaggio: a volte capita che il pubblico in studio abbia già visto tre volte l’artista, e sentito più volte la stessa battuta, quindi è un po’ costretto a ridere. 
L’altra cosa che limita, della tivù, è il tempo di pochi minuti: devi presentare il personaggio in tre minuti, e serve un tormentone, e tutto si esaurisce lì, non c’è tempo per fare qualcosa di più. Nei miei spettacoli dal vivo, invece, il personaggio principale, quello ‘conosciuto’ in tivù, dura pochi minuti. Nel live faccio molto altro, ma soprattutto lo preferisco,  oltre che per la spontaneità, anche perché non necessariamente serve il tormentone. In tivù sei un prosciutto in vetrina, poi quando inizi a girare per le piazze sta a te dimostrate quello che veramente sai fare.”
E lei sa fare molte cose, infatti. Mi ha stupito il suo rapporto con la musica. Ci racconta qualcosa di più?
“Ho studiato pianoforte. Ecco, non vivo di musica, ma compongo canzoni e mi capita di inserirne qualcuna nei miei spettacoli.”
E che effetto fanno sul pubblico?
“Forse un po’ di straniamento, all’inizio, soprattutto in chi non mi conosce. È che quando mi approccio alla musica non riesco a essere comico, esce la parte mia più intima, personale. Canto del tempo che passa, e delle riflessioni su temi importanti della vita.”
Non è strano che questo, per chi la segue solo in tivù, sia pressoché sconosciuto?
“Tutto normale, siamo in Italia. Sono arrivato a sette dischi, gli ultimi tre, a dire il vero, sono libri- disco (l’ultimo è ‘Arriverà domani - Breve trattato di quasi filosofia’, uscito a maggio 2023, Ndr). Ma in Italia andiamo un po’ per compartimenti stagni. Se tu sei un comico fa strano che tu abbia anche scritto un libro. Eppure se ho delle cose da dire, se ho della fantasia, perché non usarla? Negli Stati Uniti gli attori hanno una formazione completa, devono saper fare tutto, in Italia no, se fai ridere devi fare solo quello.”
Ha accennato al suo rapporto con il pubblico dal vivo. So che lei si è esibito anche nella Diaz 7 a Milano, che effetto le ha fatto?
“Ricordo un bellissimo ambiente. Eravamo tre comici, ci siamo esibiti dopo la cena. Ricordo che attorno c’erano persone che giocavano, era un posto diverso da una piazza, ma comunque è stata una serata davvero piacevole.”
E proposito di gioco, poi ci ha provato anche lei?
“No no, io sono veramente un impedito, non saprei manco da che parte iniziare. Sono rimasto fermo alla schedina fatta con i compagni di classe alle superiori, ma non ci ho mai capito molto.
Pensi che una volta mio papà fece 11 al Totocalcio. Io giorno dopo corsi da lui con il giornale vedendo che all’11 spettava una bella cifra. Non mi ero accorto che era la pagina del Totip.”
Allora non provo manco a chiederle cosa pensa dei videogame?
“Mah, io trovo che siano un modo per creare distacco tra le persone…”
No dai, non conosce gli esports?
“Ne ho sentito parlare. Sarà per via della mia età, e della mia formazione, ma diffido un po’. Si dice che è il futuro? Io sono cresciuto con mio papà che diceva che nel Duemila ci sarebbero state le macchine volanti, poi invece hanno fatto la Multipla.”

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