È un’opera nata per caso e per necessità, “La zattera astronomica, come sopravvivere a un papà scienziato” (edizioni Baldini+Castoldi), come la stessa autrice ci ha spiegato nel corso di una intervista. Si può dire molto attorno al primo libro di Giulia Bignami. È un collage di ricordi, episodi realmente vissuti, molto autobiografici; ma è soprattutto un omaggio a un padre che non c’è più.
Un’esperienza letteraria nata quasi per caso, si diceva, perché “l’idea di scrivere un libro – racconta Giulia Bignami – mi è venuta con il riemergere di una serie di ricordi, soprattutto del periodo tra l’infanzia e l’adolescenza, che avevo sotterrati da qualche parte nella mente. Poi però, quando ho iniziato, tutto è venuto fuori così, come un fiume in piena”.
Un flusso di coscienza dal quale è nato "La zattera astronomica", un libro di racconti che però assomiglia un po’ anche un romanzo di formazione. “Sì, diciamo che la scrittura è stata un’esperienza. Ogni volta che si pensa i ricordi cambiano un po’, e scrivendoli ho realizzato che si trattava di piccole avventure, ed è così che ogni capitolo è un po’ un’avventura. Anche perché effettivamente era così, perché mio papà d’estate si trasformava”.
In che senso?
“Beh, lui era una figura pubblica molto nota, era uno scienziato che si è battuto molto anche in politica, ha ricoperto molte cariche pubbliche, conosciuto anche come divulgatore (per National Geographic e SuperQuark). Però d’estate diventava un altro, appassionato com’era di sport e vita all’aria aperta, alla ricerca di avventure al limite della follia. Tipo quella che racconto in 'La trappola Viet Cong', un’impresa davvero allucinante, dalla quale mio padre è uscito seriamente provato”.
Ma deve essere stato affascinante avere un padre come Giovanni Bignami, no?
“Sì e no. È stato una figura paterna sicuramente affascinante ma anche molto ingombrante. Seguendolo ho avuto a che fare con molti personaggi importanti, da astronauti a premi Nobel, ma tranne qualche caso non sono state quasi mai esperienze del tutto piacevoli. Come dico sempre: io nell’astronomia ci sono caduta dentro troppo piccola. Sentivo continuamente parlare di plasmi, di confinamento magnetico, di stelle di neutroni. Poi, avendo anche una madre scienziata quello che non avrei mai potuto fare in assoluto era proprio una carriera in astronomia, anche perché probabilmente sarei sempre stata 'la figlia di'”.
Però ti sei dedicata a un’altra scienza, la chimica, l’esperienza dei tuoi genitori non ha influito proprio per nulla in questa scelta?
“Da piccola volevo fare la paleontologa, poi la biologa marina cacciatrice di calamari giganti. Dal liceo ho iniziato a pensare alla chimica. Ecco, mi incuriosiva l’astrochimica. Della chimica al di fuori della Terra parlava ogni tanto mio padre, ricordo che era convinto che, poiché Marte è ricco di ferro, vi si sarebbero potuto coltivare gli asparagi, enormi asparagi altissimi, dato che su Marte la gravità è minore di quella terrestre”.
Bello, sembra un altro racconto del libro.
“In un certo senso potrebbe esserlo, ho voluto creare un’opera divertente, ma che fosse anche divulgativa.”
E questo libro è un po’ un sigillo che ora metti a questo rapporto, comunque sia, straordinario.
“Sì, non volevo un’eulogia funebre, ma un racconto che fosse nel mio stile, soprattutto che ricordasse gli aspetti di mio padre che ci tengo vengano ricordati. Così, in quarta di copertina, ci abbiamo messo anche una caricatura di papà, finora inedita, rappresentativa della sua ossessione per i formaggi stagionati. È un libro che ho pensato un po’ come 'vendetta', per tutto quello che mi ha fatto passare, ma anche e soprattutto come un grande atto d’amore”.
Un sentimento che, dal tono della scrittura, si comprende benissimo. Ma col tempo poi hai recuperato un po’ il rapporto con il gioco?
“Direi di sì. Ora gioco spesso a Call of Duty Warzone. Gioco nel team di Massimiliano Parente. Sono l’unica donna della squadra, spesso vengo presa in giro perché siccome non guido nella realtà, non voglio guidare neanche in Cod. Poi io sono sempre quella che cerca di fare i piani strategici, quella che cerca di fare un minimo di pianificazione. A dire il vero io non amo molto l’aspetto competitivo, quello che più mi piace è proprio l’avere una tattica, e fare gioco di squadra. Forse per questo mi è piaciuto molto meno Fortnite: ci ho giocato, mi piaceva molto andare in giro a distruggere, sparavo benissimo, forse perché anche nella realtà vado spesso al poligono, ma a livello costruttivo non ero assolutamente ferrata”.
E il tempo per scrivere?
“Per questo libro devo dire grazie al lockdown. Tutto il tempo che perdevo negli spostamenti casa-lavoro ho potuto dedicarlo alla scrittura”.
La zattera astronomica è uscito da poco, ma la domanda di rito te la faccio comunque: hai già altri progetti di scrittura?
“Sì, ma non voglio anticipare molto. Dico solo che sto lavorando a quello che sarà un romanzo scientifico, ma mi fermo qui”.