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Latorre (Fuciliere di marina): 'Sanremo, un granello di sabbia mai dimenticato'

04 novembre 2023 - 09:56

Protagonista, con Salvatore Girone, di una vicenda decennale conclusasi poco meno di due anni fa, Massimiliano Latorre presenta al Casinò di Sanremo il suo libro 'Il sequestro del marò'.

Scritto da Anna Maria Rengo
2012. Incontro di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone con l'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Foto tratta da Wikipedia

2012. Incontro di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone con l'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Foto tratta da Wikipedia

Per anni hanno occupato, loro malgrado, la prima pagina dei giornali e a loro è stato dedicato il servizio di apertura dei telegiornali nazionali. A loro, ai “due marò”, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i militari italiani accusati di aver ucciso il 15 febbraio 2012 al largo della costa del Kerala (Stato dell'India sud-occidentale) Valentine Jelastine e Ajeesh Pink, due pescatori imbarcati su un peschereccio indiano.

Una vicenda che ha visto il suo epilogo giudiziario il 31 gennaio dello scorso anno, quando il tribunale di Roma ha disposto l'archiviazione del caso in quanto la loro condotta è stata ritenuta consona a "una situazione tale da far pensare a un attacco di pirati". Nel mezzo, dieci anni scanditi, a livello personale, da profonde sofferenze e preoccupazioni, le stesse che Massimiliano Latorre racconta del libro  “Il sequestro del marò”, conversazione con Mario Capanna (La vita felice) presentato al Casinò di Sanremo nella giornata inaugurale della stagione autunnale dei Martedì letterari.

Torniamo dunque alla mattina di quel 15 febbraio di undici anni fa. Massimiliano, se potesse tornare indietro nel tempo, che cosa farebbe di diverso?
Sicuramente rifarei le stesse cose e per un semplice motivo: siamo innocenti e questo per noi era chiaro sin dal primo momento. Lo era anche per qualcun altro ma, non si sa per quale motivo, poi si è voluto seguire una linea diversa.”

Lei ha incontrato mai i famigliari dei due pescatori indiani?
“No. Quando eravamo in India eravamo in carcere ma, agli albori della vicenda, mandai loro un messaggio di vicinanza. Non mi ritenevo né mi ritengo responsabile della morte dei loro famigliari ma da padre, figlio, militare capivo cosa stessero provando e ho voluto, da innocente, stare loro vicino.”

Cosa ha provato a essere al centro di una controversia così lunga e di portata così ampia?
Questi dieci anni sono stati contornati da vari momenti. Quelli belli sono stati rari, molti di più quelli brutti, a iniziare dal rientro in India quando sul mio capo pendeva la pena di morte.”

In questi dieci anni, come sono stati i suoi rapporti con Salvatore Girone?
“Facevamo parte dello stesso team di cui io ero il comandante. Inizialmente c'erano dunque rapporti professionali e poi sono subentrati altri sentimenti e il nostro rapporto è diventato amichevole. Oggi poi lui vive in Puglia, io a Roma, ognuno ha preso la sua strada.”

Come sono i suoi rapporti con lo Stato italiano?
È una fake news che io abbia chiesto i danni allo Stato italiano. Il mio legale aveva avviato una mediazione con il ministero degli Esteri, quello della Difesa e Palazzo Chigi, ma è stata immediatamente rigettata. Io non farò causa allo Stato: la mia mano, per coniare una metafora, va con il palmo verso il basso, non verso l'alto. Non chiedo l'elemosina. E non muovo rimproveri: io sono un militare, non sono un giudice. Non sono titolato a puntare il dito verso le istituzioni. Esse vanno tutelate perché rimangono, mentre le persone che ci sono dentro vanno e vengono.”

Come mai ha deciso di scrivere un libro sulla sua vicenda assieme con Mario Capanna?
“Molte volte mi era stato proposto di scrivere un libro ma non avevo mai accettato. La mia priorità era di trovare una persona che rispettasse il mio modo di vedere, le forze armate e le istituzioni. L'ho trovata in Mario Capanna e poi, riflettendo, il nostro è un bel connubio: un sessantottino critico verso le istituzioni lui e un uomo delle istituzioni io. Questo è il sintomo forte e chiaro che la mia non è una vicenda politica ma di completa ingiustizia. E il libro ho voluto scriverlo per ringraziare l'opinione pubblica che ci è stata a fianco e che è scesa in piazza a manifestare, anche se quando il nostro caso è stato archiviato la nostra innocenza anziché essere gridata, come si era gridato fino ad allora, è quasi passata sottotono. Spero di essere una locomotiva: dimentichiamoci di chi ci ha fatto del male e ricordiamoci di chi ci ha fatto del bene.”

Come mai ha scelto di presentarlo al Casinò di Sanremo, una location dedicata al gioco e certamente distante dall'intricata vicenda che l'ha vista protagonista?
“Quando al Comune di Sanremo era assessore Gianni Berrino (oggi senatore di Fratelli d'Italia Ndr), invitò mia moglie Paola alla conferenza stampa di presentazione del Festival della canzone e in quell'occasione, di fronte a giornalisti di tutto il mondo, lei poté spiegare quanto mi stava accadendo. Questo granello di sabbia nel deserto non l'ho mai dimenticato, come non ho dimenticato che la città di Sanremo è stata promotrice di tante attività verso la nostra vicenda. Venire qui è un segno di educazione, rispetto, riconoscenza.”

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