Sono stati un gruppo musicale reggae italiano conosciuto per le loro canzoni cantate principalmente in dialetto veneziano. Seguiti principalmente nella zona di Venezia e in Veneto, i Pitura Freska arrivarono al pubblico nazionale grazie a Sanremo, nel 1997. Chi non ricorda l’irriverente Papa nero, brano con il quale la band di Marghera si classificò 16esima nella 47esima edizione del Festival?
Il gruppo si è sciolto nel 2002, ma la sua eredità viene portata avanti dal loro frontman, sir Oliver Skardy (al secolo Gaetano Scardicchio), che oggi continua il suo percorso da solista.
Proprio con lui, che sta per fare uscire una autobiografia (“dovrebbe uscire entro giugno 2025”, dice) abbiamo ripercorso la storia di questo straordinario gruppo (che curiosamente deve il nome a una scena di un film di Stanlio e Ollio nella quale i due comici provavano ad arrampicarsi su un palo verniciato da poco) partendo dalla scelta di utilizzare il dialetto veneziano.
“È stata semplicemente intuizione. Ho notato subito che con il genere di musica che mi piaceva, cioè il reggae, il dialetto veneziano stava molto meglio della lingua italiana.”
Una scelta che non è risultata affatto una limitazione, dato che siete arrivati in tutta l’Italia?
“Esatto. Dal periodo dei Pitura ad oggi l’Italia l’ho girata tutta.”
Lei continua anche oggi la sua attività artistica, cosa le resta dei Pitura?
“Quest’anno stiamo preparando un nuovo concerto, in occasione del 35esimo anniversario della nostra prima cassetta, Ossigeno (quella con la notissima Pin Floi, Ndr). Porterò in giro per l’Italia quasi tutte le canzoni dei Pitura Freska, che a mio parere restano ancora attuali, per farle conoscere anche a chi è nato sui social.”
Guardando un attimo indietro, la partecipazione al Festival di Sanremo quanto aveva contribuito al vostro successo?
“Sanremo è stata una bellissima giostra. Personalmente sono contrario alla competizione, in ambito musicale, perché penso che la competizione vada bene per gli sportivi. Ma Sanremo dà la possibilità di farsi conoscere nel giro di dieci minuti. Dopo Sanremo noi abbiamo fatto molti più concerti di prima.”
Come si è arrivati alla fine dei Pitura?
“Scelte diverse, ma è cambiato molto, anche per scelte politiche, via via è stato più difficile realizzare eventi live.”
Ma pensa siano cambiate anche le abitudini del pubblico?
“Certamente, anche il pubblico è cambiato molto nel tempo.”
Quando ha notato il cambiamento più radicale?
“Io credo sia stato a cavallo tra il 1999 e il 2000. Con gli anni 2000 i computer e telefonini sempre più diffusi hanno cambiato molto, hanno modificato la cultura. Di conseguenza noi siamo diventati roba vecchia, musica del secolo scorso.”
La musica di oggi è così diversa dalla vostra?
“Sì, ma ai ragazzi di oggi piace, sono cresciuti con questa musica fatta al computer. Ma il divario con la musica strumentale di una volta è bello grosso.”
A proposito di ragazzi, lei ne vede tanti tutti i giorni?
“Sì, continuo a fare il bidello in un liceo artistico. Mi manca un anno e mezzo alla pensione…”
Ma come, la musica non le ha portato notorietà e ricchezza?
“Purtroppo i Pitura non mi hanno fatto diventare ricco, perché non sempre la musica diventa business, ma fortunatamente resta musica.”
Si parlava di ragazzi, lavorando in una scuola li ha visti cambiare nel tempo?
“Sì, li ho visti cambiare decennio dopo decennio. E penso che i più preoccupanti siano quelli degli anni Novanta. Negli anni Novanta ho visto le ultime scazzottate tra studenti, poi basta. C’è stato un profondo cambiamento culturale.”
È cambiato anche il modo di giocare?
“Beh, rispetto a quando ero giovane io sicuramente. Il gioco principe per me era il flipper, il gioco in assoluto che ho amato di più, e che abbandonato negli anni Ottanta, quando nelle sale e nei bar è stato soppiantato dai videogame.”
Mi lascia intendere che con i videogame non ha molto feeling...
“Il flipper è allegro, caldo, suona, ti porta a muoverti; il videogame invece non è allegro, è un gioco freddo, ed è con il videogame che è arrivata la musica di oggi.”
Come è gusto che sia chiudiamo tornando a parlare di musica.
“Sì, gioco e musica per me sono entrambi divertimento e intrattenimento. Far musica è dare animo alle persone, quindi non è che con il gioco siamo su piani completamente differenti, anzi.”