Una suora e il diavolo. Sono questi i due personaggi principali di un videogioco che è oltre a far divertire fa anche politica.
Indika, questo il titolo, è stato realizzato dallo studio russo Odd Meter e pubblicato recentemente dallo studio polacco 11 bit studios.
Al di là della storia in sé, di questo gioco narrativo, a far politica sono le vicende degli sviluppatori, giovani russi che dopo l'inizio della guerra con l'Ucraina hanno deciso di lasciare il loro Paese, "non perché fosse pericoloso restare in Russia", come ha spiegato il co-fondatore del team, Dmitry Setlov, in un'intervista al portale Rock, Paper, Shotgun, "anche se alcuni dei nostri ragazzi sono stati fermati durante le manifestazioni. Non credo che fossimo seriamente in pericolo, ma ce ne siamo andati perché era psicologicamente triste restare. Non eravamo d'accordo con quanto stava accadendo e non volevamo sentirci parte di questa follia".
Un messaggio chiaro, che spiega il trasferimento del gruppo (una quindicina di membri in tutto) in Kazakhstan, dove il gioco è stato sviluppato negli scorsi mesi, prima della pubblicazione (Indika è ora disponibile per Pc, Ps5 e Xbox Series).
Un messaggio che viene ribadito anche all'interno del gioco. Si tratta di un videogame narrativo, giocato in terza persona, ambientato in una Russia di fine XIX secolo nella quale filosofie religiose e dura realtà si incontrano e si scontrano.
"Indika è la storia di una giovane suora in viaggio con un insolito compagno al suo fianco, il diavolo", così il gioco viene presentato su Steam.
Nel gioco il giocatore è chiamato a interpretare Indika, una giovane suora, appunto, che vive in un convento, ma che cova nell'animo dubbi e perplessità, insicura della sua scelta di vita, nonostante tenti di convincersi del contrario. A instillare in lei i dubbi più profondi, tentandola, è il diavolo in persona, compagno di viaggio della ragazza, che con le sue azioni la spinge a ribellarsi al suo status e a dar libero sfogo ai suoi desideri repressi.
È così che Indika dà anche voce al dissenso contro le imposizioni della chiesa ortodossa russa e, anche se non direttamente, dell'attuale regime di Vladimir Putin. Ripercorrendo idealmente la storia di chi il gioco l’ha creato, quel gruppo di ragazzi emigrato a Sud, nell'ex repubblica sovietica, anche per sfuggire alla chiamata alle armi.
Da quell'esilio volontario il team continua il suo lavoro, con il suo portavoce, Setlov, che non ha timore di esprime il suo parere nei confronti di una guerra, quella contro l'Ucraina, che definisce un crimine “perpetrato per soddisfare le ambizioni di un vecchio nano dalla mente debole”. Dichiarazioni che in Russia gli sarebbero costate sicuramente qualche decina d'anni di carcere.
Guarda la realtà, Dmitry Setlov, convinto che il governo russo e le sue azioni attuali siano appoggiare solo da una minoranza della popolazione russa, la maggioranza della quale semmai accetta senza ribellarsi, per abitudine. "Malsana rassegnazione e pazienza" spiega, "sembrano essere endemiche nella nostra cultura e questo è uno dei temi principali del nostro gioco."