No, la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3879/2025 non si è espressa sulle vincite nei tornei di poker nei paesi extra UE, principalmente Las Vegas e Monte Carlo, nel caso di un giocatore abruzzese. La suprema corte ha semplicemente rinviato al secondo grado di giudizio una sentenza su tre di una commissione tributaria regionale che aveva commesso un errore piuttosto grave applicando le regole per i tornei nello spazio economico europeo con quelli extra UE.
A seguire la vicenda è il legale più esperto in materia, Massimiliano Rosa, che ha rilasciato a Gioconews.it un commento argomentato e dettagliato, riportato integralmente. Tuttavia, ci preme sottolineare e rinforzare il concetto espresso dallo stesso autore, insieme al fiscalista Sebastiano Cristaldi, dell’autentico trionfo in Corte di Giustizia Europea con la sentenza Blanco/Fabretti di tanti anni fa:
“La Cassazione non si è proprio pronunciata su questi punti, perché il ricorso del Fisco si limitava a censurare la sentenza di II grado per le ragioni suddette, e la Cassazione si è limitata a cassare la sentenza per i medesimi motivi, ovvero perché ivi non si parlava di vincite in Slovenia e non si applicava il diritto comunitario. Ragion per cui, questa sentenza di Cassazione non è affatto suscettibile di creare un precedente valutativo, perché non ha valutato in diritto i suddetti 2 punti (che trovate qui sotto, Ndr), ma ha solo cassato un vero e proprio strafalcione, determinato da mera negligenza.
La notizia è stata quindi riportata sulla stampa in maniera superficiale e per nulla aderente alla vicenda processuale”, ha commentato.
Ecco la storia di questa ordinanza nel racconto dettagliato di Max Rosa.
La vicenda processuale:
nel 2013 il giocatore in questione, da me assistito, riceveva la notifica di 4 avvisi di accertamento, con cui gli si contestava l’omessa dichiarazione di vincite in tornei di poker live in casino esteri, per gli anni d’imposta dal 2007 al 2010; le vincite erano state conseguite per lo più in casino europei, salvo alcune a Las Vegas nei soli anni 2009 e 2010.
Il giocatore ricorreva per tutti e 4 gli anni presso la Commissione Tributaria Provinciale di Teramo, la quale annullava ciascun accertamento con 4 identiche sentenze, accogliendo tutti i motivi di ricorso della difesa, specificamente per le seguenti motivazioni:
- violazione dei principi di uguaglianza, di libera prestazione di servizi e di non discriminazione, di cui agli artt. 18, 52 e 56 del TFUE, in accordo alla consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea vigente in materia;
- violazione del Modello OCSE di Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni, in quanto la norma residuale di cui all’art. 21 (other income), deve essere necessariamente interpretata in accordo con il successivo art. 24 (non discrimination), correlativo convenzionale del principio comunitario di cui all’art. 18 TFUE;
- violazione dei principi di imparzialità, buona fede e capacità contributiva, di cui agli artt. 3 e 53 Cost;
- carenza di motivazione, anche in relazione all’inattendibilità delle fonti internet utilizzate;
Dette motivazioni comportavano l’annullamento delle vincite ovunque realizzate, in quanto i punti 2, 3 e 4 si riflettevano anche su quelle extra UE.
Il Fisco ricorreva in appello per tutte e 4 le sentenze presso la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo (Aquila), che confermava integralmente le sentenze di primo grado, con 4 sentenze identiche, le quali, tuttavia, nelle motivazioni si limitavano a riportare solo quella di cui al punto n. 1) che precede, omettendo di confermare anche gli altri punti, essenzialmente perché per confermare la prima sentenza sull’annualità 2007, gli bastava richiamare solo il primo motivo.
Fondamentalmente, la Commissione di II grado ha scritto la motivazione della prima sentenza, che poi ha copia-incollato per quelle delle annualità successive, senza rendersi conto che se per gli anni 2007 e 2008 si parlava solo di vincite in Slovenia, e quindi bastava confermare il motivo di annullamento di cui al punto n. 1), mentre nel 2009 e 2010 l’oggetto erano vincite conseguite a Las Vegas (e non in Slovenia).
La conclusione è stata che per il 2009 e 2010, ci sono state due sentenze che confermavano quelle di I grado, annullando tutto, ma che nel corpo motivazionale parlavano di vincite in Slovenia e di applicazione del diritto comunitario (ribadisco, perché il relatore ha copia incollato le motivazioni della prima sentenza, senza accorgersi che l’oggetto del contendere era diverso).
Non avendo riportato anche le motivazioni di annullamento dei punti nn. 2) e 3), il Fisco si è trovato due sentenze completamente illogiche, omissive e sbagliate, laddove un ricorso per Cassazione era servito su di un piatto d’argento, e non poteva che essere accolto, come è stato, con rinvio alla Corte di II grado per un nuovo processo.
Le conclusioni di Max Rosa
La conclusione è che la Cassazione non ha operato alcuna valutazione tecnico-giuridica sui due principali motivi per cui chi scrive ritiene illegittima l’imposizione diretta anche delle vincite extra UE, ovvero quelle dei punti nn. 2) e 3), che di seguito si riportano:
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Violazione del Modello OCSE di Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni, in quanto la norma residuale di cui all’art. 21 (other income) deve essere necessariamente interpretata in accordo con il successivo art. 24 (non discrimination), correlativo convenzionale del principio comunitario di cui all’art. 18 TFUE;
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Violazione dei principi di imparzialità, buona fede e capacità contributiva, di cui agli artt. 3 e 53 Cost;
La Cassazione non si è proprio pronunciata su questi punti, perché il ricorso del Fisco si limitava a censurare la sentenza di II grado per le ragioni suddette. La Cassazione si è limitata a cassare la sentenza per i medesimi motivi, ovvero perché ivi non si parlava di vincite in Slovenia e non si applicava il diritto comunitario.
Ragion per cui, questa sentenza di Cassazione non è affatto suscettibile di creare un precedente valutativo, perché non ha valutato in diritto i suddetti 2 punti, ma ha solo cassato un vero e proprio strafalcione, determinato da mera negligenza.
La notizia è stata quindi riportata sulla stampa in maniera superficiale e per nulla aderente alla vicenda processuale.
Aggiungo che una sentenza di Cassazione emessa da una Sezione singola ha un valore molto relativo, perché domani potrebbe uscirne una di altra Sezione, che decide all’opposto di quella precedente (come peraltro accade di continuo). Affinché una questione venga risolta in maniera definitiva, ci vogliono molte sentenze di identico contenuto, cosa che avviene dopo anni, ovvero ce ne vuole una a Sezioni Unite, chiamate espressamente a dirimere un conflitto interpretativo.
Infine, giova precisare che nel caso in esame non si tratta di una sentenza, bensì di una Ordinanza della Cassazione, che cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado dell’Aquila, per una nuova valutazione del caso: la questione, quindi, resta in ogni caso aperta e tutt’altro che definita.