La Suprema Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro un player romano che aveva vinto oltre 735mila euro presso il Perla Resort del Gruppo Hit a Nova Gorica in Slovenia, nel lontano 2004 e reo di non aver dichiarato la vincita nei “redditi diversi”. E potrebbe fissarsi un altro principio molto importante per chi ama giocare d’azzardo, a poker e al casinò, nei casino dello Spazio Economico Europeo, mentre, grazie al famoso caso Lindman in Finlandia e alla violazione dei principi di uguaglianza tra i cittadini membri in tema anche fiscale, gli avvocati Crismani e Vetri tra i fori di Trieste e Roma, scagionano in ultima istanza il giocatore in questione. Una storia lunga 17 anni e, incredibilmente, dopo che i principi della sentenza Blanco/Fabretti furono anche recepiti in Parlamento dopo qualche anno, l’Ade si è ostinata pur avendo già perso in alcuni gradi tra le varie commissioni tributarie del Friuli Venezia Giulia.
Ma andiamo a vedere il punto centrale della sentenza dei giudici della Suprema Corte che hanno “rigettato il ricorso principale e quello incidentale” e ha compensato “tra le parti le spese del giudizio di legittimità”.
Nella discussione la Cassazione analizza che “il giudice di appello, nel caso di specie, ha congruamente motivato in ordine all'assoluta novità della controversia, che ha comportato un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea, la quale ha dichiarato contraria agli articoli 52 e 56 TFUE la normativa dello Stato italiano, la quale assoggetti all'imposta sul reddito le vincite da giochi d'azzardo realizzate in case da gioco situate in altri Stati membri, ed esoneri invece dall'imposta suddetta redditi simili allorché provengono da case da gioco situate nel territorio nazionale italiano, in assenza di prevalenti giustificazioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica”. Parliamo della sentenza Blanco/Fabretti del 2014 che rappresenta il precedente in questione vinta grazie alla coppia Max Rosa-Sebastiano Cristaldi.
E in più “sulla specifica questione della compatibilità della normativa italiana agli articoli 52 e 56 TFUE non vi erano precedenti giurisprudenziali di legittimità o della Corte di Giustizia europea ed il dato normativo nazionale era in astratto idoneo a fondare l'interpretazione che di esso aveva fornito l'amministrazione finanziaria; pertanto, il giudice di merito ha correttamente esercitato il potere di compensazione, nella ricorrenza dei requisiti di legge”.
La storia è lunghissima ed è andata avanti in tutti questi anni tra vittorie e sconfitte del contribuente. Infatti “la C.t.p. di Gorizia, con sentenza n. 101/02/2011, accoglieva, previa riunione degli stessi, i ricorsi proposti dal contribuente; in particolare, i giudici di primo grado affermavano che «appariva illuminante e perfettamente pertinente ... il richiamo al caso Lindman di cui alla sentenza C42102» e che I 'applicazione data dall'Ufficio all'art.67 T.u.i.r. concretizzava una violazione dei principi di eguaglianza e non discriminazione dei cittadini comunitari, in quanto le somme vinte nei Casinò italiani (anche da parte di soggetti esteri) non formavano oggetto di imposizione diretta a carico dei vincitori stessi”.
Ma l’Ade non si è mai rassegnata e ha sempre proposto appello “contestando il ritenuto contrasto tra la norma nazionale e la normativa e giurisprudenza comunitaria; si costituiva il contribuente, chiedendo il rigetto dell'appello dell'Ufficio e proponendo appello incidentale avverso il capo della sentenza di primo grado con cui era stata disposta la compensazione delle spese di lite; la CTR di Trieste, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto l'appello principale proposto dall'Ufficio, nonché quello incidentale del contribuente”.
Fino ad arrivare alla Corte di Cassazione.
Da ricordare anche il principio fondamentale dell’articolo 69 del Tuir: “in sostanza il sistema interno di tassazione per le vincite al gioco (elencate nell'art. 67 comma I lett. d) del TUIR) prevede che le vincite realizzate "costituiscono reddito per l'intero ammontare percepito nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione " (art. 69 comma I T.u.i.r.)”.