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Veneto e Toscana: 'Governo alla prova gioco pubblico'

19 ottobre 2019 - 09:41

I rappresentanti delle Regioni Veneto e Toscana fanno il punto sulle attese in materia di gioco da parte del nuovo Governo, e sulle loro prerogative.

Scritto da Francesca Mancosu
Veneto e Toscana: 'Governo alla prova gioco pubblico'

Dopo Lombardia e Piemonte, anche i rappresentanti delle Regioni Veneto e Toscana chiamano il Governo Conte 2 a dare attuazione a quanto previsto fra i 29 punti programmatici, quindi il "contrasto al gioco d'azzardo patologico".
Ma cosa vuol dire, davvero, questa dicitura? O almeno, cosa si aspettano le Regioni, in tal senso?
Una risposta, a questo punto, appare doverosa, anche alla luce della mancata attuazione del riordino del settore deciso in Conferenza unificata Stato-Regioni ed enti locali nel 2017, e in attesa dell'attribuzione della delega ai giochi a uno dei sottosegretari all'Economia designati: Alessio Villarosa, Pier Paolo Baretta (che già l'hanno detenuta in passato) e Maria Cecilia Guerra.

VENETO, REGIONI E COMUNI PIU' CORAGGIOSI DEL GOVERNO - "Il Governo Renzi si era impegnato a dimezzare il numero dei punti gioco, e non mi pare sia avvenuto. L’Agcom doveva emanare linee guida restrittive in materia di pubblicità e anche in questo caso il prodotto finale risulta alquanto annacquato. La prevenzione e il contrasto al gioco patologico sono stati inseriti nei Lea, ma non c’è ancora un piano nazionale strutturale e adeguatamente finanziato che attrezzi i Serd, e più in generale i servizi sanitari, perchè prendano in carico, in modo capillare e sistematico, i giocatori patologici e i loro familiari. Per cui non mi resta che dire che si continua a giocare sull’ambiguità: contrasto al gioco patologico a parole, ma, nella realtà dei fatti, libertà di azione a multinazionali ed industrie del gioco. Regioni e Comuni sono sul pezzo da tempo, con iniziative anche coraggiose, come il Veneto. Ma il ‘coraggio’ degli enti locali viene frenato da un quadro nazionale ambiguo, dove il gioco viene considerato più come una risorsa fiscale, che un problema sociale e sanitario", attacca  Manuela Lanzarin, assessore alla Sanità della Regione Veneto.

A maggior ragione, quindi, "il riordino del settore giochi e la redistribuzione dell'offerta sul territorio sono un obiettivo che il Governo dovrà rispettare. Il decreto Dignità, che ha limitato pubblicità e sponsorizzazioni, prevedeva che il Governo proponesse, entro sei mesi, 'una riforma complessiva in materia di giochi pubblici, in modo da assicurare l’eliminazione dei rischi connessi al disturbo del gioco d’azzardo contrastare il gioco illegale e le frodi a danno dell’erario e comunque tale da garantire almeno l’invarianza delle corrispondenti entrate'. La scadenza di metà febbraio, peraltro puramente indicativa, non è stata rispettata dal Governo.

Hanno fatto meglio le Regioni, coordinandosi con l’Intesa del 2017, che hanno cercato di porre dei paletti in materia di distanze dai ‘luoghi sensibili’ e di limiti agli orari di apertura delle slot e sale gioco. Di quell’intesa io salverei il lavoro svolto dagli enti locali. Ciò che è mancato è stato analogo impegno da parte del Governo".

Lanzarin quindi fa il punto sulla nuova legge regionale sul gioco, rispondendo alle critiche del M5S che ritiene la normativa 'troppo permissiva', specie in fatto di orari. "In Veneto abbiamo scelto di esercitare tutta la potestà regolatoria concessa alle Regioni e ai Comuni, nell’ambito della legislazione vigente e del rispetto dei diritti costituzionali di impresa e libera iniziativa.
Con la nuova ‘legge quadro’ approvata a settembre abbiamo stabilito che nuovi punti gioco non possano sorgere a meno di 400 metri di distanza da scuole, asili, case di riposo, banche, bancomat, bar e luoghi di aggregazione in genere. La legge regionale stabilisce limiti orari (6 ore di chiusura, da stabilirsi con provvedimento amministrativo, a seconda delle diverse aree territoriali), obblighi informativi e formativi per i gestori, piena trasparenza delle vetrine delle sale. Ma soprattutto la legge veneta tassa il posizionamento di macchinette e l’apertura di nuovi punti gioco elevando al massimo l’aliquota dell’imposta Irap (0,92 per cento) a carico degli esercenti. Inoltre, la legge prevede un piano di contrasto al gioco patologico, responsabilizza Ulss e Comuni, impegna a finanziare piani di prevenzione e recupero. A chi ci accusa di aver fatto una legge troppo permissiva, rispondo che questa è la migliore legge possibile, nell’attuale assetto nazionale, per non rischiare di incorrere in impugnative e ricorsi".

TOSCANA, POTENZIARE L'INTESA IN CONFERENZA UNIFICATA DEL 2017 - "La Regione Toscana fin dai primi anni 2000 è stata tra le prime regioni italiane ad inserire il gioco d’azzardo patologico nei piani sanitari regionali; le linee di indirizzo toscane sono state prese a modello per la definizione delle linee di indirizzo nazionali, approvate in Conferenza Stato Regioni nel 2017.
Continuiamo a pensare importante proporre, in base alle caratteristiche dei territori, ulteriori interventi di riduzione dell’offerta attraverso regolamenti sulle distanze minime dai luoghi sensibili e sugli orari di apertura dei luoghi di gioco, entrambi fattori che sembrano effettivamente incidere sull’ascesa della scommessa di Stato".
 
Questa la posizione dell'assessore alle Politiche sociali della Regione Toscana, Stefania Saccardi, che rimarca il potere delle Regioni di legiferare, nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale, sulls disposizione sulle distanze dai luoghi sensibili e sugli orari di apertura in quanto hanno come finalità la tutela della salute dei giocatori.
Per "potenziare" l'accordo in Conferenza unificata del 2017, per Saccardi "occorre pensare anche altre iniziative che potrebbero andare nella direzione di: incidere maggiormente sulla riduzione dell’offerta di gioco, in particolare riduzione delle Vlt e non solo delle slot machine, perché il giocatore, soprattutto colui che ha sviluppato un gioco problematico, tende a spostarsi sulle Vlt che promettono vincite in denaro maggiori; applicare il 'distanziometro' anche alle vecchie licenze di gioco lecito; autorizzare i Comuni a disciplinare una riduzione degli orari di apertura non inferiore a 3 ore giornaliere; dare più attenzione alla problematica del gioco online che è il vero mercato in espansione dell’azzardo come dimostrano i dati sia epidemiologici che quelli della spesa in azzardo negli ultimi tre anni; accogliere e offrire informazioni e aggiornamenti costanti sul fenomeno e sulle 'buone prassi' da seguire nei territori per circoscrivere il gioco d’azzardo patologico".
Inoltre, secondo l'assessore toscano per garantire il "rispetto alle linee guida dell’Agcom per verificare sui media l’osservanza del divieto di pubblicità al gioco d’azzardo, occorrerebbe definire in maniera più rigida il divieto di pubblicità: sembra infatti non costituire pubblicità (ed è tuttora molto diffuso) dare nei programmi tv le quotazioni delle scommesse o le notizie di vincite milionarie così come l’esporre la notizia delle vincite nei locali di gioco", infine, bisognerebbe " tradurre nel gioco d’azzardo le regole in vigore da 14 anni per il tabacco, con il divieto assoluto di marketing e di pubblicità e procedure di controllo molto stringenti".
 

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