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Coronavirus, possibile anticipo della fase tre: conteranno le differenze regionali

29 aprile 2020 - 08:30

Mentre si definisce, tra mille polemiche, la “fase 2” che inizia il 4 maggio, si ragiona sulla possbile “fase 3” che potrebbe includere anche i giochi. Con il Pd d'accordo per organizzazione regionale.

Scritto da Ac
Coronavirus, possibile anticipo della fase tre:  conteranno le differenze regionali

La Questione territoriale sempre più al centro del destino del gioco pubblico. Nel bene e nel male. O, forse, sarebbe più opportuno dire: tra il male maggiore e quello minore, visto che di buono sta accadendo davvero poco per il comparto. Se il conflitto tra Stato e Regioni è da sempre (o, meglio, dal 2011, quando è esploso il primo caso relativo alla provincia di Bolzano, avallato dall'esecutivo di allora) il problema principale per l'intero comparto del gioco pubblico, durante l'emergenza provocata dalla pandemia Covid-19, è diventato un tema centrale anche per il resto del paese (cittadini inclusi) e per ogni settore dell'economia, visto che la riapertura delle attività e la ripartenza più in generale dopo il lockdown, è fortemente condizionata proprio dallo scontro tra governo centrale e territori.

Oggi più che mai, dopo il recente decreto firmato dal premier Giuseppe Conte e l'annuncio definitivo del calendario delle riaperture, che ha creato svariati maulmori dando il via a nuove fughe in avanti da parte di diverse regioni. Con le richieste di maggiore autonomia sulla “fase 2” arrivate, anche in questo caso, proprio da Bolzano, con la Svp che ha minacciato di sospendere la “collaborazione con il governo”. Al punto da far intervenire il ministro agli Affari regionali, Francesco Boccia, che in un'intervista all'Ansa ha spiegato che “dopo il 18 maggio, conteranno le differenza territoriali“. Ricordando che lo Statuto di autonomia “è stato rispettato e sarà sempre rispettato” e spiegando con fermezza: “non consento a nessuno speculazioni politiche” in un momento “così difficile e drammatico per i nostri territori e per il nostro paese”. Il governatore altoatesino Arno Kompatscher ha parlato della volontà di stabilire la fase 2 con un’apposita legge provinciale. Proprio come avvenuto, tanto tempo fa, per la regolamentazione del gioco pubblico. Solo che quella volta il governo ha lasciato fare, lavandosene apertamente le mani, o poco più. A monte delle rivendicazioni degli altoatesini, in questo caso, c'è la volontà di ripartire sulla base del fatto che il numero minimo di contagi sul territorio consentirebbe – secondo le imprese e gli amministratori locali – una ripartenza in tutta sicurezza, salvaguardando così i cittadini ma anche le imprese e, quindi, l'economia e l'occupazione. Anche in Basilicata, Sicilia e in Sardegna hanno zero contagi – ha tuttavia replicato Boccia - “eppure non si sta lamentando nessuno”. “Perché ci si sta tenendo per mano sapendo che ne usciamo se rafforziamo il sistema sanitario territoriale italiano che è diverso in 21 territori“, ha ricordato il ministro, invitando alla pazienza. 

In realtà, lo slancio di Bolzano non rappresenta un caso puramente isolato. Anzi. Pur potendo contare, a differenza della maggior parte delle altre regioni, di uno statuto speciale, non si tratta dell'unica amministrazione locale a voler guardare avanti prima del governo. Anche il governatore della Puglia, Michele Emiliano, ha siglato un'ordinanza che anticipa i tempi di riapertura previsti dal governo. Pur avendo comnque cercato e ottenuto la condivisione dell comitato dei sindaci Anci Puglia, alla presenza del professor Pier Luigi Lopalco, responsabile del coordinamento epidemiologico della Regione. Ma è comunque evidente che il piano stabilito dal governo non convince tutti. Anzi. Non a caso, anche il ministro Boccia ha anticipato quella che potrebbe essere la nuova linea, forse anche alla luce del crescente malcontento sul territorio: “Ci sarà un momento, dopo il 18 maggio, in cui conteranno le differenze territoriali“, ha spiegato. Lasciando intendere che si potrebbe pensare a un piano differenziato per ogni regione, sulla base delle diffusione del contagio su ogni territorio, visto che comunque rimarrà il divieto di spostarsi da una regione all'altra. Un’idea appoggiata anche dal vicesegretario del Pd Andrea Orlando: “È ragionevole pensare a forme di accelerazione della ripresa nelle realtà dove la curva epidemica sia più bassa, nella cornice indicata da presidente del Consiglio”.
 
LA FASE TRE E I GIOCHI - Ecco quindi che la cosiddetta “fase 3” - quella, cioè, che riguarderà anche il gioco pubblico - potrebbe essere declinata in maniera difforme sul territorio. Con la ripartenza generale che oltre ad essere graduale, sarà anche territoriale. Con la Questione territoriale, dunque, che stavolta potrebbe quasi finire per far comodo agli operatori del gioco, invece che continuare a creare problemi. Anche su questo, tuttavia, bisognerà vedere come verrà disciplinata la dinamica, visto che la concessione di una sorta di “autonomia” alle regioni sulla riapertura potrebbe portare i governatori di alcuni territori a spingersi oltre, andando magari a discplinare anche chi potrà o non potrà riaprire, magari escludendo nuovamente i giochi, soprattutto nei territorio in cui c'è una maggiore ostilità nei confronti del gioco. Anche se in questa fase in cui il dramma economico e occupazionale si sta facendo sentire molto di più anche rispetto al dramma relativo ai decessi (pur non essendo in nessun modo paragonabile un lutto famigliare con un problema economico, ci mancherebbe, ma questo è il sentiment generale che trapela tra i cittadini, dovuto anche al trend decrescente delle vittime su molte città e province), alcune amministrazioni potrebbero evitare ulteriori restrizioni, tenendo anche conto dell'inevitabile smorzamento che si verificherà nella propensione al gioco, dovuto alla perdita di abitudine dopo due mesi di clausura e della minore disponibilità di liquidi nelle tasche della popolazione. Ma anche per questo, sarà importante il ruolo del governo, che nel diffrenziare le aperture su scala regionale, dovrà comunque tenere la cabina di regia delle operazioni, per evitare (ulteriori) fughe in avanti. Ed è proprio quello che ha lasciato chiaramente intendere il ministro agli affari regionali Boccia. 
 
ACCORDO SU RIAPERTURE DIFFERENZIATE – “Il tema va affrontato dentro una cornice di carattere generale: c’è la decisione per la quale il 4 maggio 4 milioni di persone tornano al lavoro. Accanto a questo, è ragionevole pensare a forme di accelerazione della ripresa nelle realtà dove la curva epidemica sia più bassa, nella cornice indicata da presidente del Consiglio”, ha detto il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, rispondendo ad una domanda sulle possibili riaperture differenziate per regione, nel corso di una conferenza stampa con Nicola Zingaretti e Marianna Madia sul piano del Pd per le semplificazioni. Ma ad appoggiare l’idea sono i molti tra i dem: “Lavorando con serietà, dedizione e senso di responsabilità possiamo dire che si avvicina il momento delle aperture differenziate per regione, sulla base delle diverse modalità con le quali i territori sono stati colpiti. D’accordo anche la vicepresidente del partito Debora Serracchiani: “Confidiamo che a breve territori diversamente colpiti dal contagio potranno regolare in modo proporzionato la ripresa delle attività produttive e commerciali”, ha spiegato.
 
COSA CAMBIA PER I GIOCHI - Ecco quindi che la regionalizzazione delle raperture potrebbe andare in favore (anche) dei locali di gioco, per i quali, ad oggi, non è ancora stato previsto un piano specifico (che continua ad essere invocato a gran voce dagli addetti ai lavori). Con l'unica certezza che, al di là dei bar, per veder ripartire le altre location di gioco specializzate bisognerà attendere la cosiddetta “fase tre”, che inizierebbe non prima del 1 giugno, stando alle dichiarazioni del premier. Fermo restando, però, che nessuno ha affermato che si potrà effettivamente ripartire da giugno: dando come unico riferimento temporale per le attività ritenute “secondarie” in termini di priorità e “ad alto tasso di aggregazione” in termini di rischio – tra le quali rientrano anche le discoteche, i concerti, etc. - quello della ripartenza “entro l'anno”. Lasciando quindi intendere la possibilità che possano essere anche rimandate all'autunno. Ipotesi a dir poco devastante per la filiera del gioco pubblico.
Nel frattempo, tuttavia, all'interno del comparto giochi – come del resto anche in altri settori – si sta diffondendo la consapevolezza che una riapertura eccessivamente affrettata potrebbe comportare un rischio addirittura maggiore rispetto al lockdown. Immaginare di riaprire oggi una sala, in effetti, potrebbe rivelarsi ancora più deleterio rispetto alla prolungata chiusura: ciò in virtù degli oneri a cui dovranno andare incontro inevitabilmente gli operatori, sia gestori che esercenti, per adeguare le proprie operazioni e i propri locali alla luce delle nuove prescrizioni, che non potranno essere ammortizzati dagli incassi, i quali continuerebbero senz'altro a mancare, anche a lungo, per evidenti ragioni. In primis, perché a poter girare sarebbero ancora poche persone. Inoltre, anche quando tutti (più o meno) potranno uscire, è probabile che in tanti eviteranno a lungo di entrare nei luoghi pubblici se non per cause ritenute indispensabili, tra le quali non rientra certo il gioco. Inoltre, cosa non banale, ci sarà una minore propensione alla spesa che ridurrà notevolmente la propensione al gioco dei cittadini. Anche se nell'immaginario collettivo continua ad albergare la tesi – smentita da ogni analisi economica – secondo la quale in tempi di crisi si giocherebbe di più, in realtà la mancanza di liquidità dovuta alle catastrofidi vario genere è sempre stata accompagnata da una minore spesa sui giochi. Ed è quello che succederà anche stavolta, in Italia e nel mondo. E anche con questo aspetto bisognerà fare i conti, letteralmente. Sia in termini di gettito erariale che di remunerazione della filiera, da cui dipendere l'occupazione di migliaia di addetti
 
LE RICHIESTE DEL COMPARTO GIOCHI – Per tutte queste ragioni, dunque, gli addetti ai lavori del comparto del gioco pubblico chiedono un piano di azione specifico al governo per la ripartenza del proprio settore. Che oltre a fornire chiare indicazioni sulle date di riapertura, garantisca anche misure serie di prevenzione e tutela delle imprese anche - e soprattutto - da un punto di vista economico, perché nessuno sarà in grado di rimanere in piedi e garantire livelli di occupazione accettabili senza l'aiuto (concreto) dello Stato. Su questo fronte, i rapprensentanti delle diverse categorie hanno una serie di esigenze e di priorità che intendono far valere nelle prossime settimane e che verranno illustrate e condivise in un dibattito specifico organizzato da Gioco News per giovedì 30 aprile, con il Digital Panel dal titolo: “La ripartenza del gioco pubblico, al quale partecipano i presidenti delle associazioni: Acadi, Sistema Gioco Italia, As.Tro, Sapar, Acmi Interactive e Agisco. Allo scopo di sensibilizzare governo e istituzioni sulla necessità di programmare la riapertura dei giochi, senza fare giochi.
 

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