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Bookmaker legali o legati? Buon 2013 per le scommesse, 2014 di sfide e problemi

08 febbraio 2014 - 09:34

Secondo i dati dell'Osservatorio del gioco online del Politecnico di Milano, la spesa per le scommesse sportive tra il 2012 e il 2013 (il periodo di riferimento però è quello che va da gennaio a settembre dei due anni) è tornata a crescere del 27%, da 106 a 135 milioni di euro. Un settore in ripresa quindi?

Scritto da Cesare Antonini
Bookmaker legali o legati? Buon 2013 per le scommesse, 2014 di sfide e problemi

 

Eppure si parla di crisi e gli operatori sono comunque preoccupati specie per la concorrenza della cosiddetta rete illegale (specie per le agenzie retail) e sono tanti i fattori che preoccupano. Dall'esigenza del cambiamento della tassazione dal turnover alla Ggr, la gross gaming revenue, all'aumento delle skills dei giocatori e al cambiamento delle loro abitudini di gioco e dal rischio della concorrenza che potrebbe arrivare dall'interno del settore dal neo arrivato Betting Exchange. Da non dimenticare la volontà degli operatori di avere sempre di più un'offerta libera a partire dal palinsesto complementare che deve aumentare ancora di più la sua capacità di azione.

Analizziamo punto per punto queste problematiche che, se superate, possono davvero aiutare a migliorare il settore e farlo proseguire sulla strada della crescita.

 

I NUMERI DEL BETTING – Nei primi 9 mesi del 2013 le scommesse sportive hanno avuto una crescita del 29% circa passando dai 106 milioni di spesa del 2012 ai 135 del 2013. Un dato notevole considerando che il gioco online è sceso del 2% mentre ad aumentare sono stati solo i casinò games (+71%) e il poker in modalità torneo e cash è sceso di un discreto 74% unendo ovviamente le due percentuali di decrescita. Un dato notevole se si pensa che si è partiti dai 168 milioni del 2009 per vedere una crescita a 173 milioni nel 2010 e quindi un calo complessivo del 33% dal 2010 al 2012, annus horribilis per il betting italiano. In termini di introiti per lo Stato le scommesse tornano a guadagnare 22 milioni di euro producendo lo stesso importo del 2009 ma crescendo del 27% rispetto al 2012 rimanendo nel trend che non ha visto mai superare i 25 milioni come nell'anno di miglior crescita nel 2010.

La raccolta nel 2013 si fissa comunque su 899 milioni di euro contro gli 880 del 2009 e gli 981 del migliore anno, il 2010. La crescita sul lordo è del 6% rispetto al 2012.

 

GLI SCOMMETTITORI SONO PIU' BRAVI – Come cambiano gli scommettitori in base all'indicatore dei giocatori attivi, cioè quelli che hanno scommesso almeno un euro in un determinato periodo? Sempre prendendo a riferimento i primi nove mesi del 2012 e del 2013 a settembre si registrano 699mila giocatori di scommesse attivi contro i 758mila del 2012. Il trend è ovviamente in forte ribasso nei mesi estivi dove nel 2013 si sono toccati anche 453mila giocatori attivi. Ma l'anno in questione, non avendo eventi importanti dal punto di vista sportivo (niente europei o mondiali di calcio ad esempio) è fisiologicamente sfortunato.

In realtà gli scommettitori sono scesi e spendono forse meno visto che il 61% spende al massimo 25 euro procapite. Chi vince cifre considerevoli è appena il 15% e chi registra cifre sopra i 500 euro è solo l'1%.

Significativo il rapporto delle giocate in base agli eventi. Crescono le scommesse live dal 22% del 2011 al 34% del 2013 anche se il dato è ancora basso può considerarsi positivo. Ma il dato sugli eventi mostra come gli scommettitori siano ormai più skillati e giocano meno eventi. Dal 2011 al 2013 chi gioca un evento solo, una fissa, è passato dal 41 al 53% mentre chi gioca tanti eventi, i famosi listoni, è sceso al 13%. Ma da notare che diminuiscono notevolmente dal 45 al 34% gli scommettitori che giocano da 2 a 7 eventi in una bolletta. Un segno di grande maturità per gli scommettitori italiani che provenivano dalle 13 partite del Totocalcio.

 

COSA CAMBIARE PER CRESCERE ANCORA DI PIU? IL PASSAGGIO DELLE TASSE DAL TURNOVER AL GGR - Siamo d'accordo con Francesco Rodano, direttore dell'ufficio gioco a distanza dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, quando sostiene che il cambiamento della tassazione non è l'unica soluzione per i problemi del settore del betting. Problemi che, in ogni caso, provengono dalla cosiddetta concorrenza sleale dei siti dot com. “Il paradosso è che anche se la tassazione sulle scommesse fosse ridotta a zero, non riusciremmo a competere comunque ad armi pari con il gioco illegale – dice Rodano - saremmo 0 a 0 con gli illegali. Ci sono i costi delle compliances, le barriere all'ingresso per la registrazione del giocatore nei siti, ostacoli giusti, ma che non hanno i siti illegali. Inoltre, la legge sul betting italiana risale a sette anni fa, mentre il mondo è cambiato tantissimo. Anche azzerando le tasse ci sarebbe molto da fare. Su casino e poker il Governo ha scelto questa tassazione. Forse in questo caso avrebbe senso tassare sul margine quando i payout sono molto alti. Nel settembre nero delle scommesse del 2012, quando il banco ha perso ed è andato in negativo, gli operatori hanno perso, ma lo Stato ha continuato a guadagnare e questo non va bene. Gli operatori regolamentati non avranno mai le stesse armi degli illegali”. Parole sante.

 

IL BETTING EXCHANGE, LA CONCORRENZA DALL'INTERNO -Tuttavia lo stesso responsabile dell'ufficio del gioco a distanza riconosce che l'introduzione della tassazione sul margine, fissata per il Betting Exchange, rischia di spaccare in due il settore delle scommesse. Il rischio è che si possa generare una concorrenza ad armi impari all'interno dell'ambiente dot it. Se il BE potrà offrire quote migliori sfruttando la tassazione sui margini e non sul lordo, allora come potranno rispondere gli operatori legali ma 'legati' e ancorati ad una tassazione sfavorevole come quella sul turnover? A sigillare questo concetto è Graham Wood, analista inglese di betting e consulente delle più grandi società di scommesse arrivate in Italia dall'estero nel lontano 2006: “Se il betting exchange verrà tassato sul margine si rischia di cannibalizzare le scommesse che rimangono tassate sul turnover. Vedremo passare giocatori dalle fisse al live ed è un rischio. Le scommesse virtuali non cambieranno molto le cose e c'è il rischio che dal 2014 le cose peggioreranno”.

Potrebbe essere proprio questa la leva giusta per convincere il regolatore a mettere le mani sulla tassazione. Ovviamente servirebbe un intervento legislativo e l'aria negativa che tira sul mercato del gioco pubblico non è certo il viatico ideale per un cambiamento come questo.

 

IL VERO PROBLEMA: L'ILLEGALITA' E IL PARADOSSO EUROPEO - Dopo anni e anni di lotta al mercato illegale, di sentenze, di sequestri e dissequestri, probabilmente a 'leggere' la situazione meglio di tutti è stato Italo Volpe, il direttore centrale ‘Normativa e Affari legali’ dell'Agenzia Dogane Monopoli. Questa la domanda posta all'interno di un dibattito aspro in un appuntamento dell'ex Assosnai, ora Agisco: è possibile che possano convivere sul mercato due reti parallele come quelle del gioco legale da un lato e quella degli operatori 'grigi' dall'altro, che operano senza concessione e con diversi oneri a loro carico? “Fino a ora questi mercato sono convissuti, perché evidentemente c'è chi ha consentito tutto questo. Parlo in termini di provvedimenti legislativi che non hanno impedito che ciò accadesse. Probabilmente è avvenuto perché quando andavano bene le cose si sentiva meno il peso della rete illegittima, ma ora che la situazione è più difficile, si sente la forte concorrenza di quella ritenuta sleale". C'è quindi una volontà di intervenire a livello normativo con nuove disposizioni contro la rete dei Ctd? "Al di là dei provvedimenti che potremmo intraprendere come amministrazione, già nella legge di delega fiscale si avrà un intervento di razionalizzazione mirato a risolvere le criticità di cui si sta parlando. Ma è chiaro che se non si risolve la presunta anomalia a livello comunitario serve a poco o nulla il proliferare di provvedimenti interni”. Insomma l'Europa non può da un lato riconoscere il regime concessorio e poi offrire sempre la sponda agli operatori senza concessione. Un atteggiamento 'ponzio pilatesco' che non fa il bene di nessuno, né dell'erario, né degli operatori legali e forse manco di quelli illegali. Di sicuro danneggia i giocatori sballottati da operatore a operatore a caccia della quota migliore.

 

 

TIRIAMO LE SOMME - È ovvio che la situazione vada chiarita una volta per tutte sia per quello che riguarda la diatriba 'dot com' versus 'dot it' che tra rete legale e illegale. Gli operatori possono fare quadrato con Adm e con lo Stato ma le istituzioni devono mettere subito mano al problema. L'allarme, ad esempio, lanciato da Agisco dell'immarcescibile Francesco Ginestra e da diversi mesi anche dal Sicon di Raffaele Palmieri, è che non se ne può davvero più. Non è un lamento, è un grido di dolore, un fiotto da ultimo respiro. Quindi sotto con i chiarimenti normativi e legislativi dall'Italia all'Europa, sotto con la lotta all'illegalità (black list e controlli sul territorio), con il miglioramento del prodotto per accorciare il gap con il dot com e quindi il cambiamento della tassazione dal turnover al Ggr. Semplice no?

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