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Giochi dei paesi tuoi: intervista a Lorenzo Fontana (Efd)

21 novembre 2015 - 08:53

L'eurodeputato Fontana (Efd) sostiene che l’Europa non deve prendere iniziative sul gioco pubblico, ma lasciare la competenza agli Stati membri. 

Scritto da Sara
Giochi dei paesi tuoi: intervista a Lorenzo Fontana (Efd)

“Le principali norme che regolano il mercato unico escludono questo settore, quando parliamo di gioco infatti entrano in campo anche discorsi relativi a culture giuridiche e tradizioni molto diverse tra i Paesi dell'Ue. Dunque un intervento europeo rischierebbe più di danneggiare che di migliorare il sistema normativo italiano, che peraltro è riconosciuto come un modello. Perciò io credo che sia preferibile che l’Unione europea non prenda iniziative”. Parola dell’europarlamentare leghista, Lorenzo Fontana (Efd), il quale non è nuovo ad affrontare il tema, dato che in passato ha anche presentato un’interrogazione alla Commissione europea insieme al leader della Lega Nord, Matteo Salvini, sul gioco patologico e le infiltrazioni criminali.

 

Pertanto a suo dire la Commissione Ue non dovrebbe pensare anche a una regolamentazione comunitaria?

“È preferibile che ogni Paese possa continuare a disciplinare il settore in maniera autonoma.  Ci sono di mezzo, come ho detto, scelte che riguardano anche la cultura di un Paese. Uniformare tutto non avrebbe molto senso e sarebbe utile solo ai grandi operatori. Piuttosto l’Europa coordini gli Stati membri nel combattere gli operatori illegali; Bruxelles in questo senso potrebbe fare molto, specie quando negozia accordi commerciali con certi Stati asiatici”.

Alcuni Stati membri hanno adottato delle restrizioni in materia di gioco online, soprattutto nell’ingresso di nuovi operatori. Cosa ne pensa?

“Onestamente è preferibile un sistema più equilibrato, fondato su certificazioni riconoscibili dal consumatore, come quello italiano, dove gli operatori possono entrare, ma secondo un sistema di regole. Allo stesso tempo dico che se uno Stato membro preferisce però limitare il settore, deve poter essere libero di farlo. Si tratta di sovranità nazionale”.

A livello italiano la mancata riforma contenuta nella delega fiscale cosa potrebbe comportare?

“Più che la mancata riforma, che a mio avviso non era convincente in aspetti importanti, sottolineo come si sia perso tempo e come si sia evidenziata ancora una volta l’incapacità del governo Renzi e la distanza tra annunci e fatti concreti nella sua azione politica. E come non ci sia la volontà del governo di contrastare l’illegalità e la dipendenza, come anche gli stessi operatori del settore chiedono”.  

Quali sono a suo avviso le misure da mettere in campo sul gioco in Italia?

“Le priorità sono, da un lato la lotta agli operatori illegali che dall’Asia, ma non solo, drenano quote di mercato importanti, e dall’altro un maggiore coinvolgimento degli operatori legali per svolgere, magari assieme alle Asl, operazioni di supporto alle vittime di ludopatia (gioco d’azzardo patologico, Ndr) e di informazione sui rischi, soprattutto nei confronti dei giovani”.

Riguardo la protezione dei consumatori, crede che siano sufficienti le azioni fatte a livello nazionale, o c’è bisogno di una normativa comunitaria?

“Questo è un tema che coinvolge sia la competenza delle istituzioni europee, che del legislatore italiano. L’Ue dovrebbe intervenire per regolare le controversie che possono sorgere nei rapporti transnazionali, come nelle transizioni tra un consumatore italiano e un operatore estero e viceversa”.

Sul match fixing quali sono le azioni che devono essere messe in campo?
“È interesse di tutti trovare delle soluzioni. Se lo sport non è credibile ci perdono tutti: chi investe nello sport, le aziende del gioco, gli sportivi, i media e il pubblico. Forse limitare la possibilità di giocate solo agli eventi di un certo livello potrebbe dare qualche garanzia in più. Spesso sono proprio gli operatori del gioco online che, a fronte di flussi di giocate anomali, hanno potuto far smascherare incontri truccati. Occorre riconoscere questo merito agli operatori del settore. Certo, il match fixing è un fenomeno di malcostume molto grave, ma è la spia di una società dove i valori sono sempre più in pericolo”.
In materia di pubblicità sul gioco, a suo avviso, la richiesta di un divieto assoluto non potrebbe avere effetti negativi come quello di incentivare l’illegalità?
“Tra un divieto assoluto e la situazione attuale credo si debba individuare una situazione di maggiore equilibrio, fatta salva però la tutela dei consumatori, che deve rimanere il principio cardine di qualsiasi azione in tal senso. Una possibile soluzione è permettere di pubblicizzare, ma veicolando un messaggio più incisivo e netto sui rischi che può comportare il gioco, in modo da tutelare i minori e quella fascia di destinatari più fragili”.
Quali sono le prossime azioni che farete in tema di gioco a livello Ue?
“Garantire il giusto equilibrio tra gli interessi degli operatori, dei consumatori e degli Stati membri. Non ci piace che l’Ue scavalchi le competenze legislative dell’Italia. Chiaramente ci rendiamo conto che il tema dell’online per certi aspetti riguarda la sfera transnazionale, tuttavia opereremo affinché sia garantito, in primo luogo, l’interesse degli operatori italiani, anche nei confronti della posizione dominante di certi operatori che condizionano le scelte e talvolta le chiusure arbitrarie del mercato”.
 
 

 

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