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Casinò Campione e St. Vincent, slancio verso il futuro partendo dai concordati

11 settembre 2024 - 09:28

L'analista di gaming Mauro Natta esamina gli scenari futuri dei casinò di Campione e di Saint Vincent, entrambi in regime concordatario.

Scritto da Mauro Natta
Foto di Robs su Unsplash

Foto di Robs su Unsplash

Mi corre l’obbligo di premettere che non sono esperto in piani industriali ma l’occasione mi incita a provare a descrivere un mio dubbio in argomento.
La prima operazione penso debba essere dedicata al mercato e alla relativa  evoluzione registrata negli ultimi tempi anche se comprensivi del periodo pandemico e della chiusura del Casinò di Campione d’Italia dall’agosto 2018 al gennaio 2022.
Come prima verifica i proventi andrebbero suddivisi in giochi da tavolo e slot e l’incidenza di queste ultime sul totale. Poi si passerà alla rilevanza di ogni singolo gioco da tavolo e alle presenze; già fatto.

L’impressione che se ne può ricavare, a prescindere dai dati relativi ai periodi precedentemente indicati in specie per quanto attiene a Campione, permette di registrare una crescente affermazione (proprio il periodo indicato non consente l’aggettivo progressiva), una contrazione del volume dei giochi tradizionali francesi (chemin de fer) ed un incremento considerevole del gioco online nel quale si distinguono i giochi da casinò.
Probabilmente, a mio avviso, stante il successo della fair roulette sulla tradizionale e del punto banco sullo chemin, la preoccupazione per il costo della produzione e tra questo quello per il personale e per il rischio di azienda relativo allo svolgimento, forse minore di qualche anno or sono per lo chemin de fer, hanno influito sul risultato.

Mentre, invece, per il futuro potrebbe essere conveniente diversificare l’offerta non solo di gioco e, tramite il miglioramento dei servizi che non sempre sono tali da richiamare un costo ma un investimento dal sicuro ritorno, non dimenticando, una maggiore attenzione alla professionalità del personale di gioco, una mia convinzione anche se condivisa da altri.
Quanto immediatamente precede non potrebbe essere coniugato se non dopo aver fatto la scelta più rilevante: rivolgersi alla quantità, alla qualità o ad entrambi? Da questa decisione operativa si potrebbe, per mio conto, iniziare ad affrontare la problematica alla stessa collegata: investimenti necessari nell’immediato e quelli futuri abbastanza prevedibili. 
Come e dove reperire i capitali e a quali qualità e requisiti dovrebbe rispondere il concessionario se la gestione dovesse essere affidata a una società a capitale privato? Ecco, per me, una prima insostituibile domanda.

Ma siamo, bene inteso non lo scrivente, appena all’inizio di uno studio complesso e discretamente impegnativo non tanto per la complessità quanto per la responsabilità che ne potrebbe derivare.
Ecco che sorge per il non esperto in materia di piani industriali, la preoccupazione per il dopo. Se tutto va bene di chi è il merito? Se è il contrario di chi è il demerito o  la colpa? 
Spesso ho ascoltato qualcosa che rammento in molte occasioni: “la colpa è una brutta bestia e non la vuole mai nessuno”.
Lo ripeto, da non esperto, è il mio unico motivo di timore.
Non posso che concordare con il fatto che “il piano industriale sarà fondamentale per valutare la potenzialità del Casinò de la Vallée, le necessità di investimento e le aree di possibile sviluppo della futura gestione, predisporre il budget per il 2025 e quello degli anni successivi per essere in possesso di un documento ufficiale che costituisca un riferimento indispensabile per la ricerca di possibili nuovi assetti di governo della società e di collaborazioni con soggetti terzi investitori”.

Non sono convinto della mia interpretazione di “pertanto”, rimane il fattore che mi preoccupa, magari inutilmente. 
Mi sono cimentato per mio diletto nell’individuare punti di forza e di debolezza, ho cercato i risultati del mercato dell’azzardo nazionale autorizzato prestando attenzione alla tipologia dei giochi praticati e alle presenze e qualche osservazione me la sono consentita sulla scorta della mia esperienza che non si è mai occupata direttamente di piani industriali né, tanto meno, di piani di impresa quinquennali.
Probabilmente ciò dipende dal fatto che non mi sono mai occupato della problematica in discorso o da altri fattori sempre collegabili al precedente e mi scuso se mi sono permesso di farlo presente. La mia preoccupazione personale nasce anche, e forse soprattutto, dal ricordo del mio passato lavorativo e dalla mia residenza in Valle d’Aosta.
Rileggendo ciò che ho appena scritto mi viene in mente una questione più rilevante, stante la fine del 2024 vicina: e se determinate condizioni costringessero a rimandare la problematica? Spero di no visto l’ordine del giorno del consiglio regionale del 18 e 19 prossimi. 

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