L'argomento "oneri di concessione" in tema di affidamento della gestione della casa da gioco di Campione d'Italia mi da l'input per scriverne un pochino.
Specialmente oggi quando pare si ricominci, in Commissione a parlare di regolamentazione del gioco d'azzardo autorizzato, pur in un contesto di fine legislatura anticipata che prelude a un rinvio di qualsiasi passo in merito.
Attualmente le case da gioco, Saint Vincent, Venezia, Sanremo e Campione d'Italia sono gestite da società a capitale pubblico. Il discorso poco cambia se la gestione è affidata a società a capitale privato o misto. In questo caso non rileva per quanto segue la percentuale di partecipazione che ne determina la maggioranza; è una questione esclusivamente di politica nella quale non posso e non desidero entrare.
Prima di tutto si deve far mente sulla natura giuridica delle entrate che sono di natura tributaria così come di rileva dalla legge 388/86 e dalla collocazione nei bilanci degli enti proprietari.
Ed è appunto detta natura che impone all'ente pubblico sul territorio del quale insiste la casa da gioco il controllo più severo sulla regolarità sia del gioco sia degli incassi. Le entrate in discorso sono i ricavi dei tavoli (vincita o perdita) che sono ben definiti, mi pare nel capitolato di Venezia, come introiti netti e le mance per la parte che compete alla gestione e che sommati ai primi formano gli introiti lordi.
Detti introiti sono tutti dell'ente pubblico titolare della proprietà che li lascia in parte alla gestione per garantirne l'equilibrio finanziario.
Ma ecco il punto dolente: il rapporto economico tra ente pubblico e gestione comprende una quota dei proventi netti e, come abbiamo visto, la parte delle mance che non viene distribuita tra il personale tecnico di gioco (croupier).
Questa quota in cosa può consistere? Teoricamente in un fisso o in una percentuale. Quale la forma più adatta? A mio parere personale la percentuale.
Nella mia vita lavorativa sono stato dipendente di una società a capitale interamente privato e di una a capitale pubblico; a ottantuno anni suonati non credo avrò la possibilità di provare l'esperienza di una società a capitale misto; oltre al rimanente si dovrebbe sapere se a maggioranza pubblico o privato, penso sia maggiormente ipotizzabile la seconda.
Penso che il lettore si chiederà per quale motivo scarto l'eventualità di un fisso; per due motivazioni: la prima riguarda il fatto che un fisso potrebbe inficiare la richiesta di un controllo pubblico, la seconda è che potrebbe rivelarsi troppo gravosa. Qui mi fermo, volendo se ne può leggere di un esempio.
Del controllo sulla regolarità del gioco e degli incassi merita parlarne ancora. Tutti o quasi conoscono la rilevanza dell'immagine di una casa da gioco in relazione alla frequentazione più o meno di qualità ed è agevole immaginare che una immagine non troppo buona può danneggiare economicamente la gestione e, conseguentemente, l'ente pubblico.
Molti conoscono le metodologie per controllare la regolarità del gioco e, anche se ne ho già scritto, non intendo ripetermi. La cosa che mi preme far conoscere è che il controllo della produzione (gioco ed incassi) permette alla gestione di procedere più speditamente nelle scelte di politica produttiva globalmente considerata.
In conclusione desidero aggiungere che nelle case da gioco esiste la possibilità, non per tutti, di accedere ad anticipazioni su assegni o altri titoli di credito. Trovo sia corretto nell'argomento che ci occupa specificare che, a fronte dei maggiori benefici per il pubblico lo stesso potrebbe prevedere una sorta di premio a compenso forfetario di quelle transazioni non andate a buon fine nei termini previsti.
La correttezza di una simile opportunità la possiamo trovare nel fatto che gli incassi, anche se al momento nominali, per la proprietà sono considerati effettivi.
In altri termini, e qui vado un pochino oltre le mie conoscenze, così operando l'ente pubblico proprietario si discosta dalla partecipazione alle eventuali perdite del gestore e ai rischi che il pubblico non dovrebbe correre.
Sicuramente se il gestore è una società a capitale pubblico le perdite si riversano sul bilancio e, quindi, sull'azionista. Ma questo è un argomento diverso superabile se a monte esiste un regolamento specifico.