Un risultato attivo del bilancio di una partecipata, nel caso in discorso trattasi di una casa da gioco, anche se modesto o modestissimo non rileva a sé stante ma per quanto la gestione del casinò abbia influito sull’economia dell’ente proprietario in termini di entrate tributarie proprie sulla scorta delle norme contrattuali e di occupazione diretta e dell’indotto.
Non si potrebbe ridurre la gestione di una casa da gioco allo stesso modo di una altra attività commerciale, la ricerca di un bilancio attivo ad ogni costo non può trovare la soluzione nella riduzione dei costi come è avvenuto recentemente.
Qui è necessario avere presente la finalità complessiva dell’istituzione a scopo turistico principale ma non esclusivo in quanto il decreto luogotenenziale del 1927 riporta chiaramente le motivazioni della particolare concessione finalizzata al risanamento del bilancio.
Ed allora anche la politica non può ignorare la necessità di un management che sia perfettamente in grado di portare a termine la missione che la gestione della casa da gioco pare imponga come già richiamato.
Ed ecco l’inderogabile compito di controllare la regolarità del gioco e degli introiti, una incombenza che non può trasferirsi ad altri, tanto meno al gestore. Non è ipotizzabile che il controllato sia anche il controllore, alla società di gestione interessano altri argomenti quali, ad esempio, il marketing, il trend del mercato proprio e nazionale, la periodicità di certe risultanze, il ritorno degli investimenti ed altro ancora; alla proprietà che tutto sia regolare tramite l’operato dei propri controllori (controllo concomitante) e con l’incrocio di alcuni dati rilevati con i dipendenti della gestione alla chiusura dei tavoli (controllo susseguente).
Ora non vorrei ritornare all’argomento professionisti; mi sento in dovere di farlo, mi pare evidente da quanto ho scritto in precedenza. È pacifico che soltanto una persona dotato di esperienza e professionalità specifiche possa essere responsabile di un compito tanto impegnativo quanto delicato.
Purtroppo devo concludere con il richiamo, e non è la prima volta, alla natura giuridica delle entrate in parola che, a mio avviso, impongono un modus operandi: quello che ho tentato di descrivere.
La valutazione dell’operato del consiglio di amministrazione: in questo esempio i miei ricordi vanno ai tempi in cui mi occupavo di contabilità e bilancio, allora ero dipendente di una società a capitale privato, i giochi cosiddetti americani non erano ancora arrivati, le condizioni economiche e finanziarie erano diverse dalle attuali ma l’operato del Cda era giudicato dagli azionisti.
Oggi, così come ieri, la prima valutazione è il risultato di bilancio, che però non deve rappresentare il preludio di un ricorso alla drastica riduzione dei costi. È mia opinione che la priorità dovrebbe consistere nell’esame di quanto messo in opera per incrementare i ricavi con un chiaro riferimento complessivo al ritorno degli investimenti.
In altri termini ritengo che la gestione pubblica ha un compito un po’ semplificato, l’azionista/proprietario riceve il dovuto sui ricavi come da contratto, certamente, a meno di eventi eccezionali, detta percentuale o quota fissa non dovrebbe diminuire a causa del mancato raggiungimento dell’equilibrio economico e finanziario della gestione.