Tra le particolarità della storia secolare di Campiglione, ora Campione, sul Ceresio, iniziate nel 777, culminate nel ritrovarsi enclave del Milanese ducale dal 1512, dell’Italia contemporanea dal 1797 fra terre dei Cantoni elvetici, s’annovera, infatti, il cosiddetto "colpo di Stato" del 27 gennaio 1944.
E proprio questo evento è stato raccontato nella conferenza dal titolo "Campione, 27 gennaio 1944: mito e realtà del colpo di Stato", voluta dall’amministrazione comunale e dalla casa da gioco campionese (che l'ha ospitata al settimo piano) nell’ottantesimo da quel particolare e curioso fatto e di cui è stato relatore il professor Marino Viganò.
Tornando dunque alla storia e al 1944, allora, in un’Italia contesa fra il Regio governo e quello della Repubblica sociale fascista, e per due terzi sotto occupazione del Reich nazista, tradizione vuole che un nucleo di "insorti" antifascisti si sia autonomamente svincolato dalla dipendenza della provincia di Como instaurando un’amministrazione allineata non più all’esecutivo di Salò, ma a quello di Brindisi, poi Salerno e Roma.
Carte d’archivio, diari di protagonisti restituiscono, in realtà, una vicenda più sfaccettata, a tratti ambigua. È la congiuntura economica del paese, isolato, privo di risorse per la chiusura della Casa da gioco dal 14 marzo 1939, a spingere, dopo sterili trattative con la prefettura di Como per la riapertura del Casinò, un gruppo d’attivisti, dove a sinceri antifascisti s’affiancano figure meno limpide, a trovare una sponda presso gli Alleati statunitensi a Berna e a Lugano, offrendo, in cambio di fonti di sussistenza, il territorio per attività di spionaggio e di controspionaggio.
Inizia allora un’affatto serena parentesi tra afflusso di autentici volontari per la libertà e di personaggi quantomeno discutibili, tra azioni partigiane effettive e traffici oscuri, nella quale più che gestire quella fase del conflitto si definiscono assetti politici, e affaristici, del dopoguerra.