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Controllati e sicuri, per i casinò sono finiti gli anni Settanta

20 settembre 2014 - 08:50

Risollevare le sorti dei casinò italiani è possibile. Ma oltre alle iniziative che a livello singolo, come Federgioco e in sinergia con le proprietà, possono essere messe in campo, serve anche una maggiore attenzione da parte della politica. Alla Camera e al Senato esiste un partito ‘trasversale’ che ha preso a cuore le loro principali problematiche, e sta cercando, non senza grosse difficoltà, di portarle avanti.

Scritto da Anna Maria Rengo

Tra i suoi componenti, il valdostano Albert Lanièce, vicepresidente del gruppo Aut (Svp, Uv, Patt, Upt)-Psi-Maie e membro della 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

 

Qualche mese fa è stato approvato un ordine del giorno, che reca la sua firma e quella dei senatori Zeller, Panizza, Fravezzi, Berger (Aut) che impegnava il governo a “istituire, in tempi brevi, un tavolo di confronto con gli organismi di rappresentanza delle case da gioco per valutare iniziative atte a favorirne la ripresa economica e a salvaguardarne i lavoratori”. Che cosa ne è stato? Si impegnerà affinché gli sia data attuazione? A quali iniziative faceva riferimento?

“Come spesso accade spesso, specie quando cadono i governi, questo ordine del giorno è stato dimenticato. Bisognerà dunque riproporre e risollecitare il governo sotto questo punto di vista. Una cosa concreta che ho in mente, anche come rappresentante di una regione, la Val d’Aosta, dove vi è un casinò, è di innalzare la possibilità di giocare con denaro contante in una casa da gioco autorizzata, rispetto agli attuali mille euro. Questo è fondamentale, uno dei problemi più grandi che penalizza fortemente i casinò italiani rispetto a quelli che si trovano in Europa e in particolare al nostro confine. Penso a Chamonix o nel nord-est, alla Slovenia, ma anche a Montecarlo. Tutte strutture dove non ci sono gli stessi limiti del contante, con la conseguenza che ci troviamo che i casinò italiani perdono tantissimi clienti. Noi abbiamo sempre sostenuto che nell’ambito di un tavolo di confronto con il governo questo argomento andava riproposto, pur rendendoci conto che a prima vista può apparire critico, in quanto significa offrire la possibilità di giocare una maggiore quantità di denaro contante. Chi pensa male ritiene che in questo modo si darebbe alla criminalità organizzata la possibilità di lavare i soldi sporchi. La nostra opinione invece è che con la normativa attuale non esistono ambienti più controllati dei casinò, i cui clienti vengono radiografati dalla testa ai piedi quando vi entrano. Ampliare la soglia del contante darebbe una possibilità di ripresa alle Case da gioco. Non solo: il discorso si lega anche al gioco d’azzardo patologico. Bisogna cercare di bloccarne la diffusione sul territorio, dunque fuori dai casinò, nelle slot che si trovano nei bar o in rete. Si è visto che il problema della ludopatia, ora più correttamente chiamata Gap, è aumentato man mano che il gioco è uscito dai casinò, dando dunque la possibilità a tutti di avvicinarvisi e mettendo in difficoltà centinaia di migliaia se non milioni di persone. La nostra proposta è di dare di nuovo la possibilità ai casinò di essere dei luoghi privilegiati per il gioco, riducendo il numero degli altri locali e aumentando la possibilità di giocare in contante. Ciò ridarebbe fiato alle case da gioco, a un settore che anche sotto il profilo occupazionale dà una risposta significativa”.

Laniece sottolinea ancora: “Ricordiamo inoltre, restando in ambito medico, che tutti i giocatori che entrano nei casinò sono controllati, perché ogni casa da gioco ha siglato una convenzione con la Asl e con i dipartimenti di salute mentale. C’è uno stretto collegamento con psichiatri e psicologici e già ci sono persone segnalate. Si può inoltre intervenire in stretto collegamento con le famiglie per evitare che situazioni pericolose degenerino”.

Quanto parla di innalzamento della soglia del contante, quale cifra ipotizza? È d’accordo su quanto ha affermato il nuovo presidente di Federgioco, Vittorio Ravà, secondo il quale chiedere una deroga per i casinò è una battaglia che non vuole più combattere?

“L’operazione di rivalorizzazione dei casinò passa a mio avviso per un innalzamento almeno a tremila euro, tendendo verso l’alto proprio perché siamo in un ambito controllato. Non siamo più nella realtà degli anni Settanta, non c’è più la possibilità di giocare soldi di dubbia provenienza. Sono esattamente del parere opposto a quello di Ravà, la mia sensazione è che ci sono in questo senso delle posizioni contrarie ma mi auguro che una normativa europea migliori la situazione attuale, stabilendo la soglia minima per l’uso dei contanti ed evitando che qui in Italia fossimo per così dire ‘cornuti e mazziati’, vedendoci transitare davanti giocatori che si recano a spendere i loro soldi appena fuori confine. In passato sia io che il collega, senatore Marguerettaz, in accordo con Federgioco, abbiamo presentato degli emendamenti, mai accettati, per aumentare la soglia del denaro contante nei casinò, e anche altri, assieme ad altre forze politiche, per innalzarla in generale. Ci siamo scontrati con una tendenza opposta, visto che ora c’è la volontà di far pagare con carta di credito al di sopra dei 30 euro, ma tenteremo anche nel prossimo futuro di far capire le nostre ragioni al governo”.

Che cosa ne pensa della proposta di aprire un casinò per regione o quelli in Sicilia?

“Io sono dell’idea che prima di andare verso una deregulation, bisogna affrontare le questioni finora citate, quindi capire cosa vogliamo fare dei casinò, se vogliamo farli diventare un luogo dove si gioca tranquilli. Se vogliamo controllare la ludopatia ritengo che in Italia debba esserci un numero limitato di casinò. A quelli attuali va data importanza, poi eventualmente pensare al se e al dove aprirne altri”.

Qual è invece la sua opinione circa la possibilità di affidare a privati la gestione delle Case da gioco tricolori, un obiettivo che a Venezia si è cercato di realizzare indicendo un bando che è però andato deserto?

“Come valdostano, ricordo che la gestione del Casinò di Saint Vincent andava benissimo quando era privata e affidata tramite una convenzione. Non sono contrario a questa idea, anzi devo dire che una società ha maggiori possibilità di manovre e la gestione è più snella rispetto a quella condotta da una struttura pubblica. Mi troverei dunque a favore”.

Laniece si sofferma infine anche sugli aspetti che l’integruppo parlamentare sul gioco d’azzardo, di cui è componente, ritiene debbano essere affrontati quando si parla di quello ‘pubblico’, oggetto di riscrittura innanzitutto con la delega fiscale e i suoi decreti attuativi, ma anche con il disegno di legge licenziato dalla commissione Affari sociali della Camera. “C’è voglia di rimettere mano a un problema che è una vera e propria piaga sociale. In un periodo di crisi come questo la gente tenta il tutto per tutto e dunque bisogna intervenire. Tra gli aspetti più urgenti su cui intervenire è far rispettare il divieto di gioco per i minori e conferire un maggiore potere ai sindaci sulle aperture dei locali di gioco”.

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